Carlisle
Come
fummo fuori gli raccontai tutto quello che avevo saputo
all'orfanotrofio dei gemelli e tutto quello che era successo in quei
pochi giorni di convivenza assieme. Gli raccontai l'accaduto e il
nostro stupore davanti al comportamento anomalo dei nostri nuovi
bambini e ovviamente le nostre paure e apprensioni.
Lui
silenzioso e attento mi ascoltò senza interrompermi giocando
assorto
con i baffi.
Quando
tacqui un silenzio carico d'inquietudine cadde fra di noi
finché lui
non cercò i miei occhi inquieti.
“Qual'è
il loro vero cognome?” mi chiese con un sospiro triste.
“Masen”
risposi con un filo di voce.
Lo
vidi annuire. “Farò qualche ricerca. Sicuramente
ci sarà il
verbale dei miei colleghi sulle indagini e magari riusciremo a
capire qualcosa di più su di loro.” disse dandomi
una pacca sulla
spalla per confortarmi.
“Grazie
Charlie sei un amico” gli dissi riconoscente e un po'
sollevato
sapendo che avrebbe fatto di tutto per aiutarci.
“ Di
una cosa sola sono sicuro per adesso Carlisle... hanno una paura
terribile dei poliziotti” disse sorridendomi divertito mentre
scuoteva la testa incredulo.
Feci
una smorfia... di certo non era una cosa che mi facesse piacere.
“Ma
vedrai che conoscendomi... gli passerà” aggiunse
ridacchiando per
stemperare la mia tensione.
“O
peggiorerà” gli risposi, ridendo grato a
quell'amico che riusciva
a sdrammatizzare la situazione.
“Certo
che però dovresti ringraziarmi Carlisle. Grazie a me Edward
ti è
venuto in braccio per la prima volta. Si è fidato di
te.” mi fece
notare adesso serio.
Aveva
ragione, per la prima volta era salito in braccio a uno di noi e
aveva dato la mano ad Esme, ma temevo che fosse stato per paura e
non per piacere come avrei desiderato.
Dopo
poco mi salutò ritenendo che era meglio per qualche tempo
non
farsi più vedere per non sconvolgere ancora i bambini e
salì in
macchina allontanandosi nel buio dopo avermi rassicurato ancora una
volta che avrebbe indagato sul loro passato.
Aveva
smesso di piovere e un chiaro squarcio nelle nubi mi faceva sperare
che l'indomani sarebbe finalmente uscito il sole.
Con
un sospiro e una speranza nel cuore entrai e andai a giocare con
Emmett. I gemelli erano di sopra con Esme e c'era anche un altro
bambino da tranquillizzare ed amare.
La
serata passò tranquilla, in casa tutto sembrava ritornato
alla
normalità. Solo Edward teneva gli occhi bassi e non mi
guardava.
Probabilmente si vergognava, pensai, ma non gli dissi nulla e tutti
facemmo finta di niente.
Il
mattino successivo il sole splendeva caldo e con Esme decidemmo di
portarli al parco.
Avremmo
fatto un pic-nic e la carne alla brace.
Emmett
amava tantissimo andare al parco e il sole ci avrebbe assicurato una
piacevole giornata.
Così
caricati tutti in macchina partimmo.
I
ragazzi passarono la mattina a giocare con il pallone tutti e tre
assieme felici e spensierati e sorprendentemente senza alcun
bisticcio.
Insieme
poi accendemmo il fuoco nel barbecue e cucinammo la carne.
Edward e Alice
sembravano tranquilli e spensierati e dopo pranzo si misero
a giocare nuovamente assieme con la palla.
Dopo
un po' però vedemmo Edward venire verso di noi e sedersi
sulla
coperta abbracciando la sua tigre che si era portato dietro e che aveva
lasciato vicino ad Esme per giocare.
Con
un sorriso notai che non si staccava mai da lei. Probabilmente gli
infondeva coraggio, pensai guardandolo stringersela al petto assorto
nei suoi pensieri.
Ci
dava la schiena e spostava lo sguardo da Alice ed Emmett, al
cestino con il cibo, come se fosse indeciso sul da farsi.
“Edward.
Hai fame?” gli chiese Esme dolcemente che come me aveva
notato il
suo sguardo posarsi ripetutamente sul cesto “Vuoi ancora un
po' di
torta?”
Lui
si girò sorridendoci e annuendo con gli occhi che gli
brillavano mentre si alzava per andare a chiamare la sorella.
“Non
è il caso che chiami Alice... se vuoi ti imbocco
io” gli disse il
mio amore con tutta la calma e gentilezza di cui era capace
“E'
così felice di giocare con Emmett... è un peccato
interromperli”
continuò dolcemente.
Lo
vedemmo tentennare chiaramente indeciso poi si sedette con gli occhi
bassi.
Senza
fare commenti Esme iniziò a mettergli in bocca dei
pezzettini di
dolce sorridendogli felice.
Si,
erano passati sei giorni e qualcosa stavamo ottenendo constatai
raggiante, guardando quella scena così dolce ai miei occhi.
Finalmente stava iniziando a fidarsi di noi.
Poi
lasciandoci completamente sbalorditi si avvicinò ad Esme e
si
accoccolò vicino a lei chiudendo gli occhi.
Il
mio amore iniziò a fargli le coccole fra i capelli
canticchiando con
un filo di voce una ninna nanna.
“Doveva
essere proprio stanco” mi mormorò sottovoce per
non svegliarlo
quando lo vedemmo completamente abbandonato al sonno.
“Si.
Non credo che dorma molto bene la notte per terra.” affermai
guardandolo dormire come un angelo.
Alice
ed Emmett stavano continuando a giocare felici e noi ci guardammo
sorridenti.
I
gemelli avevano fatto passi da gigante in questi giorni eppure il
comportamento di Edward nei confronti di Charlie era preoccupante.
Eravamo
felici ma ancora non sapevamo che presto la cattiveria umana avrebbe
annullato i nostri sforzi per renderli partecipi della famiglia.
Esme
Quando
vidi ritornare Carlisle con Edward in braccio per un attimo rimasi
attonita. Non ci aveva mai dato confidenza, mai aveva accettato un
contatto così ravvicinato. Alice aveva smesso di piangere
quasi
subito quando aveva posato i suoi occhi sul gemello e questo mi fece
riflettere su come lei dipendesse tantissimo da lui.
Ma
perché Edwrad era scappato? Possibile che avesse
così tanta paura
di Charlie da abbandonare addirittura Alice?
Il
comportamento del nostro bambino era spiazzante e anche quando li
portai di sopra mi accorsi che era nervosissimo.
Quando
sentì la porta chiudersi si alzò andando a
controllare cosa fosse
accaduto e solo quando vide rientrare Carlisle da solo
sembrò
finalmente tranquillizzarsi.
Ero
addolorata perché sembrava non fare passi avanti, ma mi
sbagliavo.
Il
giorno dopo ci diede la prova di quanto in realtà si fidasse
di noi
facendosi prima imboccare e poi addormentandosi vicino a me.
Forse
si era sbloccato, forse il peggio era passato.
Forse
finalmente ci avrebbe accettato e abbandonato i suoi comportamenti
così anomali.
Forse...
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