martedì 12 febbraio 2013

Capitolo 41 Una paura da affrontare

Esme

Arrivò nuovamente Natale e le feste e come al solito Charlie le festeggiò con noi per sentirsi meno solo.
Era il giorno della Befana quando Alice ed Emmett ci chiesero di andare al Luna Park.
Vi prego sono quattro anni che non ci portate. Tutti ci vanno” ci pregarono.
Ci spiaceva dirgli di no visto che il motivo era solo la paura immotivata di Edward.
Così lo presi da parte e provai a convincerlo
Edward. Volevamo andare al Luna Park. I tuoi fratelli ci tengono. Non vuoi provare a venire?” gli spiegai con gentilezza.
Lui scosse la testa. “Non andate” mi chiese in allarme.
Edward. Loro ci tengono. Se non vuoi venire ti lasciamo a casa e chiedo alla signora Luisa di farti compagnia” provai a convincerlo.
Purtroppo non mi lasciava altra scelta, non era giusto sacrificare i fratelli per un suo capriccio.
Lo vidi sgranare gli occhi spaventato. Ma da che cosa, non avrei potuto dirlo.
No. Non voglio che andiate” ribadì cocciuto.
Ascolta. Noi andiamo. E' giusto. Non puoi privare i tuoi fratelli del divertimento. Vieni con noi Edward, non succederà nulla. Non ti lasceremo solo un attimo e se vuoi non sali su nessuna giostra, nessuno ti costringerà a fare ciò che non vuoi” cercai di convincerlo.
Io e Carlisle non capivamo esattamente il perché dell'avversione verso quel posto e cercavo di sbloccarlo in qualche modo, mi sembrava fosse solo un capriccio immotivato cosi come il suo rifiuto nei confronti di Charlie o la paura dei temporali.
Lo vidi ingoiare a vuoto, sembrava spaventato, ma infine dopo un sospiro rassegnato annui abbassando la testa.
Felice annunciai ai fratelli che saremmo usciti appena pronti e nel giro di cinque minuti eravamo tutti in macchina.
Edward si era vestito in tuta da ginnastica e teneva il cappuccio tirato su come se servisse a nascondersi mentre si stringeva al petto Tigro.
Non gli dicemmo nulla, pensando che la cosa migliore fosse fare gli indifferenti e quando arrivammo ci inoltrammo tra i vari banchi e giostre.
Lui, lasciato Tigro in macchina, si affrettò a dare la mano Carlisle.
Era grande ma sembrava terrorizzato e il mio amore non disse nulla tenendolo vicino a se il più possibile per infondergli coraggio.
Passammo tre ore a vedere Alice ed Emmett scorrazzare fra un gioco e l'altro mentre Edward stava vicino a noi con il cappuccio sugli occhi e lo sguardo attento a scrutare in giro come se cercasse un pericolo invisibile anche se piano piano sembrava rilassarsi sempre di più.
Probabilmente stava capendo che non c'era nulla o nessuno di cui aver paura. Si stava rendendo conto che il suo terrore era frutto solo della sua mente e con gioia constatatai che la tensione lo stava lentamente abbandonando.
Ero orgogliosa di lui.
Stava superando le sue paure, abbattendo i muri degli incubi che ogni tanto sembravano imprigionarlo e la cosa mi faceva sperare per il futuro.

Eravamo quasi all'ora di chiusura pomeridiana e i due fratelli erano al terzo giro di autoscontri quando Edward si rivolse a Carlisle. “Posso prendermi una ciambella?” chiese timidamente.
Era la prima cosa che ci chiedeva da quando eravamo arrivati. Ci aveva seguito in silenzio senza chiederci nulla e senza lamentarsi una volta.
Il suo volto sorridente e sereno mentre formulava la domanda ci aveva aperto il cuore. Infatti quella richiesta significava solo che si sentiva finalmente tranquillo e a suo agio.
Carlisle gli sorrise di rimando e gli diede i soldi “Vai da solo?” chiese indicandogli il banchetto dietro di noi a una ventina di metri.
Lui annui convinto e si avviò di buon passo in apparenza tranquillissimo.
Carlisle si girò a sorridermi felice poi vedemmo le macchinine fermarsi e Alice correrci incontro sorridente.
Posso prendere altri due gettoni?” ci chiese entusiasta con il sorriso smagliante e allegro come non mai.
Carlisle scoppiò a ridere e prendendo il portafoglio le mollò i soldi poi disse con finta severità “Poi basta. Ho finito i soldi”. Lei scoppiò a ridere e la vedemmo andare al botteghino, comprare i due gettoni e correre da Emmett che la stava aspettando sulla macchinina che avevano scelto.
La giostra ripartì con la sua musica e fu in quel momento che ci rendemmo contro che Edward non era ancora arrivato.
Ci voltammo insieme e … era sparito!


Carlisle

Mi ero distratto dietro ad Alice, e per un attimo mi ero dimenticato di Edward.
Mi voltai a cercarlo di scatto ma non lo vedevo da nessuna parte.
C'era tanta gente e tanta confusione. Che si fosse perso??
Resta qua con i ragazzi. Lo vado a cercare” dissi ad Esme preoccupatissimo.
Iniziai a muovermi lentamente, a cercare la sua felpa grigia fra la folla di ragazzi e famiglie che si muoveva convulsa ed eccitata.
Poi lo vidi fermo davanti ai go-cart che guardava affascinato. Corsi verso di lui sollevato e gli appoggiai la mano sulla spalla.
Edward. Mi hai fatto spaventare” lo rimproverai bonariamente.
Lui, che mi stava dando le spalle, si voltò sorpreso dal mio contatto improvviso e mi fissò... e il suo sguardo mi spaventò a morte.


Alice

Finalmente eravamo al Luna Park. Non potevo crederci. Era tanto che non ci portavano. Non capivo perché Edward avesse così paura. Era stupendo.
Le luci, la musica, le giostre. Era tutto meraviglioso.
Per fortuna che c'era Emmett a farmi compagnia, mi stavo divertendo moltissimo con il mio fratellone. Era troppo simpatico e allegro. E non facevo altro che ridere spensierata.
Quando i gettoni per gli autoscontri finirono andai da chiederne di poterne comprare altri due.
Feci la faccina angelica e gli occhioni. Sapevo che papà si sarebbe intenerito subito. Malgrado avessi il sospetto che loro stravedessero per il mio gemello mi accontentavano in tutto riempendomi di vizi e coccole.
Salii sull'autoscontro a fianco ad Emmett e iniziai a guidare felice. Era il mio turno infatti.
La musica rimbombava nelle nostre orecchie e alle risa di Emmett si univano le mie mentre davamo la caccia a due nostri compagni di scuola che avevamo incontrato poco prima con la loro famiglia.
Certo andare con dietro i genitori non era certo il massimo ma essendo lontano dal centro abitato era l'unico modo finché Emmett non avesse preso la patente. Era un problema di tutti ma aveva anche i suoi vantaggi. I nostri genitori infatti non sapevano dirci di no e papà ci accontentava senza badare a spese.
Mi voltai un attimo e vidi mamma da sola. Strano pensai che papà ed Edward si fossero allontanati. Ma a colpirmi fu lo sguardo di lei... aveva l'aria preoccupata. Non ebbi neanche il tempo di chiedermi che cosa stesse succedendo che un dolore fortissimo mi prese alla testa e al petto mentre mi sentivo sprofondare nel buio.
Edward! pensai. Gli è successo qualcosa!
L'ultima cosa che sentii prima di svenire fu l'urlo spaventato di Emmett che bloccò la musica intorno a me.

Nessun commento:

Posta un commento