Charlie
Quando
tornai da Carlisle li trovai ancora spaventati e tremanti. Di
Edward, purtroppo, ancora nessuna notizia.
“Andate
a casa” gli ordinai secco “ chiamo
rinforzi” finii.
Vidi
Carlisle scuotere la testa preoccupato.
“Ascolta
Carlisle. E' possibile che Edward si sia solo perso e cerchi di
tornare a casa. Non riuscendo a trovarvi magari deciderà di
aspettarvi a casa. E' un ragazzo intelligente, può benissimo
cavarsela da solo. E poi Alice non sta bene, e qui, quando arrivano
i miei uomini, facciamo chiudere tutto e passiamo ogni metro al
setaccio. Tu adesso non servi. Ti prometto che ti avviso se ho
notizie e quando lo troveremo” gli dissi deciso.
Lui
mi guardava. Sapevo che avrebbe voluto rimanere, ma sapevo anche che
sarebbe stato d'intralcio. Quello era il mio lavoro e quello dei miei
uomini. I parenti in certi casi sono solo un ostacolo e spaventato e
confuso com'era mi avrebbe dato solo fastidio.
E
se Edward era ancora nel Luna Park lo avremmo trovato velocemente
altrimenti avrei mosso mari e monti finché quel ragazzo non
fosse
saltato fuori.
“Un
ultima cosa. Hai per caso dietro un indumento di Edward messo di
recente?? Se non lo trovo velocemente useremo i cani e loro hanno
bisogno di fiutare il suo odore” gli chiesi.
I
suoi occhi si persero nel vuoto. Cielo non riusciva neanche a
ragionare con lucidità, pensai preoccupato per il mio amico.
“A
casa... forse” mi disse titubante. Scossi la testa. Troppo
tempo.
Avremmo perso minuti preziosi e se volevo usare i cani era importante
muoversi il più velocemente possibile, prima che la pista si
raffreddasse.
“Tigro.
C'è Tigro in macchina” affermò Emmett
che era stato a sentire
tutto.
Sorrisi,
al momento era il più lucido in quella famiglia.
“Tigro
andrà benissimo” dissi sorridente.
Edward
malgrado fosse grande e in pubblico non girasse più con il
suo
peluche sapevo che ancora ci andava a dormire e se lo portava dietro
quando poteva.
Li
accompagnai in macchina, presi Tigro con me e li vidi partire.
Dopo
cinque minuti arrivarono i miei uomini.
“Fate
sgombrare il Luna Park. Questo ragazzo è sparito”
dissi mostrando
la sua foto “e bisogna cercare ovunque. In ogni buco, in ogni
roulotte. Frugate ovunque perché potrebbe essere in ogni
posto. E
Saimon,” dissi al mio secondo “nel frattempo chiama
Cortes con i
suoi cani. Dobbiamo trovarlo e anche alla svelta.” ordinai
deciso.
Ero
preoccupato ed era inutile nasconderlo.
Svuotammo
il parco e perlustrammo ogni centimetro ma di lui nessuna traccia.
Avevo
avvisato che se lo avessero avvistato di non avvicinarsi e di
chiamarmi. Edward aveva paura delle divise e non volevo creargli
qualche attacco di panico. Mi ricordavo fin troppo bene l'accaduto in
casa Cullen.
Era
ormai tardo pomeriggio, quando Cortes ci raggiunse con i suoi cani.
Erano
addestrati a cercare le persone scomparse e iniziando dal rivenditore
di ciambelle, l'unico punto in cui sapevamo fosse passato con
certezza, gli facemmo annusare Tigro.
Insperatamente
i cani partirono decisi.
I
nasi posati per terra iniziarono a seguire un pista con estrema
sicurezza.
Con
mio sommo stupore ci portarono di fronte alla roulotte di quel
viscido di Mark. Stavo già per entrare pronto ad arrestarlo
quando
all'improvviso ripartirono velocissimi nella direzione opposta.
Guardai
Cortes che si strinse nelle spalle “Probabilmente
è passato qua
davanti poi però si è nuovamente
allontanato” mi spiegò.
Annui
tirando un sospiro di sollievo. Quel tizio non mi piaceva proprio per
nulla e sapere che era estraneo alla sua sparizione era un pensiero
di meno. Così seguito da cinque uomini continuammo a seguire
i cani
che procedevano sicuri e decisi.
Con
mio grande stupore notai che loro puntavano a nord verso l'esterno
del Luna Park.
Ma
dove diavolo si era ficcato Edward? Dove stava andando e
perché? Per un attimo ebbi paura che potesse essere stato
rapito da qualche
malintenzionato. Ma poi scartai l'idea, la nostra era una
cittadina tranquilla, non certo una caotica città nella
quale
sparivano facilmente i ragazzi. Così come abbandonai subito
l'idea di una sua fuga volontaria dai Cullen. Era un ragazzo amato e
coccolato, mi sembrava impossibile che potesse essersi allontanato
da loro volontariamente come una qualsiasi testa calda.
Ma
allora cosa diavolo era successo? Cosa lo aveva spinto ad
allontanarsi dalla sua famiglia? Che avesse avuto un altra crisi di
panico violenta? E in quel caso cosa l'aveva scatenata? E dove era
andato a nascondersi?
La
mia mente vorticava analizzando ogni aspetto senza riuscire a trovare
una spiegazione che mi convincesse completamente, mentre uscendo dal
parco giochi, sempre seguendo i segugi, ci ritrovammo nel fitto bosco
che lo circondava.
“Sei
sicuro?” chiesi a Cortes scrutando nel buio del bosco
sospettoso.
Il
sole era già calato dietro alle montagne e il bosco era
ancora più
scuro e freddo del parco giochi. Un vento gelido mi colpiva il volto
ora che non eravamo più in mezzo ai giochi che offrivano un
discreto
riparo.
“I
cani sono sicuri. Quel ragazzo si è infilato qua
dentro” mi
rispose guardandomi preoccupato a sua volta.
Aveva
ragione a preoccuparsi. La notte, oltre a girare le bestie selvatiche
e i predatori come i lupi o gli orsi, era molto fredda e la
temperatura stava scendendo rapidamente.
Ma
malgrado la preoccupazione in cuor mio tirai un sospiro di sollievo,
almeno Edward non era in un immediato pericolo mentre speravo che non
si fosse allontanato più di tanto.
Il
mio cellulare suonò. Era Carlisle.
Mi
feci coraggio e risposi dicendogli cosa avevamo scoperto e la sua
risposta mi lasciò basito.
“E'
colpa mia. Io l'ho portato là” rispose con un filo
di voce mentre
mi raccontava della sua gita con il figlio la volta precedente.
“Non
ti preoccupare Carlisle…lo troveremo” dissi
mettendo giù.
“Andiamo”
affermai poi, non c'era tempo da perdere, il buio al momento era il
nostro nemico principale.
E
seguendo i segugi ci inoltrammo nel bosco con il cuore pieno di paura
e speranza.
Era
ormai notte quando fummo costretti a fermarci. A sbarrarci la strada
un largo e profondo torrente.
Edward
doveva averlo attraversato immergendosi nell'acqua, pensai
sconcertato da quella scoperta. Sembrava stesse scappando dal
comportamento. Ma da cosa? Da chi? E dove stava andando?
Questo
non era un normale attacco di panico,pensai, altrimenti lo avremmo
trovato
velocemente e non si sarebbe allontanato così tanto, ma una
fuga
vera e propria, ragionata e fredda. Non riuscivo a capire, di certo
non scappava dalla sua famiglia, sembrava felice e rilassato con
loro, ma allora da chi o che cosa? Mi chiesi ancora una volta,
sempre più confuso e preoccupato mentre il buio stava
scendendo
rapidamente su di noi avvolgendo l'intero bosco.
Cercammo
un guado più a monte e perlustrammo le rive con le torce
accese in
cerca di un segno del suo passaggio. La corrente doveva averlo
trascinato più a valle, ma dove avesse approdato era un
mistero che
il buio ormai calato ci impediva di risolvere. Dovevamo trovare le
sue tracce, solo così avremmo potuto continuare
l'inseguimento.
“Dobbiamo
fermarci sheriffo. Così rischiamo solo di cancellare
inavvertitamente le impronte che può aver lasciato nel fango
delle
sponde” mi disse Saimon
“E
i cani hanno perso la pista” aggiunse sconsolato Cortes
accarezzando un segugio al suo fianco che lo guardava scodinzolante.
Non
volevo fermarmi, non volevo arrendermi. Ma non sembrava esserci
altra possibilità. “Maledizione!!”
Imprecai fra me.
“Edwarddd”
gridai ancora una volta nella notte, sperando che fosse vicino ma
ancora una volta fu il silenzio a rispondermi.
Con
il cuore gonfio dalla paura, sconfitto, diedi il segnale di fermarci
per riposare.
Avremmo
continuato le ricerche non appena ci fosse stato chiaro, cercai di
confortare me stesso, non avremmo mollato fino a quando non lo
avessimo trovato.
Sperando
solo di poter recuperare un ragazzo magari ferito e sfinito e non un
cadavere da restituire alla famiglia per permettergli di piangere su
una tomba.
Con
la voce rotta dal dispiacere chiamai Carlisle. Dovevo informarlo
anche se sapevo che le notizie non lo avrebbero certo reso felice.
Non
mi disse nulla, non mi biasimò per il mio fallimento, mi
mormorò solo uno stanco “Grazie Charlie”
ma sapevo quanta delusione ci
fosse nella sua voce.
“Come
sta Alice?” gli chiesi allora sperando di sentirmi dire che
stava
meglio.
“Sta
male... Edward sta male” mi disse e la sua voce era rotta.
“Lo
riporterò a casa Carlisle non temere” cercai di
rassicurarlo
chiudendo la comunicazione e avvicinandomi al fuoco che gli altri
avevano acceso per scaldarci.
Avremmo
dormito all'aperto mangiando il poco che ci eravamo portati dietro in
modo da riprendere le ricerche alle prime luci dell'alba, quando
il sole sarebbe filtrato tra i rami facendoci trovare una traccia del
suo passaggio.
Avrei
riportato Edward a casa a qualsiasi costo o il mio nome non sarebbe
più stato Charlie Swann.
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