martedì 12 febbraio 2013

Capitolo 28 Lotta per la vita

Carlisle

Non persi tempo. Non c'era tempo da perdere. Edward era l'ombra di se stesso. Era dimagrito tantissimo e aveva delle scure occhiaie intorno agli occhi infossati negli zigomi diventati sporgenti.
Portatemi degli omogenizzati. Quelli che si danno ai neonati” chiesi mentre afferravo un bicchiere e alzandolo glielo appoggiavo alle labbra.
Edward devi bere. Sei disidratato” gli dissi dolcemente cercando i svegliarlo con le carezze.
Non gli dia l'acqua, la vomita” mi fermò quella che doveva essere un infermiera.
Sbuffai scocciato. Quella donna era una perfetta imbecille. Possibile che in quel posto non esistesse la parola professionalità?? Che razza d'infermiera era per non rendersi conto che arrendersi era la cosa peggiore da fare? Ero irritato per tutta la situazione ma soprattutto preoccupato per il mio bambino dal momento che sembrava troppo indebolito per riuscire a bere.
Ma non mi persi d'animo. Non ero un esperto del settore ma non ci voleva molto a capire come poterlo aiutare.
Datemi un cucchiaio” chiesi con un tono che assomigliava più a un ordine quando vidi che usando il bicchiere non riuscivo a fargli ingoiare l'acqua come speravo.
Antoniette, fai come dice lui è un medico. Sa quello che fa.” intervenne la Psicologa che in silenzio osservava da un angolo della stanza.
L'infermiera sbuffando mi porse il cucchiaio guardandomi come se fossi un pazzo. Forse temeva di dover pulire il letto se avesse rigettato l'acqua ma era un rischio che bisognava correre.
Non le dissi nulla troppo concentrato su quello che dovevo fare e soprattutto certo che se avessi aperto la bocca non sarei riuscito dal trattenermi dall'urlare la mia rabbia rischiando di spaventare Edward.
Così cercai di non pensare all'accaduto ma di concentrarmi sul mio bambino. Riempii il cucchiaio d'acqua fresca, alzai la testa ad Edward e glielo appoggiai alle labbra spaccate dall'arsura.
Edward apri la bocca, devi sforzarti d'ingoiare l'acqua, coraggio piccino” gli dissi a bassa voce e dolcemente “io sono qua ad aiutarti e non mi allontano da te” aggiunsi per infondergli sicurezza.
Con gli occhi chiusi lo vidi aprire appena le labbra ed io vi feci scivolare l'acqua del cucchiaio.
Ripetei l'operazione per tre volte poi lo adagiai sui cuscini.
Bere così poco non servirà a niente” sentii brontolare l'infermiera.
Stia zitta e vada a cercare l'omogenizzato che le ho chiesto” le risposi in malo modo esasperato.
Poi riportai la mia attenzione su Edward tenendogli la mano e parlandogli dolcemente per incoraggiarlo e confortarlo facendogli sentire la mia presenza. Lo sentì sussultare ma non rigettò l'acqua. Era riuscito a trattenerla dentro di se.
Bravo Edward. Così. Devi cercare di non rimettere” lo incitai.
Se ce la fai in poco tempo sarai in grado di alzarti e ti porteremo a casa. Tornerai a casa con noi e con Alice. Ma devi combattere...”
Non mi rispose ma ero certo che avesse sentito perché mi sentii stringere appena la mano.
Quando arrivò l'omogenizzato mi feci dare un cucchiaino e come per l'acqua gli feci ingoiare tre bocconi piccolini poi lo rimisi giù sistemandogli i cuscini in modo che stesse più seduto ma con lo stomaco teso.
Ancora una volta rimasi vicino a lui confortandolo mentre combatteva contro la nausea e il suo corpo, e ancora una volta vinse.
Era piccolo ma aveva un coraggio enorme pensai orgoglioso del mio bambino che aveva vinto la sua battaglia contro quell'incompetente costringendola a chiamarci e che adesso stava lottando contro se stesso per riprendersi la vita che gli era stata sottratta.
Mentre riposava chiamai con il cellulare Esme dicendole di affidare Emmett alla signora Luisa e di correre da me il più velocemente possibile.
Sapevo che la nausea di Edward era di origini nervose e con pazienza ero sicuro che saremmo riusciti a farlo riprendere. Speravo infatti che la nostra vicinanza e la promessa di tornare a vivere con noi e con Alice gli avrebbe dato la forza di lottare. Purtroppo dipendeva da lui, solo lui poteva decidere di venir fuori da quel tunnel nel quale si era cacciato.
Ma avevo bisogno di aiuto, dovevamo pensare anche ad Alice. Anche lei non stava bene, anche lei aveva bisogno di noi e del nostro amore.


Esme

Quando arrivò la telefonata mi sentii morire. La voce di Carlisle era nervosa e tesa ma soprattutto piena d'urgenza mentre mi spiegava che i gemelli non stavano bene e avevano bisogno di noi. Spiegai velocemente ad Emmett, senza entrare nei particolari, che andavo da loro perché erano malati e lo accompagnai dalla mia vicina di casa che saputo l'accaduto, scoppiò a piangere dalla felicità. Anche lei era in ansia per loro e il sapere che sarebbero tornati a vivere con noi era una notizia troppo bella e insperata per riuscire a trattenersi.
Tornerai presto mamma?” mi chiese Emmett sulla soglia di casa della signora Luisa che si asciugava le lacrime con un fazzoletto.
Si tesoro. Io e papà torneremo presto e con noi ci saranno i tuoi fratellini” gli dissi con una carezza sui suoi riccioli neri sperando con tutto il mio cuore di avere ragione.
Lui annui con un enorme sorriso sulle labbra, si chinò a baciare Tigro in mezzo alle orecchie pelose e me lo porse serio dicendomi “Portalo da Edward. Tigro gli sarà mancato tanto, vedrai che sarà felice di riabbracciarlo.”
Feci fatica a non scoppiare a piangere davanti al mio orsacchiotto che ancora una volta aveva dimostrato quanto grande e dolce fosse il cuore. Gli diedi un bacio, gli raccomandai di fare il bravo, strinsi la mano alla mia vicina che adoravo ogni giorno di più e mi girai a prendere la macchina con il cuore che batteva a mille ancora emozionata dal tono e dalle parole di Emmett.
Salita in macchina mi precipitai ansiosa e preoccupata all'orfanotrofio. Lì mi accolse la Responsabile che con un sorriso triste mi abbracciò felice di rivedermi, poi mi accompagnò subito nell'infermeria e quando vidi il mio bambino mi sentii morire. 
Carlisle mi aveva spiegato tutto per telefono, ma vederlo lì pallido, magro e sdraiato in un letto con la flebo attaccata mi strinse il cuore.
Edward” lo chiamai con le lacrime di commozione che mi colavano dal viso.
Lui sbatté diverse volte gli occhi poi con uno sforzo lì aprii e mi sorrise felice “Mamma. Ci sei anche tu” disse debolmente inumidendosi le labbra riarse con la punta della lingua e cercando di allungare la mano per farmi una carezza sul volto.
Si amore sono qui. E non ce ne andremo senza di te. Presto torneremo a casa tutti assieme, vedrai” gli dissi. Poi presi la sua mano che aveva con fatica allungato e la portai alle mie labbra posandogli un bacino sul dorso mentre prendevo Tigro e glielo mettevo fra le braccia. Mi sorrise e sorrise al suo pupazzo stringendoselo al petto teneramente con gli occhi che gli brillavano di gioia.
Emmett si è preso cura di lui. E adesso è a casa che ti aspetta. Non vede l'ora di riabbracciare i suoi fratellini” gli dissi. Volevo che capisse quanto ci era mancato, quanto volevamo che tornasse a casa con noi velocemente.
Grazie mamma. Voglio tornare a casa, ma ho sonno e sono stanco. ” mormorò chiudendo gli occhi e abbracciandosi Tigro al petto teneramente.
Guardai Carlisle che mi sorrise “E' debolissimo ma riesce a mangiare piccole quantità. Ce la faremo Esme e li riporteremo a casa presto.”
Lo abbracciai commossa. Insieme tenendoci per mano, troppo emozionati per parlare ancora, rimanemmo qualche minuto lì a vederlo dormire.
Era agitato, probabilmente aveva degli incubi perché parlottava nel sonno.
Povero piccolo. Io resto con lui, voglio controllare che non rimetta quel poco che ha mangiato. Vai tu da Alice? ”
Certo. Non vedo l'ora di abbracciarla. Speriamo che almeno lei stia un po' meglio” gli risposi e con un sospiro rassegnato e triste lasciai il mio bambino con Carlisle che gli prese nuovamente la mano e iniziò a parlargli per calmarlo.
Stai tranquilla. Vedrai che adesso si tranquillizza. Ha solo bisogno di sentirci vicini.” mi spiegò con un sospiro facendogli una carezza fra i capelli sudati.
E con il cuore in gola e lo stomaco stretto per l'ansia mi avviai per i corridoi accompagnata dalla Responsabile che mi stava aspettando dietro alla porta consapevole che avrei voluto vedere la mia bambina al più presto.
La psicologa invece era sparita e mi auguravo di non rivederla mai più. Non sarei riuscita a trattenermi dallo strozzarla al pensiero di come aveva ridotto il mio Edward.
Ma come stava Alice? E con quella domanda e la paura per amica mi addentrai in quei corridoi che adesso mi sembravano freddi e ostili.
Alice aveva bisogno di me.

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