Esme
La
litigata ovviamente era finita ma quella fu solo la prima volta.
Alice
sempre più sbarazzina faceva strage di cuori ed Edward le
allontanava tutti.
Ovviamente
ogni tanto lei si ribellava a quell'atteggiamento così
protettivo del fratello e noi dovevamo intervenire per riportare la
calma.
Se
Alice era fin troppo aperta ed ingenua, Edward era veramente troppo
possessivo nei suoi confronti allontanando qualsiasi maschietto le
girasse intorno.
Arrivammo
così all'estate passata un altra volta a casa a causa della
promozione di Carlisle che lo tenne particolarmente occupato. E a
Settembre i gemelli iniziarono la prima superiore.
Edward
si buttò sulle materie scientifiche mentre Alice su quelle
classiche.
Ormai
erano del tutto indipendenti a parte il legame fisico della
“gemellite” come la chiamavamo noi e la tendenza a
proteggersi a
vicenda.
Erano
ormai passati sei anni ed Edward sembrava aver ritrovato la sua
serenità.
Anche
gli incubi erano quasi del tutto spariti, e a parte la reticenza nel
legare con gli altri si comportava in maniera quasi normale.
Quella
sera di Gennaio ci venne a trovare Charlie.
Era
triste ed abbattuto.
“Ciao
Charlie” gli dissi aprendo la porta. “Che succede?
“gli chiesi
vedendo il suo sguardo triste.
“E'
già arrivato Carlisle?” mi chiese guardandosi
intorno e salutando
i ragazzi.
Alice
corse ad abbracciarlo dandogli un bacino sulla guancia “Ciao
zio
Charlie” lo salutò tutta allegra.
Anche
Emmett lo salutò cordiale mentre Edward come al suo solito
lo salutò
appena.
Non
si fidava di Charlie e non c'era niente da fare. Ormai c'eravamo
abituati tutti e facevamo finta di niente. D'altronde Edward non
legava con nessuno nemmeno con la Signora Luisa che ogni tanto ci
faceva da baby sitter quando uscivamo con Carlisle la sera non
fidandoci a lasciarli da soli malgrado non fossero più dei
bambini
piccoli.
Lui
stava sulle sue e guardava tutti storto, senza contare che nei mesi
di Dicembre e Gennaio era rimasto sempre particolarmente nervoso e
irascibile.
“No.
Charlie. Mi ha telefonato che ha da fare in ospedale e
arriverà più
tardi” gli dissi facendogli segno di sedersi sul divano.
“Già.”
rispose lui sorridendomi ma senza sedersi.
“E'
successo qualcosa?” gli chiesi improvvisamente ansiosa.
Non
mi piaceva la sua espressione.
Lui
annui poi mi sorrise “Hai visto il telegiornale?”
mi chiese a
bruciapelo.
Scossi
la testa. Stavo cucinando e non avevo ancora acceso la televisione.
“No cosa
è successo?” gli chiesi.
Lui
mi sorrise e prendendomi per il braccio mi spinse gentilmente verso
la cucina.
“Hanno ucciso
barbaramente un ragazzo di quattordici anni”
sibilò fra i
denti guardando verso i ragazzi che apparentemente facevano i fatti
loro ma che ero sicura controllavano quello che accadeva.
“Oh
mio Dio” dissi portandomi la mano alla bocca. Aveva la stessa
età
dei miei gemelli pensai sconvolta al pensiero di quello che era
accaduto e di quello che probabilmente stavano passando i genitori in
quel momento.
“Si
tratta di Robert, il figlio di Stanlei, il mio vicino”
continuò
abbassando la testa con una lacrima che gli usciva dagli occhi.
“la
moglie è un infermiera dell'ospedale e penso che Carlisle la
conosca” finì.
“Mi
spiace. Che tragedia. Avete idea di chi sia stato?” chiesi
ancora
sconvolta e spaventata. Conoscevo la collega di Carlisle, erano una
bella famiglia normale e lui un bellissimo ragazzo dagli occhi verdi
e il sorriso sempre pronto.
Lo
vidi scuotere la testa. “No. Non abbiamo trovato nulla a
parte un
gettone degli autoscontri” disse piano “ma erano
stati al Luna
Park il giorno prima” continuò scuotendo la testa
“come decine
di altre famiglie” concluse portandosi la mano nei capelli.
Mi
voltai quando nominò il parco giochi e i miei occhi
cercarono
Edward.
Lui
stava guardando Charlie ma non diede segno di aver sentito o capito
di cosa parlassimo.
Presi
una birra e la passai al mio amico.
“Vedrai
che li troverete” dissi.
Lui
scosse la testa. “Se trovo il bastardo che ha fatto questo,
giurò
che lo uccido con le mie mani” sibilò alzando la
voce per poi
abbassarla in un sussurro incredulo “il suo
corpo...”
In
quel momento entrò Carlisle con l'aria stravolta.
Probabilmente
aveva parlato con la sua amica.
Vide
Charlie e assieme uscirono a fare due passi.
Quando
rientrarono iniziarono a parlare di andare a pescare la domenica. Le
loro preoccupazioni e il loro dolore lo avevano chiuso in un cassetto
per impedire ai ragazzi di preoccuparsi.
La
serata passò tranquilla, ma quella notte Edward ebbe di
nuovo gli
incubi che stranamente durarono per molto tempo.
Ma
quello che mi fece più male fu quando una notte dopo che si
fu
calmato mi disse “Quel signore forse aveva ragione. Io non
sono
come tutti gli altri”.
Non
ci misi molto a capire che si riferiva al cugino di Carlisle e con la
rabbia che ribolliva nel mio cuore al ricordo delle sue accuse
sciocche e ingiustificate consolai il mio ragazzo spiegandogli che la
pazzia era un altra cosa e che lui era sicuramente sano di mente.
Lui mi stette a sentire in silenzio annuendo e guardandomi seriamente
e concentrato. Ma non era convinto. Ed io sapevo che solo il tempo e
l'amore gli avrebbe fatto capire la verità.
Passarono
i mesi ed era un Mercoledì quando andando a prenderli tutti
e tre
mi ritrovai Edward con un occhio nero e un labbro spaccato.
“Ma
cosa ti è successo?” dissi spaventata.
Forse
avrei anche potuto immaginarmi la sua risposta...
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