martedì 12 febbraio 2013

Capitolo 1 Aspettando il Natale



Dieci Anni prima... 24 Dicembre 2001

Esme

Era il 24 Dicembre e stavo finendo di addobbare l'albero di Natale.
Posai l'ultimo festone rosso e argento e mi scostai per guardarlo meglio.
Era un po' spoglio ma c'era tempo per riempirlo.
Nascosto sotto quattro festoni colorati c'erano tre stupende palline di Natale in vetro soffiato splendidamente decorate, il resto erano tutte luci colorate.
Le palline erano bellissime e pregiatissime, provenivano direttamente da Murano, un isoletta della lontana Italia, famosa per la lavorazione del vetro soffiato. Non era un caso fossero solo tre.
Erano infatti solo tre anni che Carlisle ed io eravamo sposati.
Una per ogni Natale passato assieme.
Sospirai. Quando mi ero sposata e avevamo deciso la nostra piccola regola, ridendo sotto la neve di fronte al negozio che ci aveva venduto le luci a forma di stelline, eravamo convinti che l'albero si sarebbe riempito presto.
Ogni nostro bambino infatti a Natale avrebbe appeso una nuova pallina tutta sua al nostro albero.
Ma di bambini non c'è ne erano.
Con dolore, dopo un anno dal matrimonio, avevo scoperto di essere sterile.
Carlisle mi aveva confortato aumentando ancora di più, se possibile, l'amore che aveva per me.
Ma la casa era vuota, come il nostro albero e il mio cuore triste.
Mia sorella Katrina aveva avuto due bellissimi bambini. Loro con i capelli biondi assomigliavano al marito George militare di carriera.
Non li vedevo mai, lei e i bambini si erano trasferiti nella base militare con George in Europa ed io mi limitavo a sentirla per telefono ogni anno a Natale.
Provavo un po' d'invidia per lei e Carlisle che lo sapeva mi ricopriva di attenzioni e coccole.
Avevamo fatto domanda di adozione ma ci avevano detto che era difficile ottenere un bambino tutto per noi e che comunque ci sarebbe voluto un po' di tempo.
Con tristezza contavo ancora i mesi, ne erano passati ben ventidue. E ormai avevo perso ogni speranza.

Guardai l'albero spoglio e sorrisi mentre ai suoi piedi mettevo il pacchettino per Carlisle.
Gli avevo comprato un paio di guanti nuovi di pelle.
Il suo era già sotto l'albero. Era da quella mattina che lo aveva posato dandomi un bacio in fronte che lo osservavo incuriosita.
Non riuscivo a capire che cosa potesse contenere.
Il fondo sembrava rigido mentre il sopra era morbido con in mezzo qualcosa di duro e piccolo.
Arricciai le labbra stavo morendo di curiosità.
Con un sospiro mi staccai e andai in cucina, dovevo controllare il pandolce genovese.
Era una ricetta strana, italiana. Me l'aveva data la mia amica Luisa nonché vicina di casa.
Una signora posata quarantenne con cui chiacchieravo volentieri.
Lei simpatica e sempre sorridente era la perfetta vicina.
Riservata quel tanto che le permetteva di non essere invadente era sempre disponibile ad aiutarti per qualsiasi cosa avessi bisogno.
Mi chinai verso il forno ad osservarne la cottura. Non era alto come quegli altri italiani che compravamo nei supermarket, anzi era decisamente basso quasi schiacciato. Per un attimo temetti di aver sbagliato qualcosa poi mi ritornarono in mente le parole della mia vicina. “Resterà basso e friabile . E' un Pandolce Genovese d'altronde. Magari non avrà un bell'aspetto ma sentirai che gustino” mi aveva assicurato tutta entusiasta di farmi assaggiare quel dolce così particolare.
Bene il profumino era uno spettacolo constatai annusando l'invitante aroma che fuoriusciva dal forno, adesso dovevo solo sperare che fosse buono come sosteneva e che presto arrivasse il mio amore dal lavoro.

Il tempo non sembrava passare mai. Tirai fuori il dolce e lo guardai annusandolo. Il profumo era proprio invitante e anche l'aspetto non era male. Con calma e meticolosità iniziai ad apparecchiare. Tutto il resto era quasi pronto. Avevo lavorato tutto il pomeriggio per prepararlo.
Ero infatti in ferie essendo la vigilia ma malgrado avessi fatto del mio meglio per rendere la serata speciale, sentivo che mancava qualcosa in casa.
Era inutile facessi finta di niente. Sapevo perfettamente cosa mancava. I bambini.
Che razza di Natale era senza un bambino che impaziente aspettava di aprire i regali??
Da piccola ricordavo ancora il grande albero decorato con la stella dorata sulla punta, l'entusiasmo, l'impazienza e le risate dei nostri genitori quando io e mia sorella sfasciavamo i regali tutte felici.
Non c'era momento più bello in tutto l'anno. E adesso quella tensione, quell'aria di festa, quell'attesa spasmodica mi mancava da morire.
Sorrisi a guardare quel isolato pacchettino che mi attendeva chiedendomi ancora una volta cosa mai contenesse. E silenziosa davanti al fuoco scoppiettante del camino che rischiarava con il suo calore tutta la sala, mi sedetti sul divano a veder scendere la neve e ad aspettare lui che presto sarebbe entrato a riscaldare anche il mio cuore.
Il mio amore, il mio Carlisle.

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