martedì 12 febbraio 2013

Capitolo 33 I segni del passato

Esme

Non so come avremmo fatto se non ci fosse stato Charlie.
Guardavo Edward dormire. Sembrava sereno adesso, anche se ogni tanto sul viso si dipingeva una smorfia e sobbalzava nel sonno.
Per fortuna Carlisle era un medico ma nonostante questo presi la mano di Edward e iniziai a piangere sommessamente.
Povero piccolo. Non riuscivo a darmi pace, a immaginare cosa avesse passato.
I segni sul suo corpo rivelavano una crudeltà immensa.
Alice era stata fortunata ma lui...
Cercai di non piangere, rischiavo di svegliarlo.
Così mi feci forza. Dovevamo dimenticare quello che avevamo visto, dovevamo fare finta di niente, in modo da fargli dimenticare l'accaduto, da permettergli di vivere sereno.
Dopo due ore e mezza ero ancora lì seduta per terra vicino al suo letto stringendogli la mano quando lo vidi sbattere gli occhi.
Erano ancora rossi dal pianto.
Ciao” gli dissi dolcemente trattenendo il respiro.
Temevo che avesse un altra crisi, invece lo vidi sorridermi timidamente.
Mi brucia la gola” disse piano con la voce rauca. Aveva urlato troppo, pensai.
Hai preso un po' di freddo. Vedrai che adesso passa” gli dissi dolcemente spostando un ciuffo ribelle che gli era scivolato sugli occhi.
Ho male dappertutto” si lamentò piano.
Lo so piccino... passerà presto... vedrai che guarirai prestissimo. Non è successo nulla” gli mentii. Speravo non si ricordasse l'accaduto.
Lo vidi stringere gli occhi concentrato, poi abbassarli e scrutare sospettoso il pigiama mentre si metteva seduto sul letto.
Chi mi ha cambiato?” chiese turbato indicando la maglietta che portava.
Eri fradicio. Lo abbiamo fatto io e Carlisle” gli dissi. Su questo non potevo mentire.
Lui abbassò gli occhi mortificato, poi con un sospiro affranto mi guardò e passò una mano sulla mia guancia.
Sei graffiata. Sono stato io...vero?” mi chiese con gli occhi tristi.
Stava ricordando.
Si. Ma non l'hai fatto apposta. Cercavi solo di proteggerti” gli dissi. Stavolta era una mezza verità. Non volevo si sentisse in colpa.
Mi spiace. Non volevo” disse e gli occhi si riempirono nuovamente di lacrime.
Non è successo nulla è tutto passato. Non preoccuparti” risposi immediatamente facendogli una carezza sulla guancia e asciugandogli le lacrime che avevano iniziato a rigargli le guance.
Se mi avete cambiato... avrete visto...” disse ingoiando a vuoto e abbassando nuovamente lo sguardo come se avesse una colpa da nascondere.
Si. Ma non c'è nulla di cui vergognarsi. Avresti potuto dircelo. Non significa nulla per noi.” risposi tirandogli su il mento con un dito e cercando i suoi occhi.
Io non sono come vorreste. Io non sono come Emmett ” mormorò scuotendo la testa e guardando in basso per evitare i miei occhi.
Oh Edward. Non dire così. Tu sei il bambino che abbiamo sempre voluto. Sei perfetto per noi. Quelle cicatrici non significano nulla, non possono cambiare l'amore che abbiamo per te o quello che pensiamo di te.” gli risposi sentendomi stringere il cuore in una morsa gelida. Come poteva pensare che quei segni sulla sua pelle lo rendessero diverso dagli altri?
Lui... rideva mentre lo faceva” soffiò fuori con la voce rotta.
Mi sentii stringere il cuore... stava raccontando l'accaduto e vedevo il terrore dipinto sul volto.
E' tutto finito Edward. Loro non torneranno mai più, lui non ti toccherà più” gli dissi per confortarlo “Sei al sicuro. Nessuno ti farà più del male, nessuno riderà più di te” aggiunsi per cercare di tranquillizzarlo.
Alzo gli occhi a guardarmi e mi sorrise timido ma dai suoi occhi capii che non mi credeva. Era convinto che i suoi aguzzini lo avrebbero trovato di nuovo.
Noi non permetteremo che nessuno ti faccia del male. E poi non sanno dove sei, anche se ti cercassero non ti troveranno mai. E' cambiato tutto, anche il tuo cognome. Sei al sicuro ormai.” gli dissi per cercare di confortalo.
Si. Ma ho paura lo stesso. ” mi rispose girando la tesa per nascondere le lacrime che erano riprese a scorrere.
Non risposi, sapevo che le mie parole sarebbero state vane, così mi limitai ad abbracciarlo stretto al mio petto per fargli sentire quanto lo amavo e che non era solo e che mai lo sarebbe stato.
Lui pianse in silenzio per qualche minuto, poi pian piano lo sentii rilassarsi fra le mie braccia. Rimase ancora qualche minuto a prendersi le coccole e poi mi guardò con un mezzo sorriso sforzato.
Alice? Dov'è?” mi chiese improvvisamente preoccupato per la sorella.
E' con papà di sotto.” gli dissi senza aggiungere altro.
Posso alzarmi? Vorrei andare da lei. Non voglio stia in pensiero per me.” mi sussurrò con gli occhi nuovamente lucidi.
Annui sorridente e gli diedi la mano per aiutarlo ad alzarsi.
Se te la senti è meglio. Così magari ti bevi anche un po' di latte. Hai saltato cena” mi ricordai.
Mi aveva così preoccupato e scombussolato che il discorso cena mi era proprio passato di mente. Speravo che Carlisle e Charlie avessero pensato ai ragazzi.
Quando scendemmo, Alice che doveva appena essersi svegliata anche lei, gli si fiondò tra le braccia strappandogli una smorfia di dolore.
Anche Carlisle si era cambiato e dal disordine in cucina intuii che almeno i ragazzi avevano cenato.
Nessuno disse nulla, volevamo fare finta di niente per non metterlo a disagio e così fra l'indifferenza assoluta lo portai in cucina e gli scaldai un po' di latte e biscotti.
Mangiò pochissimo, poi ritornò in sala e si sistemò tra le braccia di Carlisle a guardare la televisione con Emmett.
Si addormentò lì fra le braccia di suo padre e lui lo portò in braccio a letto.

Non passarono neanche tre ore che lo sentimmo urlare.
Corsi da lui e lo trovai rannicchiato nel letto. Gli occhi dilatati e Tigro stretto al petto.
Rimasi con lui fino a che non si calmò e si riaddormentò. Ma quella non fu l'ultima volta. Gli incubi lo tormentarono tutta la notte e alla fine per permettergli di dormire qualche ora di seguito mi sedetti per terra al suo fianco e gli tenni la mano.
All'alba Carlisle mi diede il cambio e lo lasciammo dormire tutta la mattina.


Nei giorni seguenti facemmo tutti finta di niente e piano piano insieme agli incubi svanì anche il ricordo di quella terribile serata.
Ovviamente non andammo da mia sorella, visto le numerose ferie che Carlisle aveva già preso e quelle che probabilmente sarebbero servite in futuro e passammo Agosto in casa fra gite al parco, allo zoo, in montagna, al fiume e shopping per accontentare Alice.
Fu un periodo sereno, e sembrava che i fantasmi del passato avessero abbandonato definitivamente i gemelli.
Ma non immaginavamo che la serenità sarebbe stata interrotta presto.


Era pomeriggio tardi e Carlisle era appena rientrato dal lavoro quando suonò la porta. Tranquillamente senza immaginare chi potesse essere andai ad aprire.
L'uomo che aveva suonato era incredibilmente bello. Alto, muscoloso e biondo assomigliava al mio Carlisle. Solo gli occhi invece di essere chiari e limpidi come il mio amore erano marrone scuri come la terra appena arata.
Essi si posarono su di me scrutandomi attentamente come fossi un essere inferiore.
Ricambiai il suo sguardo chiaramente a disagio mentre con la voce impostata si presentò. “Buongiorno mi chiamo James Cullen e sono il cugino di Carlisle. C'è in casa?” chiese allungando gli occhi a cercare il mio amore.
Piacere” dissi allungandogli la mano per cortesia. Quell'uomo non mi piaceva e ancora meno il suo sguardo inquisitorio ma non volevo essere maleducata.
Quando entrò in sala iniziò a guardarsi intorno con curiosità fino a che i suoi occhi si posarono sui ragazzi intenti a giocare sul tavolo della sala.
Chi è Edward?” chiese senza levare gli occhi da loro.
E' lui” rispose Carlisle scendendo dalle scale con il suo solito sorriso cordiale “Che bello vederti James. E' una vita che non ci sentiamo” continuò allungando la mano per salutare il cugino.
Lui dopo aver lanciato una lunga occhiata incuriosita ad Edward posò gli occhi su Carlisle e per la prima volta lo vidi sorridere appena.
E così hai adottato tre marmocchi” disse lanciandomi uno sguardo schifato e indagatore, come se fossi una bestia rara. Forse per lui la mia sterilità era un qualcosa che dovevo avere scritto in fronte come avvertimento per gli altri.
A quanto pare” ribatté il mio amore sorridendo felice senza aver notato il suo sguardo perplesso “Ti presento Edward, Alice ed Emmett” l'indicò sorridendo orgoglioso dei suoi tre figli.
Ma come ti sei permesso?? Hai passato ufficialmente a quel piccolo trovatello il titolo di famiglia. I tuoi genitori si rivolterebbero nella tomba se lo avessero saputo” la sua accusa inaspettata e repentina sibilata tra i denti per nascondere la rabbia a lungo repressa, venne seguita da un attimo di silenzio imbarazzante.
Carlisle aveva sgranato gli occhi sorpreso da quell'attacco ingiustificato.
Il mio istinto mi spingeva a urlare di tutto a quel viscido verme travestito da uomo ma prendendo fiato cercai di non fare scenate di fronte ai ragazzi e lentamente li raggiunsi posando le braccia sui gemelli per tranquillizzarli. Loro così come Emmett stavano guardando allibiti quell'uomo che stava urlando in casa nostra contro loro padre, cose per loro assurde e incomprensibili.
Non avevamo raccontato nulla a nessuno di loro. Nessuno gli aveva detto che loro padre era un nobile ed erano tutti troppo piccoli per capire cosa avessimo fatto dal notaio per riportare a casa i gemelli velocemente con le sue conseguenze legali. E poi non volevamo riparlare di quel periodo, non volevamo turbarli tutti e tre nuovamente. Con calma quando fossero stati grandi e in grado di capire le motivazioni e le ripercussioni avremmo spiegato loro l'accaduto e i problemi ereditari connessi.
Vidi Carlisle stringere gli occhi e arricciare le labbra. “Non credo siano fatti tuoi” gli rispose gelido senza staccare gli occhi dal cugino.
Certo che sono fatti miei. Alla tua morte i miei figli avrebbero ereditato il titolo di Conte se tu non avessi adottato dei trovatelli, ma tu... tu l'hai passato addirittura a quel ragazzino” e la sua voce tremava di rabbia e indignazione. “Ti rendi conto? Lui Conte. E ho chiesto informazioni... lui è solo un orfanello di nessun valore... senza passato .”
Le sue accuse risuonarono nel silenzio della casa e vidi Edward e Alice scambiarsi uno sguardo stupito e spaventato.
E per di più andrebbe rinchiuso in un manicomio. Non è normale... ho fatto fare delle ricerche su di lui e risulta dalle perizie psichiatriche la sua pazzia latente” quell'accusa così ingiusta, così palesemente cattiva fatta solo per ferire noi e il mio bambino mi fece salire la bile in bocca.
Non era vero ciò che diceva. Edward non era pazzo. Quelle perizie erano state fatta da quella stupida di psicologa che non aveva capito nulla del mio ragazzo.
Stavo già per aprire bocca e insultare quell'uomo pieno di se che vidi Carlisle prendere fiato e rispondergli.
La sua voce era calma e misurata, ma nello stesso tempo fredda e decisa, minacciosa e letale avrei potuto affermare tranquillamente “James. Non sono fatti tuoi. Lui come gli altri è mio figlio. E questo non lo puoi cambiare. So che magari avevi messo in conto un futuro diverso visto la nostra impossibilità di avere dei bambini ma loro sono a tutti gli effetti figli miei. E non cambierei Edward con nessun altro bambino al mondo. Inoltre quello che hai letto è falso e se tu indagassi come si deve scopriresti la verità su quei verbali e sul motivo per i quali sono stati redatti.
Quindi ti saluto e ti chiedo di uscire da questa casa e dalla nostra vita per sempre”.
Rimasi in silenzio con un sorriso compiaciuto sulle labbra mentre abbracciavo i miei bambini per cercare di rasserenarli.
James ci guardò un attimo poi scuotendo la testa si avvio verso la porta “Hai fatto la tua scelta Carlisle ed io la rispetterò, visto che non posso fare altro, ma mai considererò quel ragazzo sangue del mio sangue.” e detto questo sbatté la porta alle sue spalle.
Carlisle si voltò a sorridermi poi si avvicinò e abbracciò i ragazzi ancora ammutoliti dalla scena. “Un seccatore di meno. Non temete, non può far nulla, ha detto un sacco di fesserie maturate nella sua mente bacata e invidiosa.
La mia decisione è stata presa tempo fa e nessuno mi farà cambiare idea. Voi siete i miei figli e la mia famiglia” gli disse guardandoli negli occhi uno per volta e posando loro un bacio in fronte.
Poi si avvicinò a me e mi abbracciò stretto “Non l'ho mai sopportato. E spero di non sentire più parlare di lui” affermò sorridendomi.
Non lo credevo possibile ma ancora una volta ebbe ragione. Non sentimmo più parlare di James o di problemi ereditari. Ciò che Carlisle aveva fatto dal suo amico notaio per riportare Edward a casa velocemente era insindacabile e nessuno della sua famiglia provò più a mettere parola nella sua decisione e con il passare del tempo finimmo tutti per dimenticarci dell'intera questione.
Le accuse di quel mostro nei confronti di Edward rimasero per qualche tempo sospese come una spada pronta a calare  sulla nostra testa, ma presto vennero dimenticate dal momento che i nostri gemellini sembravano aver dimenticato ogni problema passato. O almeno era ciò che pensavamo.
E la nostra illusione durò e ci cullò fino a che non iniziò la scuola a metà Settembre.

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