martedì 12 febbraio 2013

Capitolo 34 Il tempo passa

Esme

Avevamo iscritto Emmett in prima media e i gemelli in quarta elementare.
Ma mentre Emmett si recò nella nuova scuola felice contento, per i fratelli il primo giorno nella nuova scuola fu un incubo.
Sotto pressione dalle maestre avevamo dovuto iscriverli in due sezioni differenti.
Sostenevano infatti che facendo così sarebbe stato meglio per entrambi, che avrebbero potuto riuscire a crearsi amicizie diverse e crescere più autonomi. Era infatti consuetudine farlo in presenza di gemelli.
Ma loro non la pensavano così e quando andammo a prenderli all'uscita del primo giorno ci dissero che avevano pianto tutta la mattina entrambi.
A casa cercammo di fargli capire che non era una cosa così tragica essere in due aule separate, in fondo erano una di fronte all'altra. Volevamo farli ragionare e capire che avrebbero avuto l'opportunità di farsi tanti nuovi amici e che non c'era alcun pericolo. Non era una separazione definitiva, ma solo temporanea, solo per quelle poche ore.
Ma non ci fu nulla da fare.
Non volevano più andare a scuola. Nessuno dei due.
La mattina successiva fu un vero incubo. Chiedemmo alla signora Luisa di accompagnare Emmett in modo da riuscire a stare con loro ed evitare che lui arrivasse in ritardo per colpa dei fratelli. E avemmo ragione. Già riuscire a farli vestire e accompagnarli a scuola fu una battaglia lunga ed estenuante, ma poi come videro il portone, fra gli sguardi stupiti degli altri bambini e degli altri genitori, si rifugiarono fra le nostre braccia rifiutandosi categoricamente entrambi di scendere e raggiungere i loro compagni già in fila e pronti per entrare tutti felici.
Le due maestre affidarono gli altri bambini alle loro colleghe e ci vennero inconro per  aiutarci. Le avevamo già avvisate dei loro problemi al momento dell'iscrizione  e quindi sapevano di dover essere  comprensive e pazienti con i nostri gemellini. Infatti arrivarono tutte  e due sorridenti  a cercare di parlargli, di convincerli a lasciarci ed entrare con loro ma i nostri bambini erano sordi a qualsiasi ragionamento.
Immaginavamo con Carlisle che sarebbe stata dura. Avevano frequentato la scuola insieme nell'orfanotrofio, l'anno precedente, e quel cambiamento doveva essere per loro veramente difficile da accettare.
Ambiente nuovo, maestre nuove, compagni nuovi e per finire la separazione da noi e fra di loro.
Fu una bidella, dopo un ora di battaglia inutile e tentativi vuoti da parte nostra e delle maestre, ad avere l'idea giusta per sbloccare la situazione.
Edward, Alice facciamo così” gli disse sorridendogli “Ogni qualvolta che suona la campanella uscite dall'aula e vi salutate e poi passate l'intervallo insieme in una delle due classi. E mamma e papà vi aspettano qua fuori così se sentite la mancanza vi accompagno io a salutarli” gli propose conciliante.
Loro si guardarono in quella muta comunicazione di cui erano tanto esperti poi voltarono gli occhi verso le due maestre in cerca della loro approvazione.
A quel punto sperai che le maestre cedessero a quel piccolo privilegio visto che sembravano quasi convinti.
Si può fare” disse la maestra Elisabeth tendendo le mani ad Edward. Lui si voltò verso la maestra di Alice, Marika, che annui allungandosi verso Alice.
Entrambi si guardarono un attimo e si fecero prendere e dopo averci dato un bacino, si allontanarono per mano senza più piangere.
L'accordo funzionò, e funzionò così bene, che già dal secondo giorno noi potemmo tornare subito a casa e piano piano le maestre riuscirono ad allungare tempi di separazione e a far si che alla fine dell'anno si vedessero soltanto nell'intervallo. Ovviamente ogni tanto uno dei due andava in crisi e le maestre, molto furbamente, lo accompagnavano a trovare il fratello nell'altra aula riuscendo così a calmare il gemello spaventato.

Dicembre arrivò con il suo freddo subito seguito da un Natale ricco di doni e di gioia per la nostra nuova famiglia. E finalmente, come avevamo sperato per lunghi anni, sull'albero riuscimmo a mettere quattro stupende palline nuove una per ogni ragazzo e una per me e Carlisle.
Eravamo felici e contenti e il passato dei gemelli sembrava morto e sepolto, lontano anni luce, se si levava qualche incubo che continuava a spuntare improvviso risvegliando e spaventando Edward di notte.

Solo a Natale Edward iniziò a diventare visibilmente sempre più nervoso.
Ed era comprensibile, il fattaccio era avvenuto nei primi giorni di Gennaio e lui non aveva dimenticato del tutto.
A ricordaglielo c'erano le sue cicatrici oltre alla strana paura dei temporali e delle divise.
Charlie passò con noi le feste, cercava compagnia per non pensare alla sua bambina ma stava attento a venire sempre in borghese. Sapeva che Edward avrebbe reagito male alla vista della divisa e non voleva metterlo a disagio.

Il Giorno dell'Epifania poi si presentò da noi con un sacchetto pieno di dolciumi e il solito sorriso.
Ma era un sorriso tirato e falso.
La sua ex-moglie Renee aveva deciso di risposarsi e lui ancora innamorato di lei aveva preso malissimo la notizia.
La mia Isabella, adesso chiamerà papà qualcun' altro” ci confidò quel pomeriggio bevendo una birra insieme a Carlisle.
Mi spiace Charlie” gli rispose lui “Ma non credo possa dimenticarsi completamente di te” continuò lanciando uno sguardo ad Edward che seduto sul divano si era accoccolato a fianco a me stringendosi Tigro mentre leggeva,  apparentemente disinteressato ai nostri discorsi.
Charlie sorrise lisciandosi i baffi quando dopo aver cambiato posizione notò che Edward, lo stava osservando attentamente.
Per quanto lo avesse accettato, lo teneva costantemente d'occhio e non gli permetteva di avvicinarlo più di tanto o di fare movimenti improvvisi.

Edward giochiamo a scacchi?” gli chiese poi all'improvviso sapendo benissimo di perdere.
Edward era diventato bravissimo a giocare e Charlie lo sapeva perfettamente. Fin da subito aveva provato a conquistare la sua fiducia, a rompere il ghiaccio con il mio bambino con qualsiasi scusa, ma malgrado i suoi timidi tentativi, Edward lo trattava imperterrito con cortese distacco.
Dai straccialo” lo incitò Carlisle pensando che avrebbe fatto bene ad entrambi.
Edward annui, si alzò tranquillamente, posò il libro al mio fianco e prese la scacchiera posandola poi sul tavolo con vicino Tigro.
Io e Carlisle ci sedemmo vicini sul divano ad osservarlo incuriositi e speranzosi che si fosse deciso ad abbattere il muro che aveva eretto con il nostro amico. Alice ed Emmett invece giocavano con il proprio DS che avevamo regalato loro a Natale, indifferenti a quello che stava succedendo.
Dopo pochi minuti che giocavano Edward ci lasciò di stucco chiedendo a Charlie “Hai la pistola sotto al maglione?”
Vedemmo il nostro amico poliziotto aprire e chiudere la bocca in evidente imbarazzo. Non sapeva evidentemente cosa rispondergli spiazzato da quella domanda repentina e improvvisa.
Si. In quanto poliziotto giro sempre armato” gli rispose infine dopo averci pensato un attimo.
Edward annui compiaciuto “E sai sparare?” gli chiese muovendo la regina “Scacco” aggiunse tranquillamente.
Emh…certamente.” rispose lui spostando l'alfiere sempre più a disagio.
Mi insegneresti?” gli chiese candidamente Edward puntandogli gli occhi verdi brillanti nei suoi e spostando la torre “Scacco matto” concluse sornione in attesa di una risposta.
Sobbalzai. Ma che domande erano? Cosa stava girando per la testa ad Edward pensai spaventata.
Quando avrai diciott'anni e sarai maggiorenne, ne riparleremo” rispose Charlie burbero aggrottando gli occhi e buttando il re sulla scacchiera.
Hai vinto anche questa volta” sorrise tirato e chiaramente a disagio.
Edward annui sorridente. “Allora aspetterò” rispose scendendo dalla seggiola e raggiungendo Alice seduta sul tappeto per unirsi al suo gioco.
Io e Carlisle ci scambiammo un veloce sguardo preoccupato poi incrociammo gli occhi di Charlie che non aveva perso un movimento di Edward e lo fissava tirandosi i baffi pensoso.
Mi accompagni fuori Carlisle?” gli chiese lanciandogli uno sguardo tutt'altro che tranquillo.
Vidi il mio amore annuire comprensivo e prendendo due birre uscire con il suo amico sotto il portico.



Carlisle

L'uscita di Edward mi aveva lascito sconcertato. Era nervoso, da quando la scuola era chiusa per le vacanze, e di notte aveva nuovamente gli incubi ma da quello a pensare alle pistole mi sembrava veramente un brutto segno.
Hai armi in casa Carlisle?” mi chiese Charlie quando fummo fuori accendendosi pensieroso una sigaretta.
Mi tirai su il bavaro della giacca che mi ero messo e stappai la birra tirando un lungo sorso.
No, Charlie. Anche se avendo fatto il militare ho imparato a sparare abbastanza bene” gli risposi.
Meglio così” mi disse sorridendomi. “Sarei preoccupato, altrimenti.” continuò tirando anche lui un lungo sorso.
Mi limitai ad annuire. Lo sarei stato anch'io.
Non mi aspettavo un uscita così da Edward” mi confidò poi.
Neanch'io. Anche se è nervoso in questi ultimi giorni. Se ti ricordi i suoi genitori sono morti in questo periodo” gli ricordai Ma speravo che piano piano dimenticasse.” spiegai avvilito.
Non potrà mai dimenticare Carlisle. Il suo corpo glielo ricorda, ogni mattina e ogni sera” mi disse sorridendo amaro al ricordo “Il passato non si cancella, purtroppo, bisogna solo imparare conviverci e lui per ora è ancora troppo piccolo per accettare l'accaduto.” continuò con un sospiro.
Sapevo che purtroppo aveva ragione anche se era difficile digerire certe cose e soprattutto sapere che non sbagliava “Rientriamo prima che si preoccupino?” gli chiesi innervosito e con la voglia di tenere Edward sott'occhio.
Va bene. Ma ricordati che lui avrà sempre bisogno di voi, siete i suoi genitori” mi disse quasi sussurrando e una lacrima gli sfuggì dagli occhi.
Stava evidentemente pensando alla sua Isabella così lontana.

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