Capitolo
72 La chiave del mistero
Carlisle
Quando
eravamo arrivati a casa era ormai notte fonda.
Edward
dormiva tanto profondamente e beatamente che non avevo avuto il
cuore di svegliarlo ed aiutato da Emmett e Jasper lo avevamo messo a
letto senza svegliarlo.
Ci
avevano tutti aspettato alzati, preoccupati, e velocemente gli
raccontai l'accaduto senza scendere nei particolari.
“Vedete. Quello che ha passato lo ha bloccato e non si sentiva normale come ha infine raccontato ad Alice.
“Vedete. Quello che ha passato lo ha bloccato e non si sentiva normale come ha infine raccontato ad Alice.
Ma
l'ho portato da un collega specialista che gli ha confermato di non
avere problemi fisici, era ed è stato solo un blocco psicologico. Ma
adesso sta bene. Quindi evitate discorsi e battutine, altrimenti
lo metterete solo in imbarazzo. La cosa migliore è far finta che non
sia accaduto nulla.” conclusi preoccupato della reazione dei
fratelli che avevano sentito la sua disperata confessione.
“Tranquillo
papà. Non siamo dei deficienti” mi rispose Emmett sorridendo.
Già
come avevo fatto a dubitare? Probabilmente era stata la tensione
nervosa e la stanchezza. Nel mio cuore sapevo benissimo che loro gli
sarebbero stati vicini nella maniera giusta, erano fratelli e gli
volevano bene sul serio come avevano già dimostrato.
“Se
solo avessimo capito...se solo avesse parlato prima, gli avremmo
evitato tanti problemi e avremmo potuto aiutarlo senza arrivare a
questo punto. ” disse Esme scuotendo la testa avvilita. Anche lei
si stava facendo gli stessi sensi di colpa che mi ero fatto io.
“Credo
che non avesse capito neanche lui fino in fondo. Mentre mi parlava
con la testa non era presente. Probabilmente è riuscito a tirare
fuori tutto e a capire solo parlandomi, solo in reazione alle mie
accuse.” disse piano Alice con le lacrime agli occhi. “Mi vergogno
tanto per quello che ho detto. La colpa è solo mia” mi sussurrò.
Vidi
Jasper stringersela a se “No Alice, hai fatto bene, facendo così
lo hai fatto uscire allo scoperto. Doveva liberarsi di quel peso
che l'opprimeva e vedrai che finalmente riuscirà a vivere un po'
meglio.” la confortò lui.
“Credo
che qualcosa sapesse Alice, si stava rendendo conto di quello che
succedeva, probabilmente però il suo subconscio rifiutava di
accettare la verità” spiegai piano, immaginandomi quanta
sofferenza nel ricordare dovesse patire ogni volta.
“Quindi
adesso starà bene. E' tutto passato” affermò Rosalie sorridente.
Scossi
la testa tristemente.
“La
paura per quello che è successo e che quel Lui lo trovi nuovamente,
rimarrà Rosalie. Probabilmente riuscirà ad essere più sereno,
più sicuro di se stesso, più consapevole di essere stata solo la
vittima di una cattiveria, non un essere diverso dagli altri, ma il
passato non si cancella e le minacce neanche” spiegai sospirando.
Uno
starnuto di Jasper mi riportò alla realtà.
“Andiamo
a letto tutti, che domani voi andrete a scuola. Dobbiamo comportarci
come se nulla fosse successo. E' l'unico modo per dargli
tranquillità. E voi due prendetevi un Aspirina, che oggi vi siete
presi una brutta botta di freddo” dissi ai miei due eroi.
Con
calma li avrei ringraziati ma sapevo che sarebbe stato inutile, non
lo avevano fatto per me, ma per Edward, al quale sapevo si erano
affezionati.
Il
mio bambino non aveva solo due genitori ma due fratelloni chioccia,
che silenziosi vegliavano su di lui.
Edward
“Edward”
mi sentii chiamare dolcemente. Era la voce di Esme.
Pigramente
aprii gli occhi e vidi il suo volto chino sul mio.
Le
sorrisi mentre lei allegra mi diceva “Buongiorno. E' l'ora di
svegliarsi è quasi mezzogiorno. Il pranzo è pronto e avrai
sicuramente fame”
Sbattei
gli occhi ancora stordito mentre la vedevo aprire le tende e far
entrare il sole in camera.
“Mezzogiorno?”
chiesi con la voce ancora impastata dal sonno. “ma quanto ho
dormito?”
“Quasi
tredici ore. Eri stanchissimo Edward. Non ti sei neanche accorto che
ti abbiamo spogliato e messo a letto” mi rispose lei sorridente
sedendosi sul letto e facendomi una carezza nei capelli.
“Davvero?”
non riuscivo a crederci. Non avevo mai dormito così tanto e così
bene. Avevo sognato ma erano stati sogni belli popolati soprattutto
da Bella. All'improvviso mi venne in mente Alice. Chissà cosa le
avevo fatto passare...
“Alice.
Come sta?” chiesi preoccupato.
“Adesso
bene Edward. E' a scuola con i tuoi fratelli. Tu eri troppo stanco
per andarci. Ma domani ti tocca, è l'ultimo giorno prima delle
vacanze. Quindi alzati e vieni a mangiare così poi fai i compiti”
mi rispose allegra facendomi una coccola in testa.
Ma
come era possibile? L'avevo fatta preoccupare e disperare. Avevo
cercato di uccidermi e lei invece di sgridarmi mi faceva le carezze?
La
guardai stupito e preoccupato e lei mi sorrise.
“Edward.
Non è successo nulla. L'importante è che tu adesso ti senta bene”
mi sorrise “ E fatti una doccia. Hai ancora il sale addosso”
riprese poi uscendo dalla camera sorridendomi.
Mi
lavai e poi scesi a mangiare.
Sembrava
non lo facessi da anni perché spazzolai tutto con un appetito da far
invidia ad Emmett.
Poi
mi sedetti al tavolo in sala a studiare aspettando che i miei
fratelli tornassero a casa. Non vedevo l'ora di abbracciare Alice e
controllare che stesse bene, anche se avevo un po' di ansia all'idea
di affrontare i miei fratelli dopo tutto quello che era successo.
Alice
Stanchi
per le poche ore di sonno della sera prima, andammo a scuola. Aveva
ragione papà, se ci avesse trovati a casa si sarebbe sentito in
imbarazzo. Dovevamo far finta di nulla, riprendere le nostre vite
come se non fosse successo niente.
Così
ancora mezzo addormentati, ci presentammo a lezione.
Jasper
ed Emmett non facevano altro che starnutire e soffiare il naso.
Speravo
che non gli venisse la febbre mentre scherzavano fra di loro su chi
stesse peggio.
Mi
recai in classe e trovai Bella ad aspettarmi.
Non
l'avevo più richiamata, e mi vergognai un attimo, ma d'altronde papà
aveva chiamato per dirci che Edward stava bene che era ormai notte e
non mi era sembrato il caso di svegliarla.
Avrei
dovuto raccontarle tutto. Ne aveva il diritto dal momento che aveva
scatenato lei quel pandemonio, ma nelle prime due ore avevamo il
compito in classe di matematica. Avrebbe dovuto aspettare
l'intervallo per avere notizie.
Bella
Ero
impaziente di vedere Alice. La telefonata con Esme mi aveva scosso,
così quando la vidi entrare in aula le sorrisi felice. Non so perché
ma avevo il terrore che non si sarebbe presentata.
“Ciao
Alice. Come sta tuo fratello?” le chiesi subito in ansia per lui
non avendolo visto arrivare.
“Adesso
bene. Ma oggi non è venuto a scuola, era troppo stanco. E' una
storia lunga... è successo di tutto. Nell'intervallo ti racconto”
mi sussurrò mentre tirava fuori i protocolli per il compito in
classe.
Annui
curiosa. Avrei ascoltato la sua storia ma le avrei anche fatto la
domanda che mi girava per la testa e che mi aveva torturato per tutta
la notte. Quella domanda che era nata dopo aver consultato la lista
di Charlie. E se avessi avuto ragione...
Charlie
Avevo
passato al nottata parlare con le famiglie dei ragazzi uccisi, per
levarmi l'ultimo dubbio. Solo una non aveva saputo darmi risposta. I
genitori erano deceduti un anno dopo la morte violenta del ragazzo.
Ma le altre avevano confermato i miei sospetti. Tutti si erano
recati al Luna Park nei giorni precedenti alle sparizioni.
Adesso
avevo ben chiaro ciò che avevo davanti e sapevo il perché il Mostro
di Natale agisse così e anche dove avrei potuto trovarlo.
Ma
non sapevo con esattezza chi fosse e dove si rifugiasse di preciso
anche se un orrendo sospetto mi attraversava la mente.
Purtroppo
l'unico che avrebbe potuto confermare il tutto era Edward.
Lui
era la chiave di tutto, perché lui aveva quello che il Mostro
considerava il suo marchio, quello che aveva cercato negli altri
ragazzi inutilmente e che Edward inconsapevolmente portava su di se.
Perché
Edward era ciò che il Mostro cercava e gli altri non erano stati che
sostituti. Tutti avevano gli stessi occhi verdi e la stessa
corporatura. Tutti avevano gli stessi anni di Edward.
Tutti
avrebbero potuto essere scambiati per lui cresciuto...
Quando
arrivai in ufficio non persi tempo. Non c'era più tempo da perdere.
Il Luna Park era già in città da alcuni giorni e il Mostro non
avrebbe tardato a colpire nuovamente.
Perché
il Natale era alle porte e lui colpiva ciò che vedeva, lui cercava
nella massa di ragazzi... coloro che potevano essere Edward.
Presi
il telefono e chiamai Carlisle.
Speravo
che lui fosse a casa. Con lui presente sarebbe stato più semplice
affrontare Edward, convincerlo a parlare. Quell'uomo aveva la
capacità di calmarlo e farlo ragionare.
Ma
purtroppo il mio amico era in ospedale a lavorare. Con la voce stanca
ma soddisfatta mi raccontò ciò che era successo. Mi raccontò della
confessione infine venuta fuori dalle sue labbra, del tentato
suicidio e di come lo avesse portato dall'amico per cercare di
donargli un po' di pace.
Lo
stetti a sentire in silenzio con il cuore stretto dal dispiacere.
Avevo
intuito quasi tutto. E avevo ragione. Edward era stato violentato e
seviziato, come gli altri ragazzi morti, da quell'uomo che gli aveva
promesso di cercarlo nuovamente.
Nel
verbale della polizia non c'era nessun riferimento alle sue ferite.
Forse perché minorenne, forse perché considerato un male minore
rispetto alla strage compiuta, o più probabilmente, conoscendo come
funzionavano le cose, per un errore di trasmissione dati fra
l'ospedale e la polizia. Un errore enorme. Perché se l'ospedale
avesse comunicato le sue ferite Edward sarebbe stato seguito da
qualche psicologo competente fin da subito invece di lasciarlo a
macerare con il suo orrendo segreto.
Ma
la cosa più sconvolgente era che a causa dell'errore nessuno aveva
capito che il movente era proprio lui... e nessuno aveva fermato il
mostro.
I
miei colleghi prima ed io dopo non avevamo capito che lui non solo
era stato la vittima principale ma anche la causa scatenante di
tutto. E la conseguenza era che lui si era portato,
inconsapevolmente, quel peso dentro per tutti questi anni insieme
alla paura di essere ritrovato.
Quando
finii la telefonata rimasi a pensare assorto un attimo mentre le mie
rotelle giravano senza sosta.
Non
sapevo quanto Edward avesse capito di tutta questa storia o se le sue
farneticazioni sul suo Lui fossero frutto solo delle sue paure, ma
di una cosa ero certo: Edward lo aveva rincontrato e sapeva anche
dove trovarlo. Lo aveva detto nei suoi deliri, ma nessuno di noi lo
aveva capito.
E
c'era solo un modo per fermare il Mostro prima che colpisse
nuovamente... dovevo affrontare Edward e costringerlo a rivelare
anche l'ultimo dettaglio, anche senza Carlisle, dovevo andare a
parlargli e vedere con i miei occhi la conferma dell'ultimo indizio
mancante... la chiave di volta del mistero.