Carlisle
Eravamo
arrivati a casa.
Quando
entrammo mostrammo ai gemelli tutta la casa o perlomeno fu Emmett a
fare da cicerone.
Loro
si guardavano in giro incuriositi e solo quando mostrammo le camere
da letto vidi passare un lampo di paura negli occhi di Alice subito
celato da una carezza di Edward.
Senza
discutere Alice afferrò i suoi pacchi e trascinò
il fratello in
camera sua “Vieni Edward. Mettiamo le cose a posto.
Aiutami” gli
disse.
Lui
si limitò ad annuire ed entrambi si misero al lavoro per
mettere nei
cassetti tutti i vestiti.
Io
guardai Esme che li osservava scioccata “Sono ordinatissimi e
indipendenti al massimo” gli mormorai stringendole la mano.
La
sentii sospirare “A quanto pare. Si arrangiano da
soli” mi
rispose con un velo di tristezza nella voce .
“Vado
di sotto a preparare la cena” mi disse poi dandomi un bacino
sulla
guancia “Quando è pronto vi chiamo” e si
allontanò.
Io
rimasi lì sullo stipite a vedere cosa combinavano. Non
volevo
sorvegliarli ma mi piaceva osservarli mentre sistemavano tutto
capendosi perfettamente anche solo con uno sguardo.
Quando
ebbero finito andarono nella camera di Edward ed Emmett e si misero a
mettere in ordine i vestiti di Edward sotto gli occhi allibiti di
Emmett che era disordinatissimo e che li osservava come fossero
extraterrestri mentre scuoteva la testa e mugugnava pensando
probabilmente che avrebbe dovuto adeguarsi.
Quando
ebbero finito Alice si voltò verso di me “Possiamo
andare a
giocare?” mi chiese dolcissima sbattendo gli occhioni.
Sembrava
mi dovesse corrompere. Mi scappò una risatina mentre le
rispondevo
“Certo fino a che mamma non chiama per la cena”
Lei
afferrato Edward per la mano si diresse verso la sala giochi guidata da
Emmett tutto felice.
Si
sedettero per terra sulla moquette ed Emmett catturò
l'attenzione di
Edward iniziando un gioco con lui con i due nuovi draghi. Alice
seduta a un paio di metri di distanza stava invece vestendo e
spogliando la sua bambola chiacchierando da sola.
Io
mi sedetti in poltrona con un libro facendo finta di leggere per non
metterli in soggezione ma guardandoli giocare.
Era
uno spettacolo ma ancora una volta l'attenzione di Edward non era
rivolta al gioco completamente mentre i suoi occhi si spostavano da
Alice alla cesta dove c'era posate le macchinine e la sua tigre.
Poi
all'improvviso si alzò, andò alla cesta, e
afferrò la tigre
posandola vicino a lui. Sempre in silenzio chiaramente soddisfatto
riprese a giocare nuovamente con Emmett senza però perdere
d'occhio
la sorella.
Non
passò molto che Esme ci chiamò per la cena.
“Andate
a lavarvi le mani, così mangiamo” dissi loro.
Emmett
come un fulmine si alzò dirigendosi verso il bagno. Edward
rimase
seduto a fissare il suo nuovo fratello poi senza uno sbuffo prese i
due draghi con cui avevano giocato entrambi e li rimise ognuno nel
suo posto mentre Alice faceva la stessa cosa con le bambole.
Soddisfatti
si presero per mano e andarono verso il bagno lasciato libero da
Emmett che avrei scommesso era già seduto a tavola.
Con
immenso stupore vidi che Edward sotto il braccio teneva il suo nuovo
pupazzo.
Dopo
poco ci sedemmo tutti a tavola ed Esme iniziò a mettere nei
piatti
una minestra fumante.
“Spero
vi piaccia. Non conosco i vostri gusti, ma piano piano li
imparerò”
disse loro versandola nel piatto.
“Non
si preoccupi signora Esme. Lì mangiavamo di tutto, e la
maggior
parte delle volte faceva schifo il cibo” rispose Alice
facendo
scoppiare Emmett a ridere.
Iniziai
a mangiare la minestra quando per poco non mi andò tutto per
traverso.
Con
una naturalezza che rivelava una abitudine consumata Alice prese il
cucchiaio di Edward e iniziò a imboccare il fratello come
fosse la
cosa più comune di questa terra.
Lui
le mani in grembo che stringevano il suo peluche apriva la bocca e si
faceva imboccare da lei.
Alzai
gli occhi e li posai in quelli di Esme che li guardava fissi a bocca
aperta.
Anche
Emmett li fissava sconvolto e mi affrettai a tirargli una gomitata e
a fargli gli occhi cattivi mentre gli facevo gesto di stare zitto e
continuare a mangiare.
Guardai
Esme e la vidi annuire mentre facendo finta di niente iniziava a
mangiare a sua volta.
Ovviamente
Alice mangiava lentamente e quando noi finimmo Esme le disse
“Alice
se vuoi mangiare con calma lo imbocco io Edward”
Ma
Alice scosse la testa “O no. Mangia solo con me. Anche
là ci hanno
provato ma non apre la bocca se non sono io a farlo. Grazie signora
Esme” rispose sorridendo al mio amore.
Un
silenzio imbarazzante era calato a tavola e facendo finta di niente
iniziai a parlare delle partite di baseball del giorno dopo con
Emmett.
Mentre
Esme trafficava per servire il secondo vidi gli occhi di Edward e
Alice farsi attenti al discorso e subito lei entrò nel pieno
della
discussione.
Stavamo
ancora discutendo su chi fosse il miglior battitore del campionato che
Esme servì gli hamburger.
Come
per la minestra Alice iniziò ad imboccare Edward.
Se
me l'avessero detto non ci avrei creduto eppure scegliemmo di far
finta di niente.
Erano
solo da poche ore con noi, e bisognava dargli tempo.
Esme
Quando
vidi Alice imboccare il fratello spalancai gli occhi dalla sorpresa.
Dal
comportamento di tutto il giorno mi era sembrato che fosse lei a
dipendere in pieno da Edward.
Ogni
cosa che aveva scelto Alice era stata approvata e vagliata dal
fratello.
Avevo
pensato che quando ci avevano detto che Edward dipendeva da Alice
avessero sbagliato e adesso invece capii cosa intendevano.
La
dipendenza di Alice la si poteva notare solo osservandoli
attentamente quella di Edward era chiaramente fisica e appariscente.
Per
fortuna Carlisle riuscì a intavolare un discorso che
coinvolse tutti
e tre distogliendo l'attenzione dal comportamento di Edward che
malgrado tutto sembrava a suo agio.
Mi
domandai il perché si facesse imboccare, non aveva senso, ma
mi
sembrava troppo presto per fargli domande che avrebbero suscitato la
loro diffidenza.
Così
facemmo finta di niente.
Finito
di cenare i gemelli mi aiutarono a sparecchiare e poi si misero a
vedere la televisione sul divano con Emmett.
Si
erano seduti vicino e Alice aveva posato la testa sulla spalla di
Edward mentre lui stringeva a se la sua tigre di peluche.
Erano
carinissimi e dovevano essere anche stanchi perché presto
iniziarono
a dar segno di aver sonno.
“A
letto bimbi” gli dicemmo e fra le proteste di Emmett e gli
sbadigli
dei gemelli si avviarono alle loro camere.
Sospirai
felice. Ero stanca anch'io, era stata una giornata movimentata e
densa di emozioni ma se pensavo di dormire tranquilla mi sbagliavo di
grosso.
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