Charlie
All'alba,
appena la luce ce lo permise, io e i miei uomini con Cortes e i
cani ci avvicinammo nuovamente al fiume dove avevamo perso le
tracce e iniziammo a cercare lungo entrambe le rive un qualcosa che
ci indicasse il suo passaggio.
Fu
Saimon a trovarlo “Sheriffo venga” mi
chiamò agitato.
Corsi
da lui che m' indicò l'orma di un piede nudo nel fango della
riva.
Era la prima traccia che trovavamo ma ero perplesso. Edward aveva le
scarpe quando era scomparso… perché togliersele??
Era sua
l'impronta?? Forse se le era levate per attraversare il fiume o le
aveva perse in precedenza?? Quella infatti era la prima impronta
nitida che avevamo trovato.
La
osservai bene, era di un piede piccolo e magro malgrado fosse lunga e
quindi apparteneva a un ragazzo giovane.
Fino
a due giorni prima era piovuto e quindi era recente. Si non poteva
essere che la sua, riflettei.
Cortes
ci raggiunse e i cani uggiolarono mentre decisi ripreso la pista
ritrovata dopo aver annusato nuovamente Tigro che mi ero portato
dietro apposta.
Eravamo
di nuovo sulla strada giusta.
Ma
dove stava andando? mi chiesi, ancora una volta. Avanzava in linea
retta puntando a Nord, sempre a Nord, costantemente a Nord.
Scavalcava
sporgenze rocciose, alberi caduti e riprendeva la sua direzione...
sembrava volesse fuggire il più lontano possibile. Ma da
cosa? O da
chi?
Mi
fermai a prendere fiato e ad asciugarmi il sudore, quel ragazzo
doveva aver camminato anche di notte, riflettei amaro,
perché
malgrado dovesse essere ferito ai piedi e quindi muoversi
lentamente i cani non davano segno di averlo vicino.
Riprendemmo
l'inseguimento finché all'improvviso mi bloccai. Avevo
riconosciuto
il picco che sovrastava il bosco. Eravamo entrati nel territorio dei
Quielute.
Non
persi un attimo. Ogni aiuto poteva essere determinante e il tempo
iniziava ad essere stretto, dovevamo trovarlo al più presto.
Così
senza indugi presi il cellulare e chiamai il mio amico Billy.
“Billy
ciao sono Charlie.” lo salutai frettoloso, poi ripresi senza
dargli tempo di aprire bocca, non c'era tempo, Edward non avrebbe
potuto passare una seconda notte all'agghiaccio “ascolta ho
bisogno
dell'aiuto dei tuoi uomini. Un ragazzo bianco, capelli rossi, occhi
verdi si è perso nel bosco. Pensiamo che sia nelle vostre
terre.
Potete aiutarci a trovarlo?” gli chiesi sapendo quale sarebbe
stata
la sua risposta.
“Certamente
Charlie mando subito tutti i miei ragazzi a cercarlo” disse
sollevandomi un peso dal cuore.
“Un
ultima cosa” lo avvertii “E' spaventato. Se lo
vedono digli di
non avvicinarlo e chiamami subito, potrebbe cercare di fuggire
altrimenti”
Non
mi rispose subito probabilmente stupito da quest'ultima richiesta.
“Va bene riferirò.” mi rispose poi
buttando giù la
comunicazione.
“Andiamo
avanti” incitai i miei uomini.
Adesso
avevamo una speranza in più.
Lo
cercammo e seguimmo la sua pista tutto il giorno, avanzando nel
bosco e trovando ogni tanto brandelli di vestiti e tracce del suo
passaggio come rami spezzati, impronte o segni di cadute. Si muoveva
sempre più goffamente e con meno attenzione all'ambiente
intorno.
Segno che la stanchezza e lo sfinimento stavano prendendo il
sopravento.
Infatti
ci accorgemmo che stava rallentando visibilmente ma aveva ancora
troppo vantaggio su di noi che dovevamo avanzare lentamente seguendo
le sue tracce attenti a non perdere la pista.
Ogni
tanto chiamava Carlisle, cercavo di rassicurarlo ma non gli
raccontavo nulla, non volevo turbarlo e spaventarlo di più
di quello
che doveva già essere.
Ci
eravamo fermati, avevamo diversi sentieri tracciati dagli animali
davanti e i cani stavano cercando l'odore di Edward quando il
cellulare suonò. Era Billy.
“L'abbiamo
trovato. Hai ragione è spaventato. Hanno provato ad
avvicinarsi ma è
scappato di nuovo. Ora lo stanno seguendo a distanza, senza perderlo
di vista. Cosa dobbiamo fare??” mi chiese e sentii che era
agitato.
“In
che condizioni è?” chiesi preoccupato dalla sua
voce, se avevano
provato ad avvicinarlo malgrado i miei ordini c'era un motivo.
Silenzio.
Poi
riprese “Non te lo so dire con precisione ma i ragazzi erano
preoccupati. Che facciamo?” aveva eluso la domanda.
“Mandami
qualcuno incontro. Ci voglio parlare io” dissi
“Siamo dentro la
Long Valley. Sono lontani i tuoi uomini?” chiesi
“No
Charlie, in venti minuti Sam dovrebbe raggiungervi e portarti da
lui”
mi confermò con mio enorme sollievo.
E
poi? Mi domandai.
Edward
non si fidava di me, non si fidava di nessuno. Probabilmente era
stanco e confuso, forse anche terrorizzato e malato visto il freddo ma
se avessimo aspettato Carlisle che venisse a prenderlo ci avrebbe
messo almeno tre ore prima di raggiungerci se fosse passato dalla
riserva, e nel frattempo sarebbe calato nuovamente il buio e magari
lui avrebbe ripreso la sua corsa ancora più spaventato dal
sentirsi
seguito e spiato. Devi provarci Charlie... non hai scelta mi dissi.
Sam
mi raggiunse dopo appena un quarto d'ora. Doveva aver corso nel bosco
come un matto dal fiatone e dalla faccia arrossata con la quale si
presentò. Ma senza perdere tempo riprese la strada del
ritorno
conducendo me e i miei uomini il più velocemente possibile
da
Edward.
Quando
arrivammo nelle vicinanze vidi tre ragazzi appartenenti alla sua
tribù nascosti fra gli alberi.
“Si
è spostato di nuovo, si è nascosto fra quelle
rocce... forse mi ha
visto” disse un ragazzo giovane che non conoscevo indicandomi
una
sporgenza rocciosa lontana una decina di metri.
“Va
bene Jacob. Adesso ci penserà Charlie” rispose Sam.
Lui
era il capo in seconda della loro comunità nel momento che
il mio
amico Billy, capo di fatto, era bloccato su una sedia a rotelle.
“E'
stato Jacob, il figlio di Billy a trovarlo” mi
spiegò Sam
indicandomi il ragazzino che aveva parlato.
Annui
“Grazie Jacob. Te ne sono riconoscente” gli dissi
dandogli una
pacca sulla schiena. Poi lasciandoli tutti di stucco iniziai a
spogliarmi.
Mi
levai il cappello, la pistola, il giaccone, il maglione e la camicia
rimanendo in maglietta.
Mi
levai tutto ciò che mi qualificava quale poliziotto.
Edward
aveva paura di me in divisa e speravo che vedendomi così si
fidasse
e si facesse avvicinare.
Affidai
i vestiti a Saimon e mi avviai lentamente verso Edward incurante
degli sguardi stupiti e preoccupati dei testimoni al mio
spogliarello.
Era
rannicchiato contro una pietra. La testa bassa fra le gambe piegate e
le braccia strette al petto per cercare di tenersi al caldo.
“Edward.
Sono Charlie” lo chiamai quando fui a tre metri di distanza.
Lui
alzò gli occhi su di me e vi vidi il terrore puro. Anzi in
un occhio
vidi il terrore, l'altro era chiuso da un ematoma che gli prendeva il
viso.
Doveva
essere caduto e aver preso una gran bella botta, pensai ingoiando a
vuoto.
“Non
aver paura Edward. Sono venuto per portarti a casa” gli dissi
avanzando di qualche passo.
“No.
Vattene. Non voglio tornare.” mi disse tremando come una
foglia e
lasciandomi stupito da quell'affermazione.
“Perché
Edward? Loro ti aspettano, la tua famiglia è in pensiero per
te.”
risposi… un altro passo.
“Lui
mi troverà nuovamente… Lui li ucciderà
come l'altra volta”
disse con la voce strozzata dal terrore.
“No
Edward. Lui non farà del male a nessuno. ” risposi
confuso da
quello che pensavo fosse un delirio… un altro passo.
Due
metri ci separavano adesso.
“Lui
mi farà del male… voleva farmi male”
rispose singhiozzando
piano.
“Edward.
Nessuno ti farà del male, hai la mia parola. Io ti
proteggerò …”
un altro passo.
“No!
Stai lontano! Nessuno può proteggermi... nessuno
può salvarmi dal
mio destino.” gridò arretrando leggermente
strisciando sul
terreno.
Probabilmente
sfinito, affamato, infreddolito, stanco e ferito non riusciva quasi
più a muoversi pensai fermandomi ad osservarlo muoversi con
difficoltà.
“Sai
chi sono vero?” gli chiesi fissando il suo volto terrorizzato.
“Non
mi fare del male. Ti prego” mi rispose coprendosi il volto
con un
braccio. Era decisamente confuso e in preda al panico.
“Edward.
Sono lo Zio Charlie. Ti ricordi di me vero?” gli dissi
avanzando
ancora. Volevo che stesse fermo, che si fidasse. Se mi avesse
riconosciuto forse si sarebbe fatto avvicinare quel tanto che mi
avrebbe permesso di bloccarlo senza fargli male.
“Zio
Charlie” ripeté fissandomi senza però
vedermi realmente come se
il nome gli dicesse qualcosa ma che non sapesse il reale significato.
Dovevo
riuscire a farlo ragionare, a calmarlo, a fargli capire che non
ero un pericolo. Forse... ma certo lei era l'unica che contava
veramente per lui... il loro legame era strettissimo.
Alice...
pensai.
Lui farebbe
qualsiasi cosa per lei e sperando di non sbagliarmi mi
giocai l'unico asso che avevo nella manica “Alice vuole che
tu vada
da lei. Ha paura a stare da sola. Lei ha bisogno di te. Non puoi
abbandonarla Edward. Sai cosa significa abbandonarla? E' disperata
senza di te! Ha bisogno di te! Lei sta male senza di te. Anche adesso
sta soffrendo per la tua mancanza. Non vuoi farla stare ancora male
vero?” gli dissi lentamente per lasciargli il tempo di capire
mentre feci un nuovo passo verso di lui... mancava solo un metro.
Avrei
potuto buttarmi su di lui e afferrarlo ma avevo paura di scatenargli
una crisi nervosa di panico come avevo assistito quella sera a casa
Cullen. Non sarei riuscito a gestirlo e a calmarlo e suo padre era
troppo lontano. No doveva essere lui a venire da me… a
fidarsi per
la prima volta di me.
“Vieni
qui, lascia che ti accompagni da lei, ti sta aspettando ed io ti
posso aiutare a raggiungerla. Non ti farò del male, fidati
di me.
Andiamo da Alice, vuoi venire con me? Non vuoi che Alice stia
bene?”
gli chiesi lentamente e con dolcezza allungando le braccia in un muto
invito ad avvicinarsi.
Fu
allora che notai che la posizione della spalla sinistra non era
normale. Probabilmente era caduto e oltre a ferirsi il volto si era
spostato l'articolazione.
Non
potevo prenderlo con la forza, gli avrei fatto male e il dolore
chissà che reazione gli avrebbe provocato. Ma iniziavo a
disperare, non sapevo più cosa dirgli per convincerlo a
farsi aiutare.
“Alice”
ripeté poi all'improvviso guardandomi. Con un tuffo al cuore
mi
accorsi che mi stava vedendo sul serio, i suoi occhi non erano
più
vacui ma lucidi e attenti “Mi porterai da lei Zio Charlie?
Non
posso abbandonarla, non ancora… lei ha bisogno di
me.” mi disse.
“Si
Edward. Ti porterò da lei. Posso prenderti in
braccio?” gli
chiesi e con un passo unico gli fui vicino.
Lui
scoppiò a piangere e si lasciò avvicinare.
“Ho
freddo e tanta sete” mi disse mentre lentamente lo prendevo
fra le
mie braccia attento a non toccargli la spalla.
“Ti
porto al sicuro e al caldo. Non temere piccino” gli dissi
stringendolo a me. Lo vidi chiudere gli occhi sfinito mentre
appoggiava il viso al mio petto sospirando.
Rabbrividii,
avevo freddo in maglietta e sentivo il suo corpo ghiacciato e
bagnato stretto al mio.
“Dobbiamo
portarlo velocemente al caldo. E' infreddolito e sfinito.”
dissi a
Sam. Loro conoscevano la zona e sapevano come muoversi meglio di me.
“Vieni
portalo a casa di Jacob. E' qui vicino in pochi minuti ci arriviamo
tagliando per il bosco lungo i sentieri di caccia” mi rispose
lui
allungando le mani per prendere Edward.
“Lo
porto io” dissi risoluto “fammi strada”.
E
insieme ci dirigemmo verso la salvezza per Edward.
Lo
guardai avvolto nel giaccone che gli avevamo messo sopra come una
coperta e non riuscivo a dimenticare le sue parole Lui mi
farà
del male... Lui voleva farmi del male ma chi era quel lui? I
suoi aguzzini erano in quattro e non uno solo, quindi la sua fuga era
legata a qualcosa di diverso dal solito attacco di panico?
Probabilmente
aveva visto o incontrato qualcuno che lo aveva spaventato al punto
da scappare il più lontano possibile o era successo
qualcos'altro??
Non
riuscivo a capire ma ero troppo felice di stringerlo a me e troppo
impegnato a trasportarlo velocemente al sicuro e al caldo per
ragionare con lucidità.
Con
calma quando sarebbe stato tranquillo avrei provato ad indagare. Ma
adesso dovevo solo preoccuparmi di portarlo in salvo velocemente.
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