Capitolo
61 Un satellite di ghiaccio
Esme
Non
fu cosi.
Non
solo Edward continuò a svegliarsi quella notte ma smise di dormire
tranquillo anche in quelle successive.
Cosa
avesse provocato quella nuova crisi così violenta e lunga non
riuscimmo a capirlo ma sembrava incapace di uscirne da solo.
Qualcosa
era cambiato.
Non
lo sentimmo più urlare di notte terrorizzato ma piangere disperato.
Si svegliava piangendo e continuava senza riuscire a fermarsi per
diverso tempo. E a nulla servivano le nostre parole e la nostra
presenza.
Le
frasi che ripeteva erano sempre le stesse e anche se per fortuna non
parlò più di uccidersi, la disperazione era più che evidente sul
suo viso.
Incapaci
di dormire serenamente, spaventati da quello che non diceva più ma
che iniziavamo a temere covasse dentro di lui, iniziammo con
Carlisle a dormire a turno, a svegliarci in continuazione per andarlo
a sorvegliare.
Eravamo
preoccupati da morire mentre lo vedevamo lottare ogni notte contro i
fantasmi della sua mente.
Provammo
a chiedergli cosa era successo, cosa lo torturasse in quel modo, cosa
gli provocasse quelle crisi isteriche ma ancora una volta si
rifiutò di darci spiegazioni affermando di non ricordare nulla.
Ma
stavolta era chiaro che mentisse, lui sapeva perfettamente ciò che
lo torturava.
Perché
le lacrime non si fermavano al suo risveglio ma proseguivano finché
sfinito non crollava nel sonno.
E
anche se qualche notte non lo sentimmo piangere la mattina si
alzava con le occhiaie e il viso stravolto come se avesse combattuto
contro se stesso per tutta la notte mentre Tigro, nascosto fra le
lenzuola ingarbugliate, era spesso bagnato e arruffato.
E
presto anche il comportamento di giorno cambiò di conseguenza. A
causa del sonno insufficiente rimaneva a lungo imbambolato o ancora
peggio irascibile.
Nulla
gli andava più bene, nulla sembrava portargli serenità mentre
invece di avvicinarsi a Bella come era sembrato facesse all'inizio
se ne stava allontanando sempre di più. Alzando un muro
invalicabile intorno a se stesso.
Erano
le quattro del pomeriggio e stavano vedendo un incontro di calcio in
televisione quando senza preavviso si addormentò appoggiato a
Carlisle.
Facemmo
tutti finta di niente e i ragazzi uscirono a farsi una passeggiata
in modo da farlo riposare in pace.
Ma
anche fra le braccia di suo padre non c'era pace per lui.
Parlava
e si agitava nel sonno e con sorpresa lo sentimmo chiamare Bella.
Quando
si svegliò era tutto sudato e tremante.
“Hai
dormito un po' Edward. Come stai?” gli chiese Carlisle.
Lui
scosse la testa. “Bene. Sto bene. E' tutto a posto” ci rispose ma
si affrettò a correre in camera sua.
“Se
va avanti così gli verrà un esaurimento nervoso” commentai
abbracciandomi il mio amore.
“No.
Non può andare avanti così ancora per molto tempo, volevo evitarlo
ma dobbiamo intervenire” mi disse.
E
da quella sera lo convinse e iniziò a somministrargli dei calmanti.
Eravamo
convinti che avremmo dovuto discutere per fargli accettare quella
soluzione ma lui invece non fece obiezioni, forse era troppo
esausto per combattere ancora.
Questi
gli permisero di dormire senza sogni o incubi la notte e le cose
iniziarono ad andare un po' meglio.
Era
una soluzione che però non ci piaceva, rischiavamo di renderlo
schiavo di quelle sostanze, ma non vedevamo alternative.
Dopo
una decina di giorni Carlisle iniziò a diminuire le dosi
dandoglieli sempre più raramente e la cosa sembrava funzionare.
Forse
il periodo brutto era passato, forse finalmente aveva trovato un
equilibrio con se stesso.
Non
immaginavamo che il compromesso che aveva raggiunto con se stesso
non era altro che una bomba pronta a scoppiare quando meno ce lo
saremmo aspettato.
Passò
l'estate fra gite e uscite e la spensieratezza sembrò ritornare
malgrado il muro di Edward eretto con il mondo e soprattutto con
Bella fosse sempre più alto e invalicabile.
E
a Settembre iniziò nuovamente la scuola.
Bella
era diventata amicissima con Alice e passava tantissimo tempo con
lei girando intorno al suo gemello con un atteggiamento misto di
sospetto e malcelata attrazione.
Lui
d'altra parte non stava ancora bene e la cosa era fin troppo
evidente agli occhi di tutti, visto la freddezza e il tentativo
d'isolarsi sempre di più.
Alice
invece cercava di mascherare la situazione, sempre allegra e ridente
in apparenza con tutti, cercava di coinvolgerlo nella loro vita. Ma
spesso, quando non si accorgeva di essere osservata, la vedevamo
fissare lontano, con lo sguardo triste, assorta in chissà quali
cupi pensieri E Jasper ci aveva confermato che il motivo era la
salute instabile e tormentata di Edward che la coinvolgeva e la
feriva più profondamente di non quanto dimostrasse a noi tutti.
La
figlia di Charlie, come prevedibile divenne compagna di classe e di
banco con Alice e poiché erano quasi inseparabili fu come se
avessi ereditato un altra figlia.
Lei
uscita da scuola veniva a casa nostra a studiare con Alice e passava
le serate con noi tirandosi dietro Charlie a cui non sembrava vero
avere un punto d'appoggio.
Sicuramente
la mia cucina e la compagnia erano ben accette al nostro sceriffo che
tutto felice si presentava rigorosamente in borghese, per non turbare
Edward, tutte le sere.
Bella
Ero
diventata amicissima di Alice. Eravamo amiche per la pelle.
Mi
bastava uno sguardo per comprendere i suoi pensieri e sapevo quanto
soffrisse dietro al comportamento di Edward.
Lui
si stava estraniando sempre di più evitando perfino i fratelli,
spesso stordito o dal sonno o dai tranquillanti.
Non
parlava neanche più con lei, non partecipava ai nostri giochi, ne
alle battute dei fratelli, stava lontano da tutto e da tutti
passando ore in un volontario isolamento.
Alice
mi aveva detto che in casa erano preoccupati per lui e che non
sapevano come aiutarlo ad uscire da quella spirale che si era
innestata.
Lei
mi aveva raccontato evasiva che Edward aveva una specie di
esaurimento nervoso e che non riusciva a dormire sereno ma io non
vedevo altro che un bellissimo ragazzo dagli occhi profondi e tristi
anche se iniziavo a sospettare che ci fosse qualcosa che non mi
avevano spiegato.
E
più frequentavo casa Cullen più avevo voglia di conoscerlo meglio.
Tutto
mi attirava di lui.
I
suoi capelli così morbidi e dal colore inconfondibile che avrei
voluto accarezzare, i suoi occhi profondi e tristi che cercavo ad
ogni occasione, le sue mani lunghe e affusolate che avrei voluto mi
stringessero a se, la sua voce dolce quando parlava con la sua
famiglia e invece dura quando era costretto a rivolgersi a me, le
sue labbra grandi e morbide che ogni tanto si mordeva quando era
preoccupato e che avrei voluto tanto assaporare.
Tutto
amavo di lui e più lui faceva l'indifferente o mi evitava più io
m'innamoravo.
Era
difficile capire ciò che mi stava succedendo ma quel ragazzo dal
comportamento esasperante era diventato la mia ossessione.
I
miei occhi lo cercavano in continuazione, le mie mani cercavano le
sue, i miei sorrisi erano tutti per lui.
Eppure
davanti a me c'era un muro. Un muro invalicabile.
Quando
lo guardavo abbassava gli occhi e si allontanava, quando provavo a
toccarlo si scostava bruscamente quasi potessi bruciarlo con il mio
contatto, quando gli sorridevo, si voltava.
Ma
qualcosa lo attirava, sembrava un nostro satellite.
Ci girava intorno incapace di allontanasi e incapace di avvicinarsi prigioniero delle sue stesse paure e limiti.
Ci girava intorno incapace di allontanasi e incapace di avvicinarsi prigioniero delle sue stesse paure e limiti.
Un
satellite non fatto di fuoco ma di ghiaccio. Ma il suo ghiaccio mi
ustionava come ero sicura che lottasse per non far sciogliere la sua
corazza da me.
Il
nostro rapporto fatto di sguardi rubati, sorrisi malcelati, fughe e
contatti mancati andò avanti per mesi.
Alice
e i suoi fratelli sapevano e cercavano di appoggiarmi ma lui
dribblava tutti con un abilità ormai consumata dagli anni.
Quella
sera a cena mi presentai con una minigonna vertiginosa che avevo
comprato con Alice il pomeriggio precedente.
Con
soddisfazione vidi Emmett e Jasper strabuzzare gli occhi ed Edward
sgranarli dalla sorpresa.
“Allora
che ne dite cuginetti?” gli chiesi.
Ormai
li consideravo cugini a tutti gli effetti dal momento che loro
chiamavano mio padre Zio Charlie.
“Forse
sarebbe meglio allungarla un pochetto quella gonna” disse lo Zio
Carlisle con un certo disappunto nella voce.
Scoppiai
a ridere mentre Esme lo prendeva per mano trascinandolo in cucina.
Scoppiarono
tutti a ridere nel vedere la scena compreso Edward che seduto sul
tappeto con la schiena appoggiata al divano stava leggendo un libro
apparentemente tranquillo e rilassato.
Mi
avvicinai a lui conscia che da quella posizione la sua vista sarebbe
stata ancora migliore.
Lo
vidi alzare lo sguardo e subito abbassarlo stizzito.
Mi
accucciai “Tu non me li fai i complimenti?” dissi alludendo alle
battute che Emmett e Jasper stavano ancora facendo sul mio
abbigliamento super-sexi
Lo
vidi scuotere la testa. “Sono fatti tuoi Bella.” mi rispose
gelido.
Puntai
i miei occhi nei suoi decisa a fargli capire che non poteva sfuggirmi
più e mi inginocchiai a fianco a lui.
“Sei
un po' scontroso cuginetto. Io sono sicura che sotto quella corazza
c'è un cuore caldo che batte” gli dissi allungando la mano e
scostando un ciuffetto di capelli ramati ribelli che gli era
scivolato sulla fronte.
Lui
bloccò la mia mano con la sua. Una presa forte, ferrea, maschia.
La
prima volta che mi toccava. Una scarica elettrica che mi attraversò
il corpo.
Lui
rimase un attimo a guardarmi negli occhi poi l'allontanò da se e si
alzò per andarsene.
“Ti
prego non andare via” lo implorai.
Ero
conscia che tutti ci stavano guardando, ma non me ne importava.
Lui
si girò e mi sorrise divertito. “Devo andare in bagno, Bella”
rispose con noncuranza e si allontanò su per le scale con assoluta
indifferenza senza voltarsi.
Abbassai
la testa affranta e vidi gli occhi di Charlie danzare da me a lui
scrutandoci sospettoso.
Alice
mi fu subito vicino “Lascialo stare Bella, non ci far caso. Gli
passerà.” mi disse contrita avvicinandomi al tavolo dove i suoi
fratelli ci aspettavano per giocare a carte.
Per
quella sera Edward non scese più e il giorno dopo seppi da Alice che
di notte si era sentito talmente male che Carlisle aveva dovuto
fargli addirittura un iniezione di calmante perché era uscito fuori
di testa.
Non
mi raccontò i particolari ma negli occhi della sua gemella vi vidi
talmente dolore da aprirmi una lunga ferita nel petto.
Ma
lui non era l'unico che avrebbe dovuto prendere dei calmanti.
Quella
sera tornati a casa Charlie sbatté la porta con violenza e mi ordinò
di sedermi sul divano.
“Si
può sapere cosa stai combinando Bella?” mi chiese anzi mi urlò.
Ero
allibita non lo avevo mai visto così furioso e non capivo neanche il
perché.
“Ma
che cosa hai papà? Non ho fatto nulla” gli risposi un po'
spaventata dal suo atteggiamento.
“Mi
hai preso per stupido e per cieco?” mi chiese furibondo.
Non
riuscivo a capire a cosa si stesse riferendo, cosa lo aveva mandato
fuori di testa???
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