martedì 12 febbraio 2013

Capitolo 37 Una strana malattia

Carlisle


Ovviamente il giorno dopo parlammo a tutti e tre in separata sede.

Emmett mi assicurò che non aveva fatto nulla oltre a baciarle quelle ragazze e io ne approfittai per spiegargli alcune cosette che era meglio sapesse.
Ovviamente mi stette a sentire rapito e attento.
Chissà perché?? Pensai ironico osservandolo spalancare gli occhi e sorridere tutto felice.

Alice invece promise ad Esme che sarebbe stata più brava e attenta mentre Edward si limitò ad alzare le spalle al mio rimprovero.
Sono fatti miei” rispose burbero.
Gli spiegai che era bello stare con gli altri, avere qualche amico e magari più grande una fidanzata come il fratello.
Lo vidi scuotere la testa “Fidanzata. Non sarà mai possibile” mi rispose arrabbiato troncando sul nascere qualsiasi risposta da parte mia.
Era ancora piccolo, crescendo sicuramente avrebbe cambiato idea, pensai senza preoccuparmi più di tanto.

Arrivò la fine dell'anno, e furono tutti promossi con degli ottimi voti e iniziarono le vacanze. Come l'anno precedente decidemmo di passarle a casa anche perché quando ebbi le ferie Emmett pensò bene di prendersi la Varicella.
Io ed Esme l'avevamo già fatta ma non sapevamo i gemelli.
Ma per fortuna andò bene a parte le vacanze saltate visto che l'unico ad ammalarsi fu Emmett.
Così quando ero libero dai turni li portavamo al fiume o al parco.

E la scuola iniziò nuovamente portandosi dietro la sua routine.
Io ed Esme eravamo contenti, a parte Edward che continuava ad essere chiuso e scontroso con tutti, apparentemente il passato dei gemelli era stato chiuso in un cassetto e dimenticato.
Continuavano sempre a cercarsi e a stare vicini ma stavano iniziando a vivere la loro vita, soprattutto Alice che faceva amicizia con tutti e aveva un sacco di amichette.
Non avevamo capito quanto erano invece profondamente legati e quel Novembre ne avemmo la conferma.


Esme

Carlisle era la lavoro e i ragazzi a scuola. Stavo uscendo per andare a fare la spesa quando mi suonò il telefono.
Pronto?!” chiesi
Buongiorno, la signora Cullen?” mi chiese una voce femminile gentile.
Si. Sono io” risposi
Sono la segretaria della scuola elementare. Dovrebbe venire a prendere Alice a scuola. La bambina non sta bene” mi spiegò.
Certo arrivo subito” risposi agitata. Era la prima volta che uno dei gemelli aveva qualcosa. Eravamo fin stupiti con Carlisle per quanto fossero forti, non si ammalavano mai.
Senza perdere tempo salii in macchina e corsi a scuola.
La maestra mi venne in contro agitata. “Alice sta male, ma non riesco a capire cosa abbia. Le abbiamo misurato la febbre ma ha trentasei e mezzo. Si lamenta che ha mal di testa e nausea e non riesce a stare in piedi.” mi spiegò mentre mi accompagnava dalla mia bambina.
Quando la vidi capii subito che stava male. Aveva gli occhi velati e la faccina sofferente.
Vieni Alice andiamo a casa. Chiamo subito papà che ti visiti” le dissi e aiutata dal bidello la portai in macchina.
Ero preoccupata. Stava con gli occhi chiusi e il respiro affannoso.
Una volta a casa la feci mettere a letto e le misurai la febbre ma di nuovo il termometro indicò che non ne aveva.
Agitata chiamai Carlisle.
Lui mi promise che nel giro di venti minuti sarebbe arrivato e mi disse di richiamarlo se fosse peggiorata.
Ci mise quasi mezz'ora e quando arrivò lo accolsi con un sospiro di sollievo.
Lui con calma e gentilezza iniziò a visitarla, le controllò la bocca, il naso, le orecchie, i polmoni, il cuore, insomma le fece una visita completa e poi scuotendo la testa mi disse “Non ha nulla. Non capisco” era perplesso e preoccupato.
Non è normale Carlisle” protestai
La porto in ospedale. Così le facciamo qualche esame approfondito” disse preoccupato.
In quel momento squillò il telefono e andai a rispondere.
Sul mio viso dovette apparire un espressione terrorizzata perché Carlisle si affrettò ad avvicinarsi e ad abbracciarmi.
Che succede Esme?” mi chiese quando posai la cornetta.
Lo guardai stupita “Era la maestra di Edward, dice di andarlo a prendere che sta male”
Vidi lo stupore apparire sul suo volto. “Non ti ha detto che cosa ha?” mi chiese allarmato.
No. Ha detto di andare di corsa che sta malissimo” dissi guardando Alice che tremava e sudava come se avesse la febbre alta.
Vado a prenderlo io” mi disse. “Se non trovo nulla come in Alice lo porto direttamente  in ospedale e poi ti chiamo così mi raggiungi con lei.”
Annui poco convinta “Edward reagirà male ad andare là. Lo sai che non vuole farsi vedere e che ha paura dei medici e delle ambulanze”
Se non trovo nulla, non abbiamo scelta. Chiama a scuola da Emmett e chiedi come sta.” mi disse mentre prendeva le chiavi della macchina e partiva a razzo.
Telefonai e mi dissero che Emmett stava benissimo. Almeno lui pensai.
Mandai un sms a Carlisle e andai a controllare Alice che sembrava stare un po' meglio.
Si era addormentata.


Carlisle

Non riuscivo a capire cosa mai potesse avere Alice e il sospetto che potesse avere la stessa cosa Edward mi attanagliava.
Quando arrivai a scuola chiesi di vederlo subito. Mi accompagnarono in infermeria.
Era sdraiato su un lettino con una coperta pesante addosso e tremava violentemente.
Gli occhi vacui e le guance arrossate mi fecero capire anche senza toccarlo che aveva la febbre alta.
Probabilmente l'aveva da stamattina presto. Ma non ha detto nulla alla maestra, e quando se ne accorta l'abbiamo subito chiamata” mi spiegò la segretaria.
Gli misi una mano in fronte. Scottava.
Edward, come ti senti?” lo chiamai dolcemente.
Ho freddo” si lamentò.
Apri la bocca per favore” gli chiesi facendogli una carezza. Lui ubbidì senza indugio ed io vidi che aveva la gola in fiamme e piena di placche.
Hai un bel mal di gola” gli dissi sorridendo.
Almeno per lui c'era una spiegazione, pensai sollevato.
Lo presi e lo portai a casa.
Lì con Esme gli demmo subito l'antibiotico.
Bisognerà dargli la Tachipirina” mi disse Esme mentre lo cambiava e lo sistemava a letto.
Si. Visto la febbre alta sarebbe meglio una supposta” dissi
Forza Edward” gli dissi senza prevedere la sua reazione.
Sgranò gli occhi e iniziò a piangere disperato.
Va bene” mi affrettai a dirgli. E feci sparire la scatola.
Aiutato da Esme gli demmo la pastiglia che inghiottì con difficoltà.
Era meglio prendere la supposta, non credi” lo sgridai mentre provava per la terza volta ad ingoiare la pillola.
No” mi rispose duro e finalmente riuscì a buttarla giù.
Sei un testone” mugugnai mentre andavo a vedere come stava Alice.
Come va, qua?” chiesi ad Esme che le faceva compagnia.
Mi sento meglio. Soltanto un po' stordita” mi disse lei sorridendomi seduta sul letto.
Annui. “Vedrai che fra un paio d'ore ti metterai in piedi” risposi facendole una carezza.
Ma cosa ha avuto?” mi chiese poi Esme mentre andavamo entrambi da Edward.
La Gemellite” le risposi sorridendo
E che cos'è? Non l'ho mai sentita” mi chiese lei stupita.
Scoppiai a ridere. “Non esiste Esme. Non so neanche come potrei definirla in realtà... diciamo che ha avuto un attacco di edwardite” dissi,
Esme strinse gli occhi tra l'offesa e lo stupito. “Edwardite?” ripeté come se fosse una parolaccia.
Annui “Si. Ha sentito che Edward stava male ed essendo la gemella... è stata male anche lei” le spiegai.
I gemelli si sentono?” mi chiese stupita.
Si. Non succede spesso. Ma pare che in alcune coppie esista questo collegamento a distanza” risposi “E a quanto pare è la verità” finii.
Quindi se sta male uno... sta male anche l'altro” disse lei. “Ma allora quel pomeriggio...” non finii la frase.
Bisognerebbe chiederglielo... ma sinceramente non ne ho il coraggio” dissi a bassa voce pensando che fosse meglio dimenticare il più possibile.
La vidi annuire.
Hai ragione. Ma almeno abbiamo scoperto una cosa positiva.” mi disse sorridendo
Quale?” chiesi stupito
Se teniamo d'occhio uno, e come tenerli sotto controllo entrambi” disse con una logica a dir poco ferrea.
A quanto pare” le diedi ragione sorridendo per il suo intuito.

Ma se ad Alice nel giro di poche ore passò tutto, ad Edward la febbre non accennava a scendere e quella notte gli salì ancora toccando quasi i quarantuno .
Ero preoccupato, la febbre non scendeva malgrado la tachipirina e la borsa con il ghiaccio sulla sua testa durava pochi minuti prima di diventare calda.
Verso le due di notte iniziò a delirare
Fa male, brucia...brucia. No … basta... Alice... ho male tanto male...non è vero... i tuoni... sono un maschio... no …papà... ti prego... mamma... lasciate stare la mamma... no le giostre no... buio... ho freddo tanto freddo...fuoco... brucio... i vestiti... dove sono i miei vestiti? ”
Quello che diceva erano frasi smozzicate senza alcun senso logico apparente ma capimmo che si riferivano ai suoi incubi, a quello che era successo quel maledetto giorno e chissà a cos'altro.
Per abbassare la febbre gli misi una supposta di Tachipirina con un dosaggio più elevato.
Si agitò tantissimo e si mise a urlare come se lo stessi spellando vivo, ma riuscii a metterla malgrado cercasse di opporsi.
Piano piano la febbre iniziò a scendere a livelli accettabili, ma gli incubi iniziarono a torturarlo nuovamente.
Con gli antibiotici e le pastiglie di Tachipirina riuscimmo a tenere sotto controllo la febbre e a guarirlo ma non riusciva più a dormire tranquillo.
Gli incubi lo assalivano e si svegliava in continuazione gridando e urlando terrorizzato.
Dopo due giorni passati a vegliarlo e cercare di tenerlo calmo e tranquillo per farlo riposare un pochino decidemmo di portarlo nel lettone a dormire con noi in modo da dargli sicurezza e permettergli di chiudere gli occhi e dormire un pochino più sereno.
Fu un errore enorme.
Come lo adagiai vicino a sua madre, iniziò ad urlare terrorizzato, cercando di fuggire.
Ci mettemmo quasi tutta la notte a calmarlo e solo alle prime luci dell'alba stremato dalla stanchezza crollò in un dormiveglia agitatissimo.
Fu allora che gli somministrai per la seconda volta un sedativo e finalmente si addormentò come un sasso.

Non credevo che andare nel lettone lo sconvolgesse così” dissi ad Esme sdraiandomi vicino a lei stanchissimo, grato che gli altri due bambini fossero andati a scuola accompagnati dalla signora Luisa che gentilmente si era offerta per aiutarci.
Avremmo dovuto saperlo” mi rispose lei accoccolandosi vicino a me.
Perché scusa?” gli chiesi mezzo addormentato.
Perché l'hanno trovato nel letto vicino a sua mamma morta e perché non entra mai nella nostra stanza” mi disse lei.
Non ci avevo pensato e non avevo mai notato questo particolare” le confidai.
Io si. Ed è normale, tu vai a lavorare io sto in casa con loro” mi spiegò sbadigliando. “ma c'è una cosa che mi ha colpito” andò avanti.
Cosa?” chiesi.
Mentre delirava... ha parlato di giostre giusto?” disse pensierosa.
Si mi sembra di si. Ma non capisco cosa c'entrino” dissi.
Evidentemente c'entrano dal momento che odia il Luna Park” mormorò
Leggi troppi libri gialli” la rimproverai scherzando.
Non è quello. E' che è strano. Non c'è alcun motivo per odiare quel posto.” riprese “Come è strano che tutte le volte dice di essere un maschio. Chissà che vuol dire” finii la frase.
Si avevo notato anch'io quel particolare.
Non so Esme. Ma spero solo che riesca prima o poi a dimenticare” dissi tristemente.
Mi aspettavo che mi rispondesse ma si era già addormentata tra le mie braccia sfinita.

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