Esme
Arrivò
nuovamente Natale e le feste e come al solito Charlie le
festeggiò
con noi per sentirsi meno solo.
Era
il giorno della Befana quando Alice ed Emmett ci chiesero di andare
al Luna Park.
“Vi
prego sono quattro anni che non ci portate. Tutti ci vanno”
ci
pregarono.
Ci
spiaceva dirgli di no visto che il motivo era solo la paura
immotivata di Edward.
Così
lo presi da parte e provai a convincerlo
“Edward.
Volevamo andare al Luna Park. I tuoi fratelli ci tengono. Non vuoi
provare a venire?” gli spiegai con gentilezza.
Lui
scosse la testa. “Non andate” mi chiese in allarme.
“Edward.
Loro ci tengono. Se non vuoi venire ti lasciamo a casa e chiedo alla
signora Luisa di farti compagnia” provai a convincerlo.
Purtroppo
non mi lasciava altra scelta, non era giusto sacrificare i fratelli
per un suo capriccio.
Lo
vidi sgranare gli occhi spaventato. Ma da che cosa, non avrei potuto
dirlo.
“No.
Non voglio che andiate” ribadì cocciuto.
“Ascolta.
Noi andiamo. E' giusto. Non puoi privare i tuoi fratelli del
divertimento. Vieni con noi Edward, non succederà nulla. Non
ti
lasceremo solo un attimo e se vuoi non sali su nessuna giostra,
nessuno ti costringerà a fare ciò che non
vuoi” cercai di
convincerlo.
Io
e Carlisle non capivamo esattamente il perché
dell'avversione verso
quel posto e cercavo di sbloccarlo in qualche modo, mi sembrava
fosse solo un capriccio immotivato cosi come il suo rifiuto nei
confronti di Charlie o la paura dei temporali.
Lo
vidi ingoiare a vuoto, sembrava spaventato, ma infine dopo un sospiro
rassegnato annui abbassando la testa.
Felice
annunciai ai fratelli che saremmo usciti appena pronti e nel giro di
cinque minuti eravamo tutti in macchina.
Edward
si era vestito in tuta da ginnastica e teneva il cappuccio tirato su
come se servisse a nascondersi mentre si stringeva al petto Tigro.
Non
gli dicemmo nulla, pensando che la cosa migliore fosse fare gli
indifferenti e quando arrivammo ci inoltrammo tra i vari banchi e
giostre.
Lui,
lasciato Tigro in macchina, si affrettò a dare la mano
Carlisle.
Era
grande ma sembrava terrorizzato e il mio amore non disse nulla
tenendolo vicino a se il più possibile per infondergli
coraggio.
Passammo
tre ore a vedere Alice ed Emmett scorrazzare fra un gioco e l'altro
mentre Edward stava vicino a noi con il cappuccio sugli occhi e lo
sguardo attento a scrutare in giro come se cercasse un pericolo
invisibile anche se piano piano sembrava rilassarsi sempre di
più.
Probabilmente
stava capendo che non c'era nulla o nessuno di cui aver paura. Si
stava rendendo conto che il suo terrore era frutto solo della sua mente
e con gioia constatatai che la tensione lo stava lentamente
abbandonando.
Ero
orgogliosa di lui.
Stava
superando le sue paure, abbattendo i muri degli incubi che ogni
tanto sembravano imprigionarlo e la cosa mi faceva sperare per il
futuro.
Eravamo
quasi all'ora di chiusura pomeridiana e i due fratelli erano al terzo
giro di autoscontri quando Edward si rivolse a Carlisle.
“Posso
prendermi una ciambella?” chiese timidamente.
Era
la prima cosa che ci chiedeva da quando eravamo arrivati. Ci aveva
seguito in silenzio senza chiederci nulla e senza lamentarsi una
volta.
Il
suo volto sorridente e sereno mentre formulava la domanda ci aveva
aperto il cuore. Infatti quella richiesta significava solo che si
sentiva finalmente tranquillo e a suo agio.
Carlisle
gli sorrise di rimando e gli diede i soldi “Vai da
solo?” chiese
indicandogli il banchetto dietro di noi a una ventina di metri.
Lui
annui convinto e si avviò di buon passo in apparenza
tranquillissimo.
Carlisle
si girò a sorridermi felice poi vedemmo le macchinine
fermarsi e
Alice correrci incontro sorridente.
“Posso
prendere altri due gettoni?” ci chiese entusiasta con il
sorriso
smagliante e allegro come non mai.
Carlisle
scoppiò a ridere e prendendo il portafoglio le
mollò i soldi poi
disse con finta severità “Poi basta. Ho finito i
soldi”. Lei
scoppiò a ridere e la vedemmo andare al botteghino, comprare
i due
gettoni e correre da Emmett che la stava aspettando sulla macchinina
che avevano scelto.
La
giostra ripartì con la sua musica e fu in quel momento che
ci
rendemmo contro che Edward non era ancora arrivato.
Ci
voltammo insieme e … era sparito!
Carlisle
Mi
ero distratto dietro ad Alice, e per un attimo mi ero dimenticato di
Edward.
Mi
voltai a cercarlo di scatto ma non lo vedevo da nessuna parte.
C'era
tanta gente e tanta confusione. Che si fosse perso??
“Resta
qua con i ragazzi. Lo vado a cercare” dissi ad Esme
preoccupatissimo.
Iniziai
a muovermi lentamente, a cercare la sua felpa grigia fra la folla di
ragazzi e famiglie che si muoveva convulsa ed eccitata.
Poi
lo vidi fermo davanti ai go-cart che guardava affascinato. Corsi
verso di lui sollevato e gli appoggiai la mano sulla spalla.
“Edward.
Mi hai fatto spaventare” lo rimproverai bonariamente.
Lui,
che mi stava dando le spalle, si voltò sorpreso dal mio
contatto
improvviso e mi fissò... e il suo sguardo mi
spaventò a morte.
Alice
Finalmente
eravamo al Luna Park. Non potevo crederci. Era tanto che non ci
portavano. Non capivo perché Edward avesse così
paura. Era
stupendo.
Le
luci, la musica, le giostre. Era tutto meraviglioso.
Per
fortuna che c'era Emmett a farmi compagnia, mi stavo divertendo
moltissimo con il mio fratellone. Era troppo simpatico e allegro. E
non facevo altro che ridere spensierata.
Quando
i gettoni per gli autoscontri finirono andai da chiederne di poterne
comprare altri due.
Feci
la faccina angelica e gli occhioni. Sapevo che papà si
sarebbe
intenerito subito. Malgrado avessi il sospetto che loro stravedessero
per il mio gemello mi accontentavano in tutto riempendomi di vizi e
coccole.
Salii
sull'autoscontro a fianco ad Emmett e iniziai a guidare felice. Era
il mio turno infatti.
La
musica rimbombava nelle nostre orecchie e alle risa di Emmett si
univano le mie mentre davamo la caccia a due nostri compagni di
scuola che avevamo incontrato poco prima con la loro famiglia.
Certo
andare con dietro i genitori non era certo il massimo ma essendo
lontano dal centro abitato era l'unico modo finché Emmett
non avesse
preso la patente. Era un problema di tutti ma aveva anche i suoi
vantaggi. I nostri genitori infatti non sapevano dirci di no e
papà
ci accontentava senza badare a spese.
Mi
voltai un attimo e vidi mamma da sola. Strano pensai che
papà ed Edward si fossero allontanati. Ma a colpirmi fu lo
sguardo di lei... aveva l'aria preoccupata. Non ebbi neanche il tempo
di chiedermi
che cosa stesse succedendo che un dolore fortissimo mi prese alla
testa e al petto mentre mi sentivo sprofondare nel buio.
Edward!
pensai. Gli è successo qualcosa!
L'ultima
cosa che sentii prima di svenire fu l'urlo spaventato di Emmett che
bloccò la musica intorno a me.
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