Alice
La
giornata di scuola finalmente era finita. Non vedevo l'ora di andare
a casa e soprattutto di vedere Jasper che ci avrebbe portato a casa
con la macchina di mamma. Si era diplomato l'anno prima e invece di
andare all'università si era iscritto a un corso di
specializzazione
nella scuola vicino alla nostra. Ufficialmente per andarci con
maggiori crediti, ufficiosamente speravo fosse per stare vicino a me.
Papà e mamma come premio visto i voti alti gli avevano
regalato la
patente e gli davano la macchina da guidare in modo che potesse
accompagnare a scuola noi fratelli, lasciando così un po'
più libera la mamma. Io ed Edward invece eravamo ancora in
terza
superiore anche se non avevamo ancora compiuto i sedici anni e non
vedevamo l'ora di finire la scuola.
Avevo
grandi progetti e Jasper faceva parte di questi. Speravo che prima o
poi Edward si sarebbe rassegnato visto che adesso si comportava
benissimo.
Niente
più fidanzatine volanti o scappatelle, ma soprattutto i suoi
sorrisi
e le sue attenzioni erano tutte dedicate a me, malgrado Edward
continuasse a tenerlo d'occhio da distante pronto a intervenire se
avesse provato a farmi la corte sul serio.
Stavo
passando vicino al parcheggio per raggiungere Edward quando sentii
una risata sprezzante provenire da dietro il muro che chiudeva il
complesso.
Curiosa
come al mio solito mi affacciai e il sorriso mi morì fra le
labbra.
Edward
era appoggiato ad un muro e Jonathan lo teneva schiacciato per il
collo. Altri quattro ragazzi, guardavano la scena ridendo
sguaiatamente.
“Allora ragazzino,
adesso non lo fai più il galletto, vero?” sentii
chiedere
a mio fratello.
Poi
il suo pugno si abbatté nello stomaco del mio gemello che si
raggomitolò su se stesso.
“Chiedimi
scusa” gli disse ritirandolo nuovamente su per il
collo.
Edward
assecondò il movimento e all'ultimo con uno scatto
colpì Jonathan
nelle parti basse con un ginocchio. Purtroppo non fece in tempo a
fare altro perché intervennero altri due ragazzi che lo
sbatterono
di nuovo contro il muro strappandogli un gemito.
“Brutto
stronzo” gridò Jonathan avvicinandosi e afferrando
Edward per il
cavallo.
“Fa
male vero?” gli chiese poi gli prese i capelli e gli
sbatté la
testa con forza contro il muro.
A
quel puntò urlai di paura e di disperazione mentre una fitta
mi
trapassava il petto lasciandomi in ginocchio stordita.
“Lasciatelo
stare” implorai cercando di raggiungerlo.
Jonathan
mi guardò e con cattiveria tirò un altro colpo
allo stomaco ad
Edward poi gli prese nuovamente la testa e iniziò a
sbatterla contro
il muro.
“Così
non ti dimentichi di me” gli ringhiò contro fra le
risate dei suoi
amici completamente fatti od ubriachi.
“Lasciatelo
stare. Immediatamente ” la voce di Jasper irruppe con
violenza
mentre assieme ad Emmett si lanciava contro di loro.
I
ragazzi si allontanarono e come in un film vidi Edward afflosciarsi a
terra lasciando una scia di sangue sulla parete.
Tutto
si svolse in un attimo.
Spaventati
dall'arrivo imprevisto di Jasper ed Emmett e dalla violenza con cui
Jasper colpì Jonathan al viso con un pugno per allontanarlo
da
Edward, scapparono tutti di corsa mentre Rosalie mi faceva rialzare
per correre da Edward rimasto a terra.
Nel
frattempo Jasper ed Emmett si erano inginocchiati al suo fianco.
“Edward”
lo chiamò Emmett senza però ricevere risposta
“Portiamolo
a casa” disse disperato vedendo il fratello sempre privo di
conoscenza.
“No.
E' meglio non muoverlo” lo fermò Jasper spostando
la mano e
mostrando ad Emmett il sangue che la ricopriva “Perde sangue
dalla
testa. Può essere pericoloso muoverlo. Rosalie chiama un
ambulanza e
chiama Carlisle subito” gli disse mentre si levava il
maglione e
glielo appoggiava addosso per tenerlo al caldo.
“Alice
hai un fazzoletto?” mi chiese poi prendendo in mano la
situazione.
Io
non riuscivo a capire vedevo solo la sua mano sporca di sangue e il
volto bianco di Edward. Lo vidi sbuffare irritato dalla mia
lentezza e strapparsi la manica della camicia che appallottolata
appoggiò delicatamente alla testa di Edward con l'intento di
fermare l'emorragia.
Intanto
attorno a noi si era formato un gruppetto di studenti che avendo visto
la scena da lontano si erano avvicinati. Presto fummo anche
raggiunti da due insegnati avvisati che era successa una rissa fra
studenti.
“Cosa
è successo?” ci chiese il mio professore
d'italiano,
inginocchiandosi a fianco a Jasper che continuava a tenere la camicia
premuta sulla testa di Edward sempre incosciente.
Emmett
brevemente gli raccontò quello che aveva visto e lui
annotò i nomi
dei ragazzi su un taccuino.
“Abbiamo
già chiamato la polizia e l'ambulanza”
spiegò Rosalie in risposta
alla domanda dell'altro professore.
In
quel momento sentimmo le sirene.
“Edward
ha paura delle sirene e degli ospedali” gridai in preda al
panico.
Se fosse finito in ospedale e si fosse risvegliato da solo si sarebbe
spaventato e magari si sarebbe sentito male.
“Alice
calmati. E' arrivato anche papà per fortuna ” mi
confortò
Rosalie abbracciandomi e spostandomi per permettere a Carlisle di
avvicinarsi al mio gemello e controllare il suo stato. Subito dopo
arrivarono anche gli infermieri dell'ambulanza pronti a portare via
Edward non appena mio padre avesse dato il permesso.
Carlisle
Ero
corso con il cuore in gola. Nel tragitto avevo chiamato nuovamente
Rosalie per farmi spiegare cosa era successo e lei, con la voce
rotta dal panico, mi aveva raccontato che avevano picchiato Edward e
che era steso a terra privo di coscienza e che perdeva sangue dalla
testa.
Temendo
il peggio mi avvicinai al suo corpo e iniziai a visitarlo stando
attento a non muoverlo più di tanto.
Avevo
paura.
Charlie,
che mi aveva fatto strada con la macchina a sirene spiegate, stava
interrogando i miei ragazzi e chiunque avesse visto qualcosa per
rintracciare gli autori dell'aggressione ma la mia attenzione era
rivolta solo a lui, al mio Edward.
Lo
mossi con circospezione e controllai che non avesse nulla di rotto.
Anche la testa sembrava intera. Probabilmente il sangue era dato
qualche lacerazione superficiale.
Lo
iniziai a chiamare accarezzandogli il volto per farlo riprendere.
Volevo verificare che non avesse riportato danni.
E
dopo poco, con un grosso sospiro di sollievo da parte mia,
aprì gli
occhi, guardandomi confuso.
“Cosa
è successo?” mi chiese cercando di mettersi seduto.
“Stai
sdraiato Edward.” gli dissi tenendolo giù con
forza al suo
tentativo di alzarsi.
“Dove
sono?” mi chiese ancora guardandosi intorno con l'aria
smarrita.
“Edward.
Chi sono?” gli chiesi per verificare il suo stato mentale.
“Carlisle.
Dov'è Alice? Come sta?” mi chiese invece di
rispondermi
chiaramente preoccupato.
Sorrisi,
stava ragionando bene ed era lucido, era il solito Edward sempre
preoccupato per la sorella. Tirai un sospiro di sollievo.
“Va
tutto bene Edward. Adesso ti accompagno in ospedale perché
probabilmente ti devo dare qualche punto in testa, e tu devi stare
tranquillo perché non succede niente e poi ci sono io con
te.”
Aggiunsi
subito vedendo la paura attraversargli lo sguardo.
Poi
con l'aiuto degli infermieri lo facemmo salire in barella per
trasportarlo in ospedale.
“Jasper
per favore occupati dei tuoi fratelli e portali a casa e dì
alla
mamma di raggiungermi in ospedale al più presto”
gli gridai mentre
salivo sull'ambulanza tenendo Edward per mano.
Mi
girai un ultima volta per controllare e vidi Jasper stringere forte
a se Alice che piangeva spaventata.
Non
mi stupii più di tanto e sorrisi pensando che Alice aveva
finalmente trovato qualcuno a cui affidarsi che non fosse solo il
gemello.
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