martedì 12 febbraio 2013

Capitolo 30 Ritorno a casa

Carlisle

Non ci fu nemmeno un minuto d'incertezza.
Con Esme decidemmo di rimanere con loro fino a che non fossimo usciti tutti assieme per tornare a casa.
Ovviamente ci eravamo commossi quando i gemelli si erano ritrovati. Alice aveva abbracciato il fratello dapprima incredula e poi preoccupata nel vederlo così debole e magro. Ma l'avevo subito tranquillizzata assieme ad Edward stesso, che con le lacrime agli occhi dalla felicità guardava sua sorella come se fosse la cosa più bella che esistesse. E la loro reazione non mi stupì affatto ero infatti certo che la vicinanza di Alice sarebbe stata la medicina migliore per farlo guarire, e la nostra presenza la forza per farlo.
Io ed Esme ci davamo il cambio la notte per non lasciare mai Edward da solo. Dormivamo su una poltrona vicino a lui e vicino ad Alice che aveva ottenuto con facilità di avere un lettino al suo fianco.
Non volevamo che Edward potesse temere di essere stato abbandonato nuovamente, aveva bisogno di sapere che sarebbe tornato a casa, per guarire. La sua malattia infatti era di origine nervosa e solo la sicurezza e la volontà di guarire avrebbe realizzato il nostro sogno. Infatti ne lui ne la piccola Alice, che quando mi aveva visto si era gettata fra le mie braccia piangendo di felicità, dovevano avere il minimo dubbio. Entrambi avevano solo bisogno di sentirci vicino e la sicurezza di non essere nuovamente abbandonati in quel posto che ero certo odiavano.
Stavamo vicino al nostro bambino tutto il giorno nutrendolo con piccolissime quantità di cibo frequentemente in modo da allargagli lo stomaco pian piano. Sembrava un uccellino spaurito e caduto dal nido quando apriva le labbra all'avvicinarsi del cucchiaio. Ma lo faceva, vincendo la paura di sentirsi male,  si faceva imboccare sorridente e felice delle nostre attenzioni.
Ma tuttavia era la notte quando entrambi avevano più bisogno di sicurezza. Specialmente Edward era agitato e non riusciva ad addormentarsi, oppure farfugliava nel sonno frasi incomprensibili. A volte addirittura piangeva mentre dormiva e quando si svegliava continuava incapace di arginare quel fiume di lacrime per noi inspiegabile. E solo la nostra vicinanza sembrava donargli una certa calma. Provammo a chiedergli di raccontarci i suoi incubi per esorcizzarli ma non ci fu nulla da fare. Ci diceva che non voleva ricordarli, mentre si faceva cullare e coccolare dalle nostre braccia, guardando Alice che dormiva serena a pochi centimetri da lui.
Di giorno invece iniziò ad aumentare i periodi di veglia riprendendo gradatamente le forze e il sorriso mentre aumentavamo la quantità di cibo e distanziavamo i pasti.
Si sforzava di trattenere tutto con una caparbietà impressionante e più ci riusciva, più il suo stomaco si allargava ed era in grado di contenere di più e più vario.
Dopo quattro giorni provammo con del cibo normale e malgrado facesse fatica riuscì a trattenerlo.
Aveva una gran voglia di uscire di lì e la vicinanza di Alice e la sua allegria fu di enorme aiuto.
Lei non si staccava mai dal fratello, non si allontanava mai e lo cambiava aiutata dall'infermiera mentre noi ci allontanavamo per rispettare la sua timidezza nei nostri confronti.
Non volevamo forzarlo a fare qualcosa di più di quello che già stava facendo. Non c'era fretta... avremmo aspettato che fosse pronto a lasciarsi andare del tutto. L'importante adesso era che si riprendesse e si rilassasse consapevole che presto sarebbe tornato a casa.
E lui faceva di tutto per accelerare la sua guarigione e finalmente al quinto giorno gli levai la flebo che avevo lasciato per nutrirlo maggiormente e il giorno successivo riuscì anche a stare un pochino in piedi appoggiato alla mamma.
Passò un altro giorno e quando quella mattina si svegliò tutto sorridente, mi guardò serio e mi disse “Adesso sto bene, voglio andare a casa”.
Annui. Non aspettavo altro. Era migliorato tantissimo e sapevo che deluderlo avrebbe potuto farlo ricadere in una spirale negativa, quindi lo lasciai con Alice ed Esme e andai a cercare la Direttrice.
Portatetelo pure a casa dottor Cullen e grazie di tutto” ci disse lei dopo che le ebbi spiegato le mie intenzioni.
Io scossi la testa “Spero che questo sia stato di lezione” risposi duro. Avevo ancora tanta amarezza dentro per come erano stati trattati i miei bambini.
Perdoni Signor Cullen. La rabbia non serve a nulla e poi sarà Dio a giudicare” mi rispose a occhi bassi.
Io posso anche perdonare, ma certa gente non dovrebbe più permettersi di fare tanto male” risposi acido ripensando agli errori commessi in tutta quella storia.
Certa gente non lavorerà più. La dottoressa Smart non solo ha dato le dimissioni, ma mi ha assicurato che si ritirerà dalla professione. Credo che abbia capito e che non si perdonerà molto facilmente per l'errore fatto. A volte i nostri errori, anche se troviamo il modo di porvi rimedio, ci segnano per sempre e restano a farci compagnia come fantasmi... fino alla fine.” mi disse con un sorriso triste che le increspava il bel volto.
Rimasi in silenzio imbarazzato, non sapevo cosa risponderle. Sapevo dentro di me che aveva ragione e che la nostra storia avrebbe cambiato tante cose, forse anche il modo di affrontare i problemi da parte sua.
Adesso vada è ora che ritorniate a casa, quei bambini hanno bisogno del vostro amore, e di sicurezza” finii mettendomi in mano dei fogli.
Li aprii circospetto e strabuzzai gli occhi, erano i certificati di adozione definitivi.
Grazie” le dissi emozionato stringendo i fogli al petto come se potessero sparire da un minuto all'altro.
Adesso sono i suoi figli a tutti gli effetti... e lo saranno per sempre. Non se lo dimentichi.” rispose con un caldo sorriso, poi mi strinse la mano decisa e si girò sparendo nel suo studio.
Con il cuore in gola dalla gioia corsi a dare alla mia famiglia la lieta notizia.
Si adesso eravamo finalmente una famiglia anche di fronte alla legge.


Esme

Tornammo a casa e avevo paura delle conseguenze che quel periodo nefasto poteva avere creato.
Ma i gemelli ebbero la capacità di stupirmi ancora una volta.
Speravo che quei dolorosi giorni non avessero fatto troppi danni ma con mia sorpresa le cose cambiarono... in meglio.
Edward era ancora debole ma non volle saperne di stare a letto. E già quella sera si volle sedere a tavola con noi.
Avevo preparato una minestra e nella sua ci avevo mischiato un uovo e dei pezzetti di carne visto che ne avrebbe mangiato solo pochi cucchiai... volevo fosse energetica. Noi avremmo mangiato anche il secondo e altre portate ma lui riusciva a mangiare ancora piccole quantità.
Quando gliela misi davanti feci per prendere il cucchiaio e imboccarlo come avevamo fatto all'orfanotrofio per tutto quel periodo ma lui scosse la testa “No mamma” mormorò con un filo di voce.
Tirai indietro la mano triste.
Forse non se la sentiva di mangiare pensai preoccupata.
Ma con una lentezza esasperante lo vidi prendere il cucchiaio e portarselo alla bocca da solo.
Dopo aver ingoiato alzò gli occhi su di noi e con le guance in fiamme e lo sguardo determinato mormorò “Ti avevo fatto una promessa mamma, ricordi?” disse fissandomi con i suoi smeraldi splendenti.
Mi sentivo gli occhi pungere. Certo che ricordavo. Ricordavo perfettamente tutto quello che era successo, ogni sua singola parola che aveva pronunciato avvinghiato a me. E in preda alla commozione mi alzai voltandomi per non farmi vedere piangere “ Certamente Edward, sei bravissimo, mangiala che ti viene fredda” risposi mentre mi asciugavo le lacrime, che non volevano smettere di uscire, con il grembiule.
Bravo Edward” mi fece eco Carlisle facendogli una carezza sulla testa e sorridendogli soddisfatto e orgoglioso di lui e della sua conquista.
Ma se pensavo che le sorprese finissero lì mi sbagliavo di grosso.
Per la prima volta Edward andò in bagno da solo a mettersi il pigiama liberando così Alice dai suoi compiti.
Ero preoccupata per la sorella, avevo paura risentisse di quell'autonomia ritrovata così all'improvviso, ma lei invece gli faceva i complimenti incoraggiandolo e abbracciandolo tutta felice ad ogni piccola conquista.
Forse tutto il male che avevamo patito era servito a qualcosa.
Lui era diventato più indipendente oltre ad aver iniziato a parlare.
Non che fosse un chiacchierone, probabilmente era nel suo carattere essere silenzioso, ma almeno adesso potevamo comunicare più facilmente.

Fu al momento di andare a dormire che vennero fuori i problemi.
Alice non voleva lasciare Edward andare in camera sua.
In effetti per tutti quei giorni non si erano allontanati un attimo felici di essersi finalmente ritrovati, e adesso lei non riusciva a staccarsi da lui.
Seduto sul bordo del letto della gemella, Edward gli teneva la mano e cercava di rassicurarla e convincerla.
Voleva mantenere in tutto la promessa che mi aveva fatto.
Edward fa lo stesso. Se vuoi dormire qui, fai pure. Ti portiamo un materasso così non prendi freddo” gli dissi comprensiva e preoccupata che debole com'era potesse prendersi un raffreddore.
Ma lui scosse la testa.
Alice non vado lontano. E domani mattina staremo ancora insieme” le ripeteva dolcissimo per convincerla a lasciarlo andare nella sua stanza.
Ma gli occhi spaventati di Alice parlavano per lei.
Edward. Vai. Alice sto qua io con te, almeno finché non ti addormenti e se ti svegli mi chiami” gli disse dolcemente Carlisle accarezzandole la testa.
Stai qui? Davvero?” gli chiese conferma lei stupita e speranzosa.
Certamente bambina mia” confermò lui.
Lei allora sorrise ad Edward che si affrettò ad andare nella sua camera seguito da me.
Diedi il bacino della buona notte ad Emmett che era già a letto che ci aspettava e sorprendendomi nuovamente se lo fece dare per la prima volta anche Edward. Poi chiusi la luce e feci per allontanarmi, ma un singhiozzo soffocato mi bloccò sullo stipite.
Edward piangi?” chiesi a bassa voce per non disturbare Emmett mentre mi avvicinavo nuovamente al suo letto preoccupata.
Gli feci una carezza sulla guancia e mi sentì bagnare le mani.
Voleva mantenere la sua promessa, aveva fatto il duro con Alice ma era in crisi proprio come la sorella.
Cosa c'è, tesoro?” gli chiesi dolcemente
Ho paura.” mormorò appena
Di cosa Edward?” gli sussurrai
Degli incubi e di loro, degli uomini cattivi” rispose tirando su con il naso.
Non riuscivo a capire a cosa si riferisse con precisione ma la voce tremante m'indicava che non era un capriccio. C'era un qualcosa che lo spaventava sul serio.
Vuoi che stia qui con te?” gli chiesi dolcemente prendendogli una mano.
Lo vidi annuire nella penombra del corridoio e abbassare gli occhi imbarazzato mentre si stringeva al petto più forte Tigro.
Mi sedetti sul bordo del letto senza mollare la sua mano mentre con l'altra gli facevo le coccole fra i suoi morbidi capelli, poi sussurrando iniziai a cantargli una dolce melodia fino a che non lo sentii rilassarsi e piombare nel sonno.

Quando fui sicura che si fosse addormentato profondamente mi diressi in camera dove trovai Carlisle a letto che leggeva.
Finalmente si è addormentato anche Edward” dissi al mio amore sistemandomi comodamente fra le sue braccia.
Aveva paura anche lui?” mi chiese dandomi un bacio sul collo.
Si. Ha parlato degli uomini cattivi. Credo che quando era in orfanotrofio abbia avuto degli incubi, per questo era sempre così agitato nel sonno” raccontai.
Non mi stupisce. Probabilmente per entrambi è stato un grosso trauma quello che hanno passato. Il venir strappati via da noi deve averli spaventati non poco.” finii lui.
Speriamo che si tranquillizzino presto” continuai preoccupata.
Ci vorrà tempo Esme. Ma vedrai che lo stare qua farà sicuramente bene ad entrambi e presto si rilasseranno dimenticandosi dell'accaduto. Edward ha già fatto dei grossi passi avanti e sono sicuro che le cose potranno solo migliorare” mi rispose Carlisle fiducioso.
Non potevo che essere d'accordo e presto ci addormentammo abbracciati finché un urlo disperato risuonò fra le pareti di casa.

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