martedì 30 aprile 2013

Capitolo 80 Non fuggire



Capitolo 80 Non fuggire



Edward



Mi ero svegliato e avevo visto mia mamma. Lei mi sorrideva felice e mi spiegò che dovevo stare calmo e non muovermi, mentre mi raccontava sommariamente ciò che era successo. Alice e Bella erano vive e stavano bene mentre il Mostro era morto.

Ero libero. Finalmente il mio incubo era stato distrutto ma c'erano tante cose che volevo sapere, tante domande che aspettavano una risposta.

Ma i miei genitori mi dissero che dovevo stare sdraiato e con la mascherina sul volto. Avremmo parlato dopo mi spiegarono e a malincuore accettai di tenermi le domande per me.

Presi fiato e mi rilassai chiudendo gli occhi e godendomi quella sensazione di pace che sentivo nascere dentro. Avrei fatto di tutto per poter uscire velocemente da lì. Dovevo cercare Alice e assicurarmi che stesse bene e poi... poi avrei dovuto cercare Bella e chiedergli scusa e...

Mi bloccai non osavo andare oltre, avevo paura. Lei aveva sicuramente saputo tutto da Alice e forse adesso sarebbe fuggita da me per sempre. In fondo quello che avevo subito mi aveva in qualche modo macchiato e lei probabilmente avrebbe voluto vicino a lei un uomo vero non un maschio che aveva subito… I miei pensieri per fortuna furono interrotti da mia mamma che alzandosi annunciò che andava a prendersi un caffè.

La guardai stupito. Lei non lo beveva mai!! Era allergica al caffè. Perché aveva detto una cosa del genere?

E mentre usciva la sentii affidarmi a Bella. Sgranai gli occhi dalla sorpresa, Bella era qua?? La cercai con lo sguardo e per la prima volta la vidi e non riuscii più a distogliere gli occhi da lei.

Aveva un cerotto sulla fronte ma mi sembrava bellissima ugualmente.

Era ancora più bella di quanto me la ricordassi.

Lei si mosse lentamente quasi avesse paura di spaventarmi e si sedette sulla sponda del letto.

Le sorridevo come un ebete. Lei era qua. Lei era qua per me. Ero felice di vederla e avrei voluto parlarle. Ma mi sembrava incerta e spaventata.

Probabilmente si chiedeva se sarei scappato ma io non ne avevo alcuna intenzione, oltre che la possibilità.

La vidi allungare la mano lentamente e sfiorarmi la fronte aggiustando una ciocca di capelli. Mi sentii invadere dal tremore. Il suo tocco dolce e delicato mi aveva provocato una scossa di piacere.

Se possibile divenni rosso... Danny aveva ragione ero un maschio. E scoprirlo mi spinse a fare quello che fino a tre giorni prima non avrei mai osato.

Alzai la mano libera e cercai di farle una carezza.

Lei si abbassò in modo che potessi rimanere sdraiato ed io le appoggiai la mano sulla sua guancia.

Era morbida e vellutata. E mentre la guardavo i miei occhi si riempirono di lacrime proprio come i suoi.

Lei allungò la sua mano e mi asciugò le guance. Io feci altrettanto poi le presi la sua mano e me la strinsi al petto.

Lei mi guardava e non parlava... forse non sapeva cosa dirmi. Io invece sapevo esattamente cosa volevo dirle e sapendo di disubbidire ai miei genitori mi sfilai con un gesto repentino e deciso la mascherina.

Perdonami Bella” le dissi tutto d'un fiato sentendo i polmoni bruciare per lo sforzo di prendere aria.

La vidi irrigidirsi e preoccupata prendere la mascherina e rimettermela sul volto.

Devi tenerla Edward, non hai sentito quello che hanno detto i tuoi genitori?” mi sgridò con un sorriso poi mi afferrò la mano e la portò alle sue labbra.

Io ti amo Edward. Non c'è nulla per il quale tu debba chiedermi scusa. Sono stata stupida, a non capire. Sono io che devo chiedere perdono a te” mi disse facendomi un altra carezza sulla guancia.

Scossi la testa e le sorrisi. Volevo dirle che l'amavo ma avevo quella cosa che non mi permetteva di parlare. Lei mi sorrise timorosa e si avvicinò “Posso?” mi chiese timorosa prima di posare le sue labbra sulla mia fronte.

Un altro brivido mi percorse tutto. Era bellissimo sentirsi toccare da lei, sentire le sue labbra sulla mia fronte, il suo calore scaldare il mio corpo. Lei doveva sapere e veloce mi liberai la mano e sfilai di nuovo quella tortura dal mio viso “Bella, io fuggivo da te per proteggerti, avevo paura di farti del male, di non essere abbastanza uomo per te, ma ti amo…ti ho amata dal primo momento che ti ho visto” le dissi passandole poi la mano sulle sue labbra rosse e morbide “Puoi perdonarmi? Puoi accettarmi per quello che sono e per il mio passato? Io non posso cancellare ciò che mi è successo ma posso provare ad amarti se me ne dai la possibilità” le chiesi spaventato di un suo eventuale rifiuto.

I suoi occhi si spalancarono mentre prendeva la mascherina e me la posava sul volto.

Così la smetti di dire stupidate” mi disse ridacchiando e asciugando ancora le lacrime che continuavano a scivolare dai miei occhi.

Le sorrisi prendendole la mano. La volevo vicino, volevo il suo contatto, volevo sentire la sua pelle.

Lei mi sorrise ancora prese le nostre mani intrecciate e le posò sul suo petto “Ascolta Edward. Ascolta il mio cuore. Sta battendo come un pazzo proprio come il tuo. E non mi importa nulla del passato ma solo del futuro... del nostro futuro assieme” e detto questo si chinò su di me e mi spostò la mascherina poggiando le sue labbra sulle mie.

Il nostro primo bacio.





Carlisle



Eravamo andati con Esme al bar. Non riuscivo a capire perché mi avesse chiesto un caffè dal momento che non lo beveva, ma l'avevo portata a prendere qualcosa ugualmente. Probabilmente era stanca come me e voleva distrarsi e rilassarsi qualche minuto. Ma sorprendentemente lei non accettò nulla da mangiare o da bere. Ero sempre più confuso.

Fu lì che ci raggiunse Charlie che stava cercando Bella.

Ciao cercavo Bella” ci disse guardandoci stupiti di trovarci entrambi lì.

L'abbiamo lasciata con Edward. Avevo bisogno di bere e mangiare qualcosa” rispose Esme stringendomi la mano per segnalarle di tenergli il sacco. Stetti in silenzio senza capire cosa stesse combinando e il perché del suo strano comportamento.

Lui annui tranquillo. Era una cosa logica in fondo... se lei avesse realmente preso qualcosa.

Vieni andiamo da loro.” dissi un po' infastidito e ancora un po' stupito dal comportamento illogico di mia moglie.

Quando fummo davanti alla stanza aprii la porta per entrare e sgranai gli occhi.

Bella era chinata su Edward lo stava baciando appassionatamente e cosa ancora più sorprendente lui stava ricambiando.

Richiusi subito facendo finta di niente per non interromperli e mi voltai a guardare Esme.

Lei sorrideva felice. Probabilmente aveva intuito tutto e per quel motivo mi aveva portato via con la prima scusa che gli era balenata in testa.

Donne... pensai mentre la guardavo sorridente.

Poi tirai un sospiro e guardai Charlie che mi scrutava stupito dal mio strano comportamento. Probabilmente si chiedeva perché non ero entrato e avevo richiuso la porta.

Charlie. Ti avevo fatto una promessa...” iniziai il discorso ridacchiando imbarazzato “Credo di doverti informare che …” non sapevo come continuare. Non volevo facesse una scenata in ospedale “Insomma... Edward e Bella...” cercavo le parole per dirgli la verità senza sconvolgerlo.

Lo vidi guardarmi, tirarsi un baffo assorto e sbuffare.

Ok. Ho capito. Sarà meglio che vada in ufficio” mi disse scuotendo la testa e andando via borbottando e ridacchiando fra se “Lo sapevo che alla fine l'avrebbe avuta vinta lei. Speriamo che almeno stia bravo per qualche tempo... ha sedici anni, solo sedici anni.”

Guadai Esme e scoppiammo a ridere insieme nel vedere come aveva reagito Charlie, poi bussai forte alla porta e aspettai cinque secondi prima di aprire.

Trovammo Bella seduta sul letto rossa in viso ed Edward sdraiato con la mascherina e le guance arrossate. Le loro mani erano ancora intrecciate.

Edward la mascherina fino a domani preferirei che la tenessi...sempre.” lo rimproverai bonariamente.

Lui mi sorrise diventando ancora più rosso.

In quanto a te Bella da domani puoi baciarlo quanto vuoi ma per oggi basta. Devo controllargli le medicazioni e poi deve riposare e quindi adesso vai a casa con Esme. I suoi fratelli saranno impazienti di avere notizie” gli dissi facendola arrossire ancora di più.

Lei si alzò e gli sorrise poi allungò la mano gli fece una carezza sul viso. “A domani Edward” gli disse.

Lui afferrò la sua mano e la tenne stretta facendole una carezza sul dorso.

Forza andiamo” disse Esme ridacchiando felice “Avete davanti tutta la vita.” chinandosi a baciare Edward sulla fronte.  








martedì 23 aprile 2013

Capitolo 79 La fine di un incubo

Capitolo 79 La fine di un incubo

Esme

Quando arrivammo in ospedale chiesi subito all'infermiera alla reception di Carlisle ma mi dissero che si stava occupando di un ragazzo ferito in una sparatoria.
Il ragazzo è mio figlio come sta?” chiesi sperando di ricevere buone notizie.
La vidi scuotere la testa. “Non so dirle nulla signora. Stanno ancora facendo tutti gli accertamenti ma se vuole aspettare là, c'è la sala d'attesa, vedrà che appena sa qualcosa il Dottor Cullen, che lo ha in cura, verrà da lei e le spiegherà tutto. Non si preoccupi suo figlio è in ottime mani” mi rispose gentile lei.
Evidentemente non sapeva che ero la moglie di Carlisle e che il ragazzo era nostro figlio. Ma aveva parlato convinta e sincera, anche se quello che mi aveva detto lo sapevo perfettamente. Edward era nelle mani migliori che potesse avere, quelle di suo padre.
Sospirai e insieme a Bella andammo nella saletta ad aspettare.
Dopo poco ci raggiunse Charlie “Esme hai notizie?” mi chiese venendo ad abbracciarmi.
Lasciai che mi tenesse stretta mentre Bella rispondeva la posto mio“No. Papà. Non ci hanno detto nulla. Tu sai niente?”gli chiese lei.
Lui scosse la testa. “Carlisle aveva paura che il colpo avesse danneggiato la colonna vertebrale. Mi ha detto che gli avrebbe fatto fare tutti gli accertamenti” rispose asciugandomi le lacrime con un fazzoletto.
Era cosciente?” gli chiesi spaventata.
All'inizio credo di si, se non ho capito male si sono parlati. Ma poi Carlisle l'ha sedato per tenerlo fermo” ci rispose facendomi sedere vicino a lui.

Il tempo non passava mai. Era quasi un ora che eravamo lì e nessuno si era fatto vedere. Poi la porta si aprì e vidi il mio amore entrare.
Mi alzai come una molla e gli corsi incontro.
Come sta Carlisle??” gli chiesi preoccupata con il cuore grosso e pesante.
Lo vidi sorridere con l'aria stanca “Si riprenderà Esme. Abbiamo fatto tutte le visite mediche e non ci sono lesioni” ci spiegò asciugandomi le lacrime e stringendomi a se.
Lo guardai, aveva gli occhi gonfi e stanchi ma sorridevano anche loro.
Cosa gli è successo?” sentii Charlie chiedergli.
Ha preso una botta molto forte, che gli ha intorpidito i nervi. Quando il gettone ha fatto da scudo al proiettile ha sbattuto con violenza contro le vertebre e si è formato un piccolo ematoma.” ci spiegò sempre senza lasciarmi. “Dovrà stare a letto fermo un paio di giorni, finché non si riassorbe, ma per Natale forse riusciamo a portarlo a casa.” ci disse baciandomi sulla fronte.
Possiamo vederlo?” gli chiesi.
Si. Adesso sta ancora dormendo. E' sotto l'effetto di alcuni calmanti ma presto dovrebbe svegliarsi” mi rispose.
Vai da lui Esme. Chiamo io i ragazzi per dargli la bella notizia”mi disse Charlie abbracciando Bella che era scoppiata a piangere.


Passai tre ore seduta vicino a lui. Carlisle veniva ogni tanto a controllare come stava poi riprendeva il suo lavoro. Dovevamo solo aspettare che si svegliasse.
Era disteso nel letto con gli occhi chiusi e la mascherina dell'ossigeno.
Carlisle mi aveva spiegato che non ne aveva particolarmente bisogno ma che faceva fatica a respirare a causa della botta. Sul collo un lungo cerotto e una fasciatura sul busto erano le uniche tracce di quanto successo.
Un braccio era legato alla paratia del letto e da questo partivano due flebo.
Iniziavo a innervosirmi avrebbe già dovuto svegliarsi da un po' ma continuava a dormire.
Poi all'improvviso lo vidi sbattere gli occhi. Mi avvicinai e gli feci una carezza sul viso “Ciao Edward” gli dissi dolcemente.
Lui mi guardò e mi sorrise. Si guardò il braccio legato con l'aria frastornata e allungò la mano libera per spostarsi la mascherina... voleva parlarmi.
Non ti agitare Edward. Devi stare fermo. Va tutto bene. Stiamo tutti bene. Sei tu che ci hai fatto spaventare.” gli dissi stringendogli la mano per tenerlo fermo e impedirgli di levarsela.
Papà ha detto che devi stare sdraiato da bravo e il più fermo possibile per ora” continuai vedendolo cercare di tirarsi su.
Stai sdraiato” gli intimò Carlisle entrato in quel momento accompagnato da Bella che aveva un cerotto sulla fronte e aveva aspettato per tutto il tempo che si svegliasse seduta su una sedia nel corridoio.
Edward sospirò rilassandosi e cercando nuovamente di levarsi dal viso la maschera.
Edward. Devi tenerla e stare fermo. Se fai il bravo nel giro di tre giorni torni a casa, altrimenti complichi la situazione.” gli spiegò Carlisle con pazienza.
Lo vidi fissare suo padre contrito e preoccupato.
Edward, ascoltami” gli dissi facendogli una carezza “E' tutto finito. Alice e Bella stanno bene e quell'uomo è morto. Non hai nulla da temere. Devi solo riposarti e ubbidire a tuo padre” gli spiegai nuovamente.
Quando starai meglio ti racconteremo tutto. Ma adesso devi solo stare calmo e sdraiato. Hai avuto fortuna, il gettone sulla tua schiena ha deviato il colpo e l'unica conseguenza è un ematoma che ti darà fastidio per un paio di giorni.” riprese Carlisle.“Quindi stai giù tranquillo e cerca di rilassarti” concluse il mio amore.
Lo vidi annuire e sorriderci.

Rimasi con lui qualche minuto tenendogli la mano libera finché lo vidi chiudere nuovamente gli occhi e appisolarsi. Un po' erano i residui dell'anestesia a farlo dormire, un po' sembrava avesse accettato di dover stare bravo ed era giunto il momento di... bhe la mamma non serviva più, pensai con un sorriso.
Ho bisogno di un caffè e di andare in bagno” dissi alzandomi e avvicinandomi a Carlisle che era rimasto per cambiargli la flebo e liberargli il polso visto che era tranquillo.
Bella per favore puoi restare qua e controllare che non faccia stupidate e che stia da bravo a letto?” le chiesi sorridendole e facendole cenno di avvicinarsi.
La vidi annuire sorridente.
Mi voltai, Edward si era nuovamente svegliato sentendo la mia voce e aveva gli occhi sgranati puntati su di lei.
Probabilmente non l'aveva vista in precedenza dal momento che era rimasta per tutto il tempo sul fondo della stanza a guardarlo da lontano in religioso silenzio, sicuramente per non agitarlo ulteriormente.
Carlisle mi guardò stupito aggrottando le sopracciglia“Ma...” fece per obiettare ma afferratolo per un braccio lo trascinai fuori dalla porta.
Fidati di me, andiamo” gli sussurrai.
Prima di uscire e chiudere la porta mi voltai e vidi che Bella si era seduta sulla sponda del letto e che i loro occhi allacciati rispecchiavano i loro sentimenti.
Non mi ero sbagliata. Avevano bisogno di stare soli.


Bella

Avevo lasciato Esme da sola con Edward. Io in fondo non ero nulla. Non ero sua sorella e nemmeno la sua ragazza.
Il mio corpo e il mio cuore gridavano di stare lì vicino a lui ma non ne avevo il diritto.
Charlie si era allontanato. Doveva stendere un rapporto e fare alcuni accertamenti. Era sicuro che presto avrebbe trovato anche i complici che accompagnavano il Mostro in quelle orrende scorribande.
Io invece mi ero fermata, mi ero fatta medicare la testa e non avevo alcuna fretta di andare a casa. Ero impaziente, sembrava che non si svegliasse più e mi sentivo impazzire seduta da sola nel corridoio. Stavo fuori su una scomodissima seggiola per non disturbare ma avevo le orecchie tese aspettando di sentire qualche voce provenire da dentro la camera.
Ogni tanto vedevo Carlisle entrare ed uscire, mi diceva che andava tutto bene e mi guardava con un sorriso affettuoso ed enigmatico. Probabilmente si chiedeva il perché fossi lì o quanto avrei resistito a stargli lontana. Ma non mi chiese mai nulla così come non m'invitò mai ad entrare. Forse aveva paura che stando con Esme alla fine iniziassimo a chiacchierare svegliandolo... o forse pensava che stessi solo aspettando Charlie.
Ma si sbagliava. Io stavo aspettando che Edward si svegliasse e intanto pensavo e riflettevo. Chissà se mi avrebbe voluto. Chissà come avrebbe reagito vedendomi. In fondo l'ultima volta che ci eravamo parlati era letteralmente fuggito da me. Ma quando aveva preso il posto di Alice mi era parso diverso, sicuro di se, e mi aveva sorriso come a dimostrarmi che qualcosa era cambiato in lui.
Speravo di non sbagliarmi, la paura di averlo perso mi aveva fatto capire quanto l'amassi e quanto fossi già legata profondamente a lui. Tremai al ricordo di quegli attimi e al pensiero che avevo rischiato di perderlo per sempre e poi sobbalzai. Avevo sentito la voce di Esme. Forse si era svegliato.
In quel momento vidi Carlisle arrivare e facendo finta di niente mi accodai a lui. Dovevo sapere.
Era sveglio e cosciente.
Lo vidi agitato, voleva parlare e muoversi ma i suoi genitori gli spiegarono che andava tutto bene e che doveva solo stare fermo e rilassarsi.
Vedevo il sorriso sul suo volto, gli occhi brillare mentre ascoltava le parole di sua madre. Probabilmente stava capendo di essere finalmente libero pensai guardandolo e rendendomi conto di quanto quegli occhi erano effettivamente bellissimi. Ora che erano vivi e lucidi di gioia erano uno spettacolo meraviglioso.
Lui guardava i suoi genitori sorridendo.
Probabilmente non si era accorto di me o non gliene importava nulla. Constatai dal momento che aveva occhi solo per sua madre.
Poi mi accorsi che si era addormentato di nuovo stringendo la mano a sua mamma. Probabilmente era l'ora di uscire e andarmene, io non servivo a nulla e lui neanche mi aveva visto.
Stavo per salutare Esme quando la vidi alzarsi e prendere uno stupito Carlisle per mano. Voleva andare in bagno e a bersi un caffè spiegò affidandomi Edward e sorridendomi complice.
Non capivo il perché, ma ero grata di poterlo vedere da vicino, di poter finalmente ammirare il sorriso che tanto mi stregava.
Mi avvicinai lentamente guardandolo negli occhi. In quei due pozzi verdi che si erano illuminati ancora di più.
E quello che vi vidi mi rasserenò.
Non c'era più paura e vergogna ma gioia e tranquillità e soprattutto c'era amore. I suoi occhi ridevano mentre si attaccavano ai miei guardandomi non come un amica o una scocciatura perenne, come avevano sempre fatto, ma come un qualcuno d'importante per lui.
Mi sedetti lentamente sul letto senza distogliere gli occhi e allungando una mano gli spostai una ciocca di capelli ramati dal viso.
La mia mano tremava, incerta. Avevo paura che si spostasse come aveva fatto tante volte. Ma lui rimase fermo e da sotto la mascherina lo vidi sorridermi mentre allungava la mano libera cercando di raggiungere il mio viso.
Mi abbassai e lui mi fece una carezza sulla guancia mentre dai nostri occhi iniziavano a colare lacrime silenziose e pesanti...



sabato 20 aprile 2013

Capitolo 78 Un tragico dubbio




Capitolo 78 Un tragico dubbio





Edward



Non riuscivo a respirare il colpo che avevo preso mi aveva levato il fiato e sentivo un dolore atroce alla schiena che m'impediva di muovermi.

Poi all'improvviso sentii l'aria entrare con forza nei polmoni e una voce conosciuta chiamarmi con delicatezza.

Facendo una fatica enorme riuscii ad aprire gli occhi.

Il volto sorridente di Carlisle coprì il mio campo visivo.

Volevo dirgli che stavo bene, volevo avere notizie di Alice e Bella. Non riuscivo a capire cosa fosse successo, dove fosse finito il Mostro. Lo avevo sentito schiacciarmi a terra quando il male mi aveva colpito come un maglio alla schiena. Ma non riuscivo a respirare bene ne a parlare. Credevo che mio padre mi avrebbe consolato, aiutato ad alzarmi ma invece mi chiese preoccupato di stringere i pugni.

Non capivo il perché me lo chiedesse, era la schiena a farmi male non le braccia.

Forza Edward, provaci” m'incitò e percepii chiaramente la paura nella sua voce.

Mi dovetti concentrare, avevo tantissimo male ma con uno sforzo di volontà riuscii a farlo. Serrai i pugni stringendo la sua mano con la mia per sentirlo vicino. Iniziavo ad avere paura, il dolore non passava, anzi stava aumentando.

Bravo così” mi disse sorridendomi stringendo a sua volta la mia mano con la sua e facendomi una carezza con l'altra.

Adesso devi muovere le gambe. Non devi cercare di metterti in piedi, devi muoverle solo un pochino” mi chiese dolcemente per infondermi coraggio.

Volevo ubbidire, e mi concentrai ma non le trovavo, non sapevo dove fossero.

Cercai di muovere la testa per cercarle con la vista, per capire dove fossero. E con orrore mi resi conto che loro erano fuori dal mio controllo. Non riuscivo a muoverle neanche di pochi centimetri, non riuscivo nemmeno a sentirle come se non appartenessero più al mio corpo e una paura terribile s'insinuò nel mio cuore mentre cercavo disperatamente di tirarmi su.

Stai fermo. Non ti muovere. Andrà tutto bene. Non ti agitare.” sentii dire da mio padre in risposta al mio tentativo di alzarmi sulle braccia e al panico affiorato sul mio viso.

Poi mi sentii pungere un braccio e tutto divenne sfuocato.







Carlisle



Mi aveva capito e aveva chiuso le mani. La parte superiore del corpo funzionava così come la sua mente. Gli chiesi allora di muovere le gambe mentre gli stringevo una mano per fargli coraggio. Volevo essere sicuro non ci fossero lesioni spinali, prima di medicarlo e trasportarlo in ospedale per accertamenti, ma con orrore mi accorsi che non ci riusciva. Le gambe non rispondevano ai suoi comandi.

Con terrore lo vidi iniziare ad agitarsi, si stava rendendo conto della situazione e cercava di muoversi, probabilmente di alzarsi. Ma facendo così rischiava solo di peggiorare il suo stato.

Aiutato dagli infermieri gli iniettai della morfina e mentre perdeva conoscenza, gli immobilizzammo la schiena e lo trasferimmo in ambulanza. Non c'era tempo da perdere, dovevamo capire dov'era la lesione e cercare d'intervenire prima che fosse troppo tardi prima che il danno fosse irreversibile.

E' grave Carlisle?” mi voltai, Charlie era vicino a me che osservava preoccupatissimo la barella con sopra Edward venire issata in ambulanza.

Mi ero dimenticato di lui e del mondo che mi circondava.

Non lo so. Se ha una lesione alla schiena potrebbe rimanere paralizzato. Dobbiamo fare dei controlli.” gli risposi professionalmente.

Puoi andare a casa ad avvisare Esme?” gli chiesi poi senza levare gli occhi dagli infermieri che stavano mettendo ad Edward una flebo e medicando il collo dal quale un rivolino di sangue continuava a colare.

No vengo con te. Devo fare i verbali. Ci penseranno Alice e Bella a informarla” mi sentii rispondere.

Per un attimo rimasi interdetto. Mi ero perso qualcosa “Alice e Bella?” chiesi stupito.

Lui sospirò “Si è stata Alice a sparare” mi disse indicandomi con una mano le due ragazze che stavano sedute poco distante abbracciate.

Cosa ci fanno loro qui?” gli chiesi sgranando gli occhi. Per quello che ne sapevo io dovevano essere a scuola...

Ti spiego per strada. Bella mi ha già raccontato tutto. E' stata un idea sua... ” mi rispose tristemente salendo con me in ambulanza.





Bella



Avevo visto arrivare Carlisle di corsa con l'ambulanza e occuparsi di Edward. Lo avevo osservato mettergli la maschera d'ossigeno e questo significava che il mio amore era ancora vivo. Il Mostro invece doveva essere morto perché il suo corpo era stato appena controllato da un infermiere e poi lo avevano coperto completamente con un lenzuolo bianco disinteressandosi a lui.

Ero contenta di aver visto giungere assieme all'ambulanza Carlisle. Lui avrebbe fatto tutto il possibile e l'impossibile per salvare il figlio.

Edward era in ottime mani e a noi non ci restava che continuare a pregare e sperare che riuscisse a salvarsi. Forse il colpo era stato deviato, forse la pallottola non gli aveva leso organi vitali. Non lo sapevo ma quando vidi partire l'ambulanza con la sirena spiegata tirai un sospiro di sollievo, forse c'era ancora speranza. Forse Alice aveva ucciso solo il mostro e non il suo gemello.

Non ci eravamo avvicinate. Alice piangeva disperata e non volevo vedesse il corpo del fratello coperto di sangue. La tenevo lontana, la confortavo dicendole che c'era una speranza, la coccolavo sperando che in qualche modo, visto il loro legame, la sua tranquillità arrivasse ed aiutasse Edward.

Infine lo vidi caricare in ambulanza e partire con la sirena spiegata.

Saimon, il secondo di mio padre si avvicinò.

Mi ha detto tuo padre di accompagnarvi a casa Cullen” mi annuncio con un sorriso triste sul volto.

Io annui. Alice aveva bisogno di andare a casa, non poteva andare in ospedale in quello stato. Lì saremmo state inutili, vista la presenza di Carlisle e di Charlie, mentre bisognava che qualcuno avvisasse Esme e i suoi fratelli dell'accaduto. Ma soprattutto a casa avremmo trovato Jasper e Alice un conforto migliore del mio.

Era vivo vero?” chiesi terrorizzata dalla sua risposta ma incapace di resistere. Dovevo sapere, dovevo poter continuare a sperare.

Nessuno ci aveva informato, non avevano avuto tempo da perdere per darci notizie e le mie speranze si basavano solo su quello che avevo osservato.

Si. Ma da quanto ho capito è stato colpito alla schiena e rischia la paralisi” mi disse lui abbassando gli occhi contrito.

Un nuovo singhiozzo di Alice mi fece capire che aveva sentito e realizzato.

Andiamo Alice” le dissi facendola alzare. Non serviva a nulla piangere anche se avrei voluto continuare per cercare di anestetizzare il dolore e la preoccupazione. Se fosse rimasto paralizzato... non poteva il destino essere così crudele non adesso che finalmente il suo Mostro era morto e lui era pronto a vivere.

Lo avevo visto nei suoi occhi. Alice mi aveva raccontato tutto e quando i nostri sguardi si erano incrociati in quel lurido magazzino vi avevo visto una luce diversa... una scintilla di vita.

E facendomi coraggio, dicendo che Edward aveva diritto a un po' di fortuna, condussi una distrutta Alice alla macchina di Saimon. Non me la sentivo di guidare, gli occhi erano troppo pieni di lacrime per farlo.

Lei mi seguì da brava pur continuando a piangere senza sosta. Non riuscivo a calmarla, a trasmetterle la mia voglia di lottare, così rinunciai cercando solo di confortarla sapendo che Edward avrebbe voluto questo da me.

Quando arrivammo a casa, vi trovammo oltre ad Esme anche i suoi fratelli che preoccupati dalla nostra sparizione erano corsi a casa con la speranza di trovarci lì.





Esme



Quando vidi la macchina della polizia fermarsi tirai un sospiro di sollievo. Charlie ed Edward erano tornati. In quanto ad Alice e Bella, ero sicura che c'era un motivo dietro la loro temporanea scomparsa. Erano due brave ragazze e sicuramente sarebbero tornate presto dandoci una spiegazione logica al loro comportamento.

I miei figli invece erano spaventati. Ma non c'era da stupirsi ormai qualsiasi cosa ci terrorizzava.

Quando vidi Alice e Bella scendere dalla macchina guidata da Saimon rimasi a bocca aperta.

Bella con la faccia sporca di sangue e gli occhi gonfi dal pianto aiutava Alice a camminare.

Lei sembrava un automa. Le mani strette sul volto e il corpo scosso dai singhiozzi.

In un attimo le raggiungemmo.

Jasper prese Alice fra le sue braccia e la portò dentro cercando di calmarla mentre Bella ci raccontava l'accaduto.

Quando mi disse quello che aveva fatto Edward e le sue condizioni fisiche mi sentii morire ancora una volta.

Vado in ospedale. Voi aspettate qua” dissi afferrando la borsa e precipitandomi a prendere un pigiama per Edward.

Quando ritornai vidi Alice piangere seduta in braccio a Jasper e Rosalie abbracciata ad Emmett.

Vengo con lei. Voglio parlare con mio padre. E poi continuo a sanguinare” mi disse Bella risoluta mostrandomi il fazzoletto sporco di sangue ormai rappreso.

Quella ragazza aveva un coraggio enorme pensai, poi mi corressi.

Amava Edward in maniera enorme, era logico che volesse venire per sapere come stava, non c'era bisogno di nascondersi dietro a pretesti. La ferita ormai non sanguinava più ma feci finta di nulla, non era certo questo il momento per farglielo notare e non toccava a me interferire nelle sue scelte.

Così mi limitai ad annuire e assieme a lei accompagnate da Saimon corremmo in ospedale.

martedì 16 aprile 2013

Capitolo 77 Un gettone miracoloso


Capitolo 77 Un gettone miracoloso





Charlie



Vidi Edward cadere a terra sotto il Mostro e mi voltai verso Alice.

Lei stava in piedi con gli occhi vitrei a guardare il gemello steso per terra, mentre il sangue iniziava a ricoprire le loro schiene.

La pistola fumante era ancora stretta fra le sue mani serrate in maniera spasmodica sul calcio.

Mi avvicinai a lei e le sfilai la pistola ancora calda “Lasciala Alice. Dammi la pistola. Questa non serve più.” le dissi dolcemente.

Lei aprii le mani ubbidiente e mi guardò, poi scoppiò a piangere nascondendo il volto sul mio petto.

L'abbracciai stretto un attimo poi mi scostai e andai a liberare Bella che perdeva sangue da un taglio sulla fronte.

“Come stai Bella?” le chiesi mentre la liberavo dalle corde che le stringevano le braccia e le gambe.

“Sto bene. Io sto bene. Non è niente ” mi rispose piangendo poi alzandosi andò ad abbracciare e confortare Alice che era rimasta in piedi a piangere senza avere il coraggio di guardare il gemello.

Le lasciai lì e corsi verso i due corpi riversi sul terreno circondati dai miei uomini.





Bella



Come fui libera mi precipitai ad abbracciare Alice. Non volevo guardare, non volevo dover ammettere che il mio amore era morto. Abbracciai sua sorella e iniziai a piangere disperata con lei. Poi mi feci coraggio e alzati gli occhi vidi i poliziotti che spostavano con circospezione il corpo del Mostro per liberare quello di Edward rimasto sepolto sotto di lui.

Mio padre li aveva raggiunti e stava piegato sui due corpi che giacevano coperti di sangue mentre i medici dell'ambulanza che erano accorsi stavano facendo i primi accertamenti.

“L'ho ucciso Bella. Ho ucciso Edward. Io non volevo. Io non sapevo. Volevo uccidere quel mostro, non potevo permettere che facesse del male nuovamente a mio fratello. ” mi diceva Alice piangendo avvinghiata a me “ Lui doveva morire. Non volevo lo portasse via, che gli facesse nuovamente male... lui doveva morire. Io non volevo uccidere mio fratello... io non sapevo... io credevo che avrei ucciso solo il Mostro... Edward no...” mi ripeteva senza sosta, senza pace, con i singhiozzi che la facevano tremare mentre le lacrime si univano alle mie.

“Alice... cerca di calmarti, forse c'è una speranza, forse non è morto.” le mormorai costringendola a voltarsi e a guardare la scena.

Forse non tutto era perduto. Forse le mie preghiere sarebbero state esaudite, forse il mio amore sarebbe sopravvissuto.

E stringendo forte a me sua sorella, continuai a pregare quel Dio che era stato sordo ai pianti di Edward da bambino ma che forse finalmente si era deciso ad intervenire.





Carlisle



Ero in ospedale. Ero stanco. Il giorno precedente era stato massacrante emotivamente e fisicamente ma non potevo non presentarmi al lavoro. Per fortuna era una giornata tranquilla di sole visite senza operazioni o problemi particolari. Non ce l'avrei fatta altrimenti.

Esme mi aveva telefonato raccontandomi che Edwrad aveva dormito tranquillo fino a mezzogiorno e di questo ero veramente felice.

Non avevamo risolto tutti i suoi problemi, ma se si fosse sentito normale forse avrebbe accettato di convivere con il suo passato.

Per il momento non potevamo fare altro per lui ma finalmente avevo la speranza di vederlo stare meglio.



Ero al Pronto Soccorso a parlare con un collega per un mio paziente quando Esme mi telefonò nuovamente sul cellulare.

Era preoccupatissima. Non solo Charlie aveva costretto Edwrad a rivivere quello spiacevole episodio ma l'aveva convinto a seguirlo al Luna Park dove ormai aveva la sicurezza si nascondesse il Mostro.

Rimasi ad ascoltarla spaventato e addolorato del racconto. Edward aveva rincontrato quella bestia ed era fuggito nel bosco per proteggerci. Finalmente anche l'ultimo mistero era stato chiarito . Ma ero terribilmente spaventato dal fatto che Charlie se lo fosse portato dietro.

Capivo che poteva aver bisogno di lui, ma Edwrad non stava bene con quello che aveva passato il giorno prima, e metterlo di nuovo davanti ai suoi incubi avrebbe potuto essere pericoloso per entrambi.

Avevo appena messo giù quando senti la chiamata per un ambulanza verso il Luna Park.

Non ci pensai un attimo e dopo aver parlato brevemente con il medico di turno, presi il suo posto.

Quando arrivammo i poliziotti avevano circondato la zona allontanando i curiosi ma a noi, ovviamente, ci fecero passare veloci.

Riconobbi Charlie che con il volto vitreo era inginocchiato vicino a un corpo.

“Charlie” gridai pensando fosse ferito.

Lui alzò la testa e mi guardò triste “Mi spiace Carlisle. Non ho potuto fare nulla.” mi rispose.

Abbassai gli occhi e vidi che il corpo che vegliava era quello di Edward steso a pancia in terra privo di conoscenza e con la schiena nuda ricoperta di sangue.





Non persi un attimo.

Posai le dita sul collo e con un sospiro di sollievo sentii il suo cuore battere lentamente. Era vivo! Edward era vivo a dispetto del sangue che lo ricopriva. Senza perdere tempo iniziai a ripulirlo per cercare la ferita e fermare quella che pensavo fosse una spaventosa emorragia, mentre con terrore mi rendevo conto che stava facendo fatica a respirare normalmente.

Presi la bombola di ossigeno che l'infermiere mi porgeva e gli misi la mascherina per aiutarlo. Poi riportai la mia attenzione alla sua schiena. Era tutto sporco di sangue ma con un sospiro di sollievo constatai che non era tutto suo.

Al centro appoggiato alla spina dorsale, dove l'aveva lasciato il mostro, il suo ciondolo era spaccato e schiacciato.

Il proiettile fuoriuscito indebolito dal corpo del Mostro era andato a impattare su di esso ed era schizzato lontano. Il ciondolo, segno della schiavitù di Edward, per ironia della sorte, aveva protetto il corpo del mio figliolo impedendo al proiettile di frantumargli la spina dorsale e ledere organi interni.

Infatti sulla sua schiena c'era solo un lungo e superficiale taglio orizzontale prodotto dal proiettile deviato. Il sangue apparteneva a Mark che gli era caduto sopra.

Ma l'impatto doveva comunque essere stato fortissimo... traumatico.

Mi chinai e dolcemente iniziai a chiamarlo “Edward. Rispondimi.” gli dissi accarezzandogli il volto mentre bloccavo gli infermieri che volevano voltarlo.

“Fermi. Potrebbe avere delle lesioni alla schiena per il contraccolpo” dissi loro.

Lo vidi sbattere gli occhi e aprirli.

“Edward. Stringi i pugni” gli chiesi terrorizzato da quello che poteva essere accaduto.

Se nell'impatto qualche vertebra si fosse frantumata, avrebbe potuto rimanere paralizzato per sempre.

giovedì 11 aprile 2013

Capitolo 76 Un tragico epilogo



Capitolo 76 Un tragico epilogo



Edward



Charlie mi aveva detto di aspettarlo, ma io non avevo ubbidito.

Dovevo vincere le mie paure altrimenti avrei vissuto per sempre con esse.

Lentamente presi coraggio e lo seguii. Quando entrai nella stanza vidi Charlie con le mani in alto, Bella legata rannicchiata per terra e mia sorella nelle mani del Mostro.

Le sue parole mi colpirono e mi ferirono mentre un brivido gelato mi scivolava lungo la schiena nel vederlo leccarle il collo con lo sguardo lussurioso.

Non poteva fare del male ad Alice. Non lo potevo permettere. L'avevo sempre protetta e anche adesso ero disposto a tutto pur di salvarla.

Sapevo che mi voleva, che mi desiderava, e speravo che avrebbe accettato uno scambio.

Io avevo già provato cosa significava, in qualche modo ero già sporco, già macchiato in maniera indelebile da lui.

Lei no, lei era pura e innocente ed io non avrei mai permesso che Lui le facesse del male e la rovinasse come aveva fatto con me. Meglio ripiombare nel mio incubo che sapere che Lui aveva posato le sue luride mani su di lei.

Così, freddo e determinato, deciso a salvarla e a proteggerla come avevo sempre fatto, gli dissi “Lasciala andare è me che cerchi. Eccomi sono qua!”.

Lo vidi strabuzzare gli occhi e guardarmi esterrefatto mentre Bella urlava il mio nome terrorizzata dal vedermi lì sapendo quello che lui mi voleva fare “Edward noo!”

Sei proprio tu?? Sei il mio Edward?” mi chiese lui cercando di riconoscere nel ragazzo che aveva davanti il bambino che aveva violentato.

Si sono proprio io” gli dissi “Guarda, sono qua.” proseguii mentre lentamente mi sfilavo la felpa e la maglia.

Il mio petto ferito e rovinato dalle cicatrici che lui mi aveva inflitto apparse nella debole luce della lampada appesa al soffitto di quel angusto magazzino, mentre il ciondolo che mi aveva messo al collo spiccava sulla mia pelle pallida.

Si, sei proprio tu. Non mi posso sbagliare. Sei cresciuto ma sei il mio Edward.” mi sorrise estasiato.

Lasciala andare. Lascia andare la mia gemella. Prendo io il suo posto. Avrai me e ti prometto che questa volta non mi ribellerò, ti seguirò da bravo e potrai fare di me quello che vuoi… ma lascia andare mia sorella... ti prego” gli chiesi dolcemente facendo un passo avanti.

Edward No!! Non lo fare.” mi urlò Charlie spaventato dalle mie parole e dalle conseguenze che potevano esserci.

Ma nessuno e niente mi avrebbe fermato. Dovevo salvare Alice, ero vissuto tutti questi anni solo con quello scopo e incurante di Charlie e dei singhiozzi di Bella, mi avvicinai a lui.

Lo vidi sorridere soddisfatto mentre sbatteva via Alice per terra e mi afferrava stringendomi al suo petto e posandomi un braccio sotto le spalle per immobilizzarmi. Era forte e il suo odore mi colpì pesantemente, non era cambiato. Il mio incubo stava tornando. Non ero mai stato libero e adesso ciò di cui avevo terrore si sarebbe avverato.

La lama del suo coltello si appoggiò fredda al mio collo mentre l'altra mano afferrava il ciondolo che lui mi aveva legato al collo prima di lasciarmi singhiozzante vicino al corpo di mia madre.

Sei stato bravo. Lo porti ancora... sei stato un bambino ubbidiente. ” disse osservandolo poi me lo fece girare sulla schiena mentre posava un dito sulla cicatrice all'altezza della gola.

Lentamente, languidamente iniziò a percorrerla verso il basso entrando nella cintola dei miei pantaloni e accarezzandomi la mia intimità.

Appoggiato a lui, immobilizzato dal suo braccio e dalla paura, il coltello premuto contro la mia carotide, lo lasciai fare sforzandomi di stare fermo, di staccare la mente da quello che sapevo sarebbe successo dopo, d'isolarmi e non pensare, mentre un gemito di puro terrore mi scivolava dalla bocca per quel contatto così temuto.

Ti piace che ti tocchi Edward? Sono sicuro di sì. All'epoca eri troppo piccolo per capire ma adesso ti farò provare piacere, ti prenderò nuovamente... dopo sarai di nuovo mio. Ma adesso dobbiamo uscire di qua e quando saremo nel bosco manterrai la tua parola e farai il bravo... vedrai sarà divertente, ti farò nuovamente urlare e alla fine ti farò diventare ciò che so eri destinato ad essere. La mia puttana. E se farai il bravo e ubbidirai facendomi divertire ti lascerò vivo... almeno per un po'.” mi disse spingendomi verso la porta.

Non risposi. Avevo la gola secca, il cuore che batteva forte. Ero terrorizzato dalle sue parole. Sapevo già cosa mi aspettava e quali erano i suoi progetti e sapevo anche che li avrebbe attuati se fosse riuscito a fuggire con me prigioniero. Ma lo assecondai. Lui non doveva fare male ad Alice e non avrei mai permesso che toccasse nemmeno Bella. Voleva passarla ai suoi complici ma se avesse avuto me si sarebbe scordato di entrambe. Sarebbero state salve. Ma non volevo che vedessero ciò che mi avrebbe fatto. Loro dovevano rimanere innocenti. Nessuno doveva sapere ciò che mi aspettava, nessuno doveva assistere alla distruzione della mia anima e del mio corpo. Lo avrei assecondato , lo avrei seguito sperando che mi portasse lontano, poi avrei cercato di farlo infuriare sperando che mi uccidesse rapidamente come aveva fatto con gli altri ragazzi e i miei genitori.



Mark stando attento a non dare le spalle a Charlie si portò sull'uscio sempre stringendomi davanti a se, sempre il coltello premuto sulla mia gola.

Fermo. Lascia andare il ragazzo” urlò Saimon il vice di Charlie.

Davanti a noi schierati a semicerchio diversi poliziotti con le pistole in pugno ci aspettavano pronti a fare fuoco. Ma Mark nella sua lucida pazzia sapeva che avrebbero prima colpito me, sapeva che finché mi avesse tenuto davanti come scudo nessuno avrebbe osato sparare. E Charlie dietro di lui era disarmato. Una mossa repentina, un gesto sbagliato da parte sua e Mark mi avrebbe sgozzato senza alcuna remora.

Era capace di uccidere freddamente e lo aveva già ampiamente dimostrato.

Li aveva tutti in pugno. Sapeva che nessuno avrebbe osato fermarlo, era un pazzo ma un pazzo lucido e furbo.

Gettate le armi a terra ben lontane o uccido il ragazzo” gridò il mio aguzzino premendo maggiormente il coltello sulla mia gola.

Un rivolo di sangue iniziò ad uscire, macchiandomi il petto nudo, mentre la lama tagliava superficialmente la mia pelle.

Insieme avanzammo di qualche passo, mentre i poliziotti abbassavano le armi, quando sentii un urlo provenire da dietro “Alice noooo!” poi una fitta alla schiena mi levò il fiato mentre crollavo a terra sotto al mio aguzzino.





Charlie



Aveva preso Alice ed ero stato costretto a buttare la pistola che lui aveva nuovamente preso a calci mandandola a ficcarsi sotto una maledetta poltrona distante da me.

Con le mani in alto stavo pensando a come fare per liberare la mia piccola Alice quando vidi Edward avanzare sicuro.



Lo guardai smarrito e spaventato ma con sorpresa mi ritrovai a fissare non più un ragazzo spaventato ma un uomo sicuro di se.

Con una freddezza spaventosa, con la sicurezza dettata da chi non importa nulla della propria vita, con un sorriso che rispecchiava l'amore per la sorella, prese il posto di Alice.

Gli gridai di no, ma senza neanche rispondermi si lasciò afferrare dal quel mostro.

Con orrore vidi la mano di quell'uomo afferrargli il ciondolo e poi ripercorrergli la cicatrice fino a sparire nei suoi pantaloni.

Lo sentii gemere appena mentre la paura affiorava nuovamente sul suo viso. Ma non si ribellò, lasciò che quell'uomo lo portasse fuori con lui.

Era rassegnato a subire il suo destino, glielo leggevo negli occhi ma non l'avrei mai permesso.

Sapevo che ad aspettarlo c'erano i miei uomini e sentii l'intimazione di Saimon.“Fermo. Lascia andare il ragazzo”

Distratto lo vidi darmi le spalle e mi preparai a balzargli addosso. Dovevo provarci, dovevo salvarlo. Non potevo permettere che facesse nuovamente del male ad Edward.

Stavo per scattare sperando di riuscire a disarmarlo prima che gli tagliasse la gola quando sentii Alice appoggiarsi alla mia schiena.

Con una mossa fulminea mi estrasse la pistola di riserva dalla cintola e sparò senza esitazioni alla schiena del Mostro a pochi passi da noi centrandola in pieno .

Cercai di fermarla “Alice noooo!” ma era troppo tardi e con orrore vidi i corpi di entrambi accasciarsi per terra uno sopra l'altro.

Lei non poteva sapere che una pallottola può trapassare più corpi umani specie se sparata così vicino al bersaglio.

Lei non poteva sapere che sparando non aveva colpito e ucciso solo Mark ma anche il proprio gemello.







Alice



Edward era venuto a salvarmi. Ero ancora sotto shock per quello che mi aveva fatto, per quello che voleva farmi.

E quando mi scaraventò a terra per prendere il mio gemello rimasi lì grata di essere salva ma terrorizzata dalle sue parole e intenzioni.

Alzai lo sguardo e lo vidi accarezzare Edward come pochi secondi prima aveva accarezzato me. Il ricordo dell'orrore provato si fuse, con il suo volto spaventato e con il gemito che gli sfuggì dalla bocca.

E la rabbia esplose incontrollata e incontrollabile.

Lui era il responsabile della morte dei miei genitori, il responsabile del dolore che aveva torturato Edward tutti questi anni, il responsabile delle sue paure e del mio soffrire per la situazione.

Non potevo permettere gli facesse nuovamente del male, non potevo permettere che la passasse liscia per il dolore che ci aveva procurato, che continuasse a tormentarci nei nostri incubi, che uccidesse l'anima di Edward una seconda volta come aveva ucciso tutti quei ragazzi negli anni.

Lui doveva morire!

Mi tirai su incurante delle conseguenze e vidi, dalla giacca di Charlie alzata sulla schiena, spuntare la pistola di riserva che teneva in vita.

Mi avvicinai silenziosamente a lui come un gatto, nascosta dal suo corpo alla vista di Mark, e come il Mostro si distrasse con gli altri poliziotti dandoci la schiena un attimo, l'afferrai e incurante dell'urlo di Charlie feci fuoco.



Avrei ucciso quell'assassino e avrei salvato Edward.

Finalmente saremmo stati liberi.

Ma con mia enorme sorpresa sentii una fitta al cuore mentre vedevo il mio gemello cadere a terra senza un lamento.

E capii...

Capii che l'avevo ucciso assieme al suo incubo.



Lui che aveva cercato la morte, e che ora forse avrebbe accettato la vita grazie al suo amore per Bella, era infine morto per mano mia, per mano della persona per la quale era vissuto controvoglia tutti questi anni.

martedì 9 aprile 2013

Capitolo 75 Gemelli anche nel destino


 

Capitolo 75 Gemelli anche nel destino (raiting rosso)

Bella

A suonare e a riportarmi alla realtà era stato il mio cellulare.
Ero seduta in un angolo per terra, le mani e i piedi legati .
In piedi a poca distanza da me c'era Alice.
Appoggiata alla parete stava piangendo. Di fronte a lei un uomo grande e grosso, che supponevo fosse il Mostro, la stava accarezzando languidamente.
Sei bellissima, non pensavo che potesse piacermi così tanto una femmina” le diceva baciandole il collo e le spalle che aveva scoperto abbassandole la maglia.   “Sai non devi avere paura. Sei tanto bella che magari posso anche non ucciderti. Tu non sei Lui, ma gli assomigli tantissimo, sei quasi identica. Presto lo troverò ma tu sei bella quasi quanto lo era il mio ragazzo. Sai era stupendo da scopare, non ho mai più trovato nessuno così bello. E i suoi occhi poi... Non ho mai visto un verde così. E quando piangeva sembrava quasi brillassero. Ma tu sei stupenda quasi quanto lui. Hai gli occhi più chiari ma lo stesso sorriso e lo stesso viso angelico ” e le sua voce era arrochita dal desiderio mentre cercava di spogliare la mia amica.
Lei era completamente incapace di difendersi. Lo guardava con gli occhi dilatati dal terrore.
Lasciala stare bestia” gli gridai, con tutta la rabbia che avevo in corpo.
Lui si girò verso di me ridacchiando “Non essere gelosa. Sei molto carina anche tu, ma non sei il mio tipo. Quando avrò finito con lei, magari se avrò voglia soddisferò anche te o ti passerò ai miei amici. A loro piacciono le belle ragazze come te. Vedrai ti faremo urlare dal piacere. Lui ha urlato e pianto tanto. E anche gli altri ragazzi lo fanno sempre.” mi rispose iniziando ad aprire i jeans ad Alice.
Stai ferma gattina. Non provare a scappare. Non costringermi a farti del male come agli altri. Sai, se non stai brava sarò costretto a legarti e poi a ucciderti. Tu non sei Lui.” le grido tirandogli un ceffone.
Lei aveva provato ad allontanarlo. “Non mi fare del male ti prego. Non farmi quello che hai fatto ad Edward” iniziò a pregarlo disperata.
Lui si fermò stupito e sconvolto dalle sue parole.
Edward? Tu conosci Edward? Tu conosci il mio Edward?” le chiese bloccandole le mani sopra la testa con un nuovo interesse nella voce.
Lui è il mio gemello” scoppiò a piangere lei.
Ah,  adesso capisco perché sei così bella. Ecco perché gli assomigli tanto. Lui era stupendo, un corpo fatto per essere scopato. Magari anche tu sarai alla sua altezza. Non l'ho più trovato, dopo che mi è fuggito l' ultima volta, non l'ho più rincontrato, nessuno era bello come lui. Nessuno meritava di salvarsi. Ma tu... tu sei talmente simile...” disse infilando la sua mano dentro i pantaloni di Alice.
Ti prego. Non mi fare del male. Non mi toccare. Lasciami andare... ti supplico” l'implorò ancora lei.
La sua risata rimbombò forte, profonda e odiosa a ricordarci che eravamo nelle sue mani.
Sei piatta, sei come diventerà lui quando lo troverò. E sei asciutta, come lo era lui. Devo bagnarti” lo sentii dire mentre prendeva un dito e se lo infilava in bocca.
Poi lo fece scivolare sotto gli slip di Alice.
Lei sussultò e cerco di dimenarsi.
Ferma piccolina” gli intimò.
Fermati tu. Alza le mani. Sei in arresto” La voce fredda, dura e professionale di Charlie mi sembrò in quel momento la cosa più bella che avessi mai sentito.
Il mio papà era arrivato a salvarci.

Alice

Stavo vivendo in un incubo. Ero precipitata in uno degli incubi di Edward. Quell'uomo, quella bestia, il Mostro di Natale ci aveva prese e voleva violentarmi.
Provai a pregarlo, provai a divincolarmi, ma lui era troppo forte.
E mentre le pronunciavo mi resi conto che erano le stesse suppliche che urlava Edward di notte, le stesse preghiere che non lo avevano fermato.
Mi avrebbe preso come mio fratello.
Quando il suo nome sfuggì dalle mie labbra, lo vidi passarsi la lingua sulle labbra e accendersi di passione.
Si ricordava di lui, lo bramava e lo voleva. Io e tutti gli altri ragazzi non eravamo che sostituti.
Lui lo cercava da anni, lo voleva, lo desiderava, Edward non si era sbagliato. Il terrore provato era reale, non frutto della sua mente come avevamo sempre pensato, e adesso sarebbe diventato anche il mio perché avrebbe preso anche me, la sua gemella.
Il suo dito bagnato si appoggiò sulla mia intimità ed io cercai di scappare.
Lui mi immobilizzò ed io pensai che ero ormai nelle sue mani, che nessuno mi avrebbe potuto salvare, quando la voce di Charlie risuonò forte e decisa “Fermati tu. Alza le mani. Sei in arresto”.

Charlie
Avevo ordinato ad Edward di stare fermo e di aspettarmi. Non lo volevo tra i piedi, sarebbe stato solo un pensiero in più. Non potevo rischiare che avesse una crisi di panico in un momento così delicato. E presto sarebbero arrivati i rinforzi, avevo avvisato dove mi stavo infilando. Se tutto andava bene lo avrei sorpreso e arrestato senza problemi... altrimenti...
Altrimenti sarei stato nei guai io e non Edward. Lo avevo promesso ad Esme, non doveva capitare nulla a quel ragazzo.
Con la pistola in mano m'infilai nel corridoio cercando una porta o un segno di vita.
In silenzio, il cuore che batteva agitato ma controllato da lunghi anni di esperienza, m'inoltrai in quel luogo sconosciuto.
Vidi un bagliore dietro ad una porta e l'aprii cautamente.
E i miei occhi si dilatarono dalla paura e dalla rabbia.
La mia Bella era seduta in un angolo legata e un uomo imponente teneva schiacciata al muro Alice che piangeva.
In un attimo registrai la situazione e gli intimai di fermarsi.
Avevo finalmente trovato il Mostro di Natale!

Pensavo si sarebbe fermato e arreso di fronte alla mia minaccia ma lui con uno scatto velocissimo e imprevedibile afferrò Alice mettendosela davanti a fargli da scudo, mentre dalle sua vita tirava fuori un coltello e lo appoggiava alla gola della piccina.
Fermo tu sceriffo, se non vuoi che la sgozzi come un maiale” mi sibilò con rabbia.
Rimasi immobile, gelato. Le mani con la pistola tese verso di lui, mentre lo sentii ridere. Era pazzo, completamente pazzo, constatai terrorizzato.
Butta per terra la pistola Sceriffo. Butta la pistola e allontanala con un calcio verso di me o la sgozzo davanti a te. Sai che ne sono capace vero?” m'intimò sicuro di se, altezzoso, certo che mi sarei arreso.
Guardai Alice per vedere se mi avrebbe aiutato ma era completamente in palla. Se non avessi ubbidito l'avrebbe sicuramente uccisa, e non potevo permettermelo. Non volevo che facesse male alla mia piccola Alice.
Lentamente abbassai la pistola per terra e la allontanai come voleva lui. “Va bene ma lascia andare la ragazza” gli dissi cercando di mostrarmi sicuro di me.
Sapevo che là fuori da qualche parte c'erano i miei uomini ad aspettarlo... se avesse lasciato le ragazze... ma ero un illuso.
Lui era furbo, lo aveva dimostrato in tutti quegli anni in cui era riuscito a beffare la polizia e sempre tenendo Alice ben stretta iniziò ad avviarsi verso un altra uscita.
Stai tranquilla Alice. Finirà tutto bene” le dissi per cercare di tenerla tranquilla, potevo vedere dalla sua gola iniziare a uscire un rivoletto di sangue dove il coltello aveva lacerato la sottile pelle.
Si bellezza, adesso ce ne andremo. Lo Sceriffo ci farà andare via e noi ci divertiremo più tardi” le disse lui ridacchiando e posandole la bocca sul collo dandole una lunga leccata senza levarmi gli occhi di dosso con l'intento di sfidarmi e dimostrarmi quanto era sicuro.
Io fremetti di rabbia impotente di fronte a quella scena e al terrore per quello che voleva farle.
In quel momento una figura apparve dalla porta dove ero passato io.
Lasciala andare è me che cerchi. Eccomi sono qua!” e la voce non era più quella di un ragazzo spaventato ma di un uomo disposto ad affrontare il suo destino.






sabato 6 aprile 2013

Capitolo 74 La situazione precipita


Capitolo 74 La situazione precipita



Bella



Con Alice lasciammo la scuola di nascosto un ora prima della pausa per il pranzo senza dare spiegazioni a nessuno dei suoi fratelli. Se lo avessero saputo ci avrebbero bloccato e noi invece volevamo andare in fondo alla faccenda. Due ragazze non avrebbero suscitato alcun sospetto e il Luna Park era pieno di ragazzi che marinavano la scuola.

Era una insolita bella e calda giornata di Dicembre e come previsto altri studenti che avevano saltato la scuola si muovevano assieme ai nonni e bambini piccoli fra i giochi.

Non sapevamo da dove iniziare. Così ci avviammo vicino a degli autoscontri e comprammo due gettoni. Alice li studiò un attimo e poi scosse la testa “Sono diversi” mi disse facendomi notare come questi fossero lisci e senza scanalature.

Lei conosceva molto bene quello del gemello. Malgrado non sapesse da dove provenisse, né perché lo portasse al collo se lo ricordava con nitidezza. Troppe volte da bambino lo aveva vestito e cambiato per sfuggirle un simile particolare.

Per non insospettire il gestore ci facemmo il giro sull'attrazione facendo finta di divertirci, poi cambiammo gioco.

Iniziavo a pensare che la mia teoria fosse sbagliata, nessun gettone era simile a quello di Edward, quando finalmente comprammo il gettone per andare nella Casa delle Streghe.

La vidi sgranare gli occhi e poi agitata sussurrarmi “E' questo ne sono sicura.”

Il gettone era uguale a quello che Edward portava intorno al collo mi spiegò emozionata.

Ci guardammo in giro all'improvviso agitate e spaventate. Il proprietario ci stava sorridendo con pazienza e con un sorriso divertito sulle labbra, si aspettava ovviamente che salissimo.

Dobbiamo salire Bella. Altrimenti qualcuno potrebbe insospettirsi” mi sussurrò Alice guardandosi intorno sospettosa.

Purtroppo aveva ragione ma per una volta quell'attrazione così infantile mi sembrò paurosa sul serio.

Con un sorriso forzato e le gambe che avevano iniziato a tremare ci sedemmo sul vagoncino e infilammo il gettone.

Esso partì subito portandoci in una galleria buia. A velocità che sembrava sostenuta fra lievi salite, discese e svolte improvvise, comparivano all'improvviso fantasmi e zombi, ragnatele e luci che illuminavano coltelli insanguinati.

Normalmente avrei riso di quello spettacolo puerile ma in quel momento mi sembrava tutto terribilmente reale e terrorizzante. Le strinsi la mano mentre la sentivo sussultare vicino a me esattamente come facevo io.

Ci stavamo facendo portare dall'immaginazione. Sapere che quel posto era in qualche modo connesso agli incubi di Edward, al suo tragico passato, ci faceva sussultare come se tutto fosse reale. Le nostre mani sudavano mentre pipistrelli di plastica apparivano nel buio con le zanne insanguinate o coltelli tinti di vernice rossa apparivano nelle mani di mostri inesistenti.

Il mio cuore batteva furioso come se da quelle gallerie nere come la pece potesse all'improvviso comparire quel Lui che aveva distrutto fisicamente ed emotivamente il nostro Edward.

Poi all'improvviso il vagoncino si fermò bruscamente all'interno del gioco. Il buio completo e un silenzio di tomba ci avvolse mentre dall'alto un pipistrello fluorescente di plastica ci fissava con un ghigno maligno.

Bella, che facciamo?” il respiro veloce di Alice e la sua agitazione erano lo specchio della mia.

Magari riparte” sussurrai tendendo l'orecchio a ogni singolo rumore mentre il cuore batteva a mille. Non sapevo cosa risponderle. In fondo eravamo dentro un attrazione del Luna Park non nella tana del Mostro di Natale.

Non sapevo quanto mi stavo sbagliando.

Bellaaaaaa” l'urlo di Alice mi lasciò disorientata mentre qualcosa strappava la sua mano dalla mia.

Aliceeee” urlai terrorizzata, incapace di capire cosa stesse succedendo, girandomi attonita alla ricerca della mia amica. Ma fu solo un attimo poi qualcosa di forte mi colpì alla testa facendomi perdere i sensi e cadendo dentro un tunnel buio e vuoto che m'inghiotti verso la realizzazione dei nostri incubi.



Edward



Quando entrai nel parco giochi il mio cuore iniziò a battere all'impazzata. I ricordi riaffiorarono decisi e dolorosi. Seguivo Charlie ma non lo vedevo. La mia mente era ritornata a quel pomeriggio, quando ero fuggito dal Mostro in preda al panico.

Mi sembrava di sentire la sua voce dietro ad ogni angolo, mi sembrava di vederlo appoggiato ad ogni gioco.

Tremavo e sussultavo a qualsiasi contatto fortuito avuto con chi passava vicino a me.

Edward stai calmo.” mi disse Charlie guardandomi preoccupato. Non dovevo avere una bella cera e probabilmente aveva paura di un mio attacco di panico.

Sto bene” gli risposi a denti stretti cercando di calmare il mio cuore e riprendere il controllo di me stesso. Ero in sua compagnia, lui era armato e non ero più un ragazzino indifeso. Dovevo calmarmi e ragionare con calma, essere freddo e lucido per poterlo aiutare. Nessuno doveva più subire quello che avevo passato. Dovevamo fermarlo, dovevamo fermare il Mostro di Natale e trovare la sua tana prima che facesse del male a qualche  altro ragazzo.

Ricordi nulla?” mi chiese scrutandomi attentamente preoccupato.

Non riuscivo a respirare, mentre mi guardavo in giro a cercare quel lurido posto nel quale Lui, Mark, il Mostro di Natale mi aveva trascinato con l'inganno.

Vieni seguimi e guardati intorno. Ma stai tranquillo ci sono io con te. Non ti succederà nulla.” mi disse afferrandomi il braccio mentre con l'altra parlava alla radio “ho chiamato rinforzi. Arriveranno subito” mi spiegò per tranquillizzarmi.

Stavo camminando guardandomi in giro, cercando di ricordare, grato della presenza di Charlie che mi impediva di scappare ancora una volta, quando all'improvviso una fitta alla testa e al petto mi immobilizzò e mi costrinse a piegarmi a metà dal dolore. Charlie se ne accorse subito e si bloccò spaventato.

Che hai Edward? Stai male? Che cosa ti succede?” mi chiese preoccupato e stupito al contempo.

Alice. E' successo qualcosa ad Alice. Lei sta male.” soffiai fuori consapevole di dove derivasse il dolore forte e conosciuto  che sentivo perforarmi il petto e la testa.





Charlie



Era un pericolo portarsi dietro Edward. Se avesse avuto una crisi di panico non lo avrei saputo gestire, ma dovevo trovare quell'individuo prima che facesse male o uccidesse qualche altro ragazzo. Le possibilità che avesse già catturato qualcuno e che si stesse divertendo con lui erano troppo alte per indugiare ancora.

Ed Edward sapeva dove si rintanava.

Ero preoccupato, sapevo che era un azzardo, e consapevole dello sforzo che stava facendo per dominarsi lo vedevo tremare e sussultare a qualsiasi contatto fortuito o a qualsiasi rumore inaspettato. Ma sembrava resistere fino a quando all'improvviso lo vidi immobilizzarsi e piegarsi su se stesso per il dolore.

Era diventato all'improvviso pallido e con la voce di un fantasma mi rispose “Alice. E' successo qualcosa ad Alice. Lei sta male”.



Immediatamente presi il cellulare e telefonai a Bella. Loro dovevano essere assieme a scuola, magari mi avrebbe spiegato cosa stava succedendo e avrei potuto tranquillizzare Edward sulla salute di sua sorella.

Ma ovviamente non mi rispose. Certo erano a scuola e i cellulari dovevano essere tenuti chiusi, pensai illudendomi che il motivo fosse quello. Edward aveva avuto un attacco di gemellite ma speravo fosse un qualche malore leggero dal momento che sembrava che si fosse ripreso.

Stavo ancora riflettendo sul da farsi e se fosse o meno il caso di avvisare i loro genitori, quando sentii Edwrad tirarmi per una manica.

Charlie” il suo respiro era mozzato, il mio nome era risuonato vuoto.

Mi voltai a fissarlo. Sembrava avesse visto un fantasma mentre tremante con una mano m'indicava l'entrata posteriore della Casa delle Streghe.

Stai qua Edward. Non ti allontanare.” gli ordinai e tirata fuori la pistola d'ordinanza dal cinturone mi avviai con passo deciso verso il posto indicatomi.







Bella



Avevo mal di testa. Perché qualcuno non spegneva quella musica fastidiosa???

Mi sforzai di aprire gli occhi, non ricordavo cosa fosse successo.

Cercai di portarmi le mani sulle orecchie per avere silenzio ma non ci riuscii.

Sbattendo gli occhi, imprecando in cuor mio contro quel rumore forte e ronzante, misi a fuoco la realtà.

Il cuore mi sobbalzò. Avevo avuto ragione, avevamo trovato il Mostro di Natale, ma lui ora aveva trovato e catturato noi.