martedì 12 febbraio 2013

Capitolo 20 Un primo passo

Carlisle

Come fummo fuori gli raccontai tutto quello che avevo saputo all'orfanotrofio dei gemelli e tutto quello che era successo in quei pochi giorni di convivenza assieme. Gli raccontai l'accaduto e il nostro stupore davanti al comportamento anomalo dei nostri nuovi bambini e ovviamente le nostre paure e apprensioni.
Lui silenzioso e attento mi ascoltò senza interrompermi giocando assorto con i baffi.
Quando tacqui un silenzio carico d'inquietudine cadde fra di noi finché lui non cercò i miei occhi inquieti.
Qual'è il loro vero cognome?” mi chiese con un sospiro triste.
Masen” risposi con un filo di voce.
Lo vidi annuire. “Farò qualche ricerca. Sicuramente ci sarà il verbale dei miei colleghi sulle indagini e magari riusciremo a capire qualcosa di più su di loro.” disse dandomi una pacca sulla spalla per confortarmi.
Grazie Charlie sei un amico” gli dissi riconoscente e un po' sollevato sapendo che avrebbe fatto di tutto per aiutarci.
 Di una cosa sola sono sicuro per adesso Carlisle... hanno una paura terribile dei poliziotti” disse sorridendomi divertito mentre scuoteva la testa incredulo.
Feci una smorfia... di certo non era una cosa che mi facesse piacere.
Ma vedrai che conoscendomi... gli passerà” aggiunse ridacchiando per stemperare la mia tensione.
O peggiorerà” gli risposi, ridendo grato a quell'amico che riusciva a sdrammatizzare la situazione.
 Certo che però dovresti ringraziarmi Carlisle. Grazie a me Edward ti è venuto in braccio per la prima volta. Si è fidato di te.” mi fece notare adesso serio.
Aveva ragione, per la prima volta era salito in braccio a uno di noi e aveva dato la mano ad Esme, ma temevo che fosse stato per paura e non per piacere come avrei desiderato.

Dopo poco mi salutò ritenendo che era meglio per qualche tempo non farsi più vedere per non sconvolgere ancora i bambini e salì in macchina allontanandosi nel buio dopo avermi rassicurato ancora una volta che avrebbe indagato sul loro passato.

Aveva smesso di piovere e un chiaro squarcio nelle nubi mi faceva sperare che l'indomani sarebbe finalmente uscito il sole.
Con un sospiro e una speranza nel cuore entrai e andai a giocare con Emmett. I gemelli erano di sopra con Esme e c'era anche un altro bambino da tranquillizzare ed amare.

La serata passò tranquilla, in casa tutto sembrava ritornato alla normalità. Solo Edward teneva gli occhi bassi e non mi guardava. Probabilmente si vergognava, pensai, ma non gli dissi nulla e tutti facemmo finta di niente.

Il mattino successivo il sole splendeva caldo e con Esme decidemmo di portarli al parco.
Avremmo fatto un pic-nic e la carne alla brace.
Emmett amava tantissimo andare al parco e il sole ci avrebbe assicurato una piacevole giornata.
Così caricati tutti in macchina partimmo.
I ragazzi passarono la mattina a giocare con il pallone tutti e tre assieme felici e spensierati e sorprendentemente senza alcun bisticcio.
Insieme poi accendemmo il fuoco nel barbecue e cucinammo la carne.
Edward e Alice sembravano tranquilli e spensierati e dopo pranzo si misero a giocare nuovamente assieme con la palla.
Dopo un po' però vedemmo Edward venire verso di noi e sedersi sulla coperta abbracciando la sua tigre che si era portato dietro e che aveva lasciato vicino ad Esme per giocare.
Con un sorriso notai che non si staccava mai da lei. Probabilmente gli infondeva coraggio, pensai guardandolo stringersela al petto assorto nei suoi pensieri.
Ci dava la schiena e spostava lo sguardo da Alice ed Emmett, al cestino con il cibo, come se fosse indeciso sul da farsi.
Edward. Hai fame?” gli chiese Esme dolcemente che come me aveva notato il suo sguardo posarsi ripetutamente sul cesto “Vuoi ancora un po' di torta?”
Lui si girò sorridendoci e annuendo con gli occhi che gli brillavano mentre si alzava per andare a chiamare la sorella.
Non è il caso che chiami Alice... se vuoi ti imbocco io” gli disse il mio amore con tutta la calma e gentilezza di cui era capace “E' così felice di giocare con Emmett... è un peccato interromperli” continuò dolcemente.
Lo vedemmo tentennare chiaramente indeciso poi si sedette con gli occhi bassi.
Senza fare commenti Esme iniziò a mettergli in bocca dei pezzettini di dolce sorridendogli felice.
Si, erano passati sei giorni e qualcosa stavamo ottenendo constatai raggiante, guardando quella scena così dolce ai miei occhi. Finalmente stava iniziando a fidarsi di noi.
Poi lasciandoci completamente sbalorditi si avvicinò ad Esme e si accoccolò vicino a lei chiudendo gli occhi.
Il mio amore iniziò a fargli le coccole fra i capelli canticchiando con un filo di voce una ninna nanna.
Doveva essere proprio stanco” mi mormorò sottovoce per non svegliarlo quando lo vedemmo completamente abbandonato al sonno.
Si. Non credo che dorma molto bene la notte per terra.” affermai guardandolo dormire come un angelo.
Alice ed Emmett stavano continuando a giocare felici e noi ci guardammo sorridenti.
I gemelli avevano fatto passi da gigante in questi giorni eppure il comportamento di Edward nei confronti di Charlie era preoccupante.
Eravamo felici ma ancora non sapevamo che presto la cattiveria umana avrebbe annullato i nostri sforzi per renderli partecipi della famiglia.


Esme

Quando vidi ritornare Carlisle con Edward in braccio per un attimo rimasi attonita. Non ci aveva mai dato confidenza, mai aveva accettato un contatto così ravvicinato. Alice aveva smesso di piangere quasi subito quando aveva posato i suoi occhi sul gemello e questo mi fece riflettere su come lei dipendesse tantissimo da lui.
Ma perché Edwrad era scappato? Possibile che avesse così tanta paura di Charlie da abbandonare addirittura Alice?
Il comportamento del nostro bambino era spiazzante e anche quando li portai di sopra mi accorsi che era nervosissimo.
Quando sentì la porta chiudersi si alzò andando a controllare cosa fosse accaduto e solo quando vide rientrare Carlisle da solo sembrò finalmente tranquillizzarsi.
Ero addolorata perché sembrava non fare passi avanti, ma mi sbagliavo.
Il giorno dopo ci diede la prova di quanto in realtà si fidasse di noi facendosi prima imboccare e poi addormentandosi vicino a me.
Forse si era sbloccato, forse il peggio era passato.
Forse finalmente ci avrebbe accettato e abbandonato i suoi comportamenti così anomali.
Forse...

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