martedì 12 febbraio 2013

Capitolo 35 Al Luna Park

Mancava solo un giorno prima che le scuole riaprissero ed io avrei avuto il turno notturno per cui con Esme decidemmo di fare ai nostri bimbi una sorpresa e di portarli al Luna Park.
Ogni anno, fuori da Forks, in un grande spiazzo circondato dai boschi, arrivavano a metà Dicembre i carrozzoni con le giostre di ogni tipo e restavano a deliziare le famiglie delle contee poco distanti fino a dopo l'Epifania.
Era un momento felice e tutte le famiglie con bambini e ragazzi ci andavano almeno una volta. Era infatti un appuntamento annuale che portava gioia a tutta la comunità. Ma era anche vissuto come un momento per riunificare le famiglie dal momento che anche i ragazzi grandi, se non avevano la patente, dovevano essere accompagnati dai genitori poiché sorgeva fuori città in un posto isolato e privo di mezzi di trasporto.
Era così normale trovarci famiglie intere con i figli di ogni età.

Senza dirgli nulla li facemmo salire in macchina e ci dirigemmo al grande spiazzo che ospitava le giostre. Volevamo fargli una sorpresa convinti che sarebbero impazziti di gioia.
Come posteggiai nel grande spiazzo e scesero dalla macchina sentii Emmett urlare “Ci avete portato al Luna Park?”
C'era un entusiasmo nella sua voce che poche volte avevo sentito.
Lui stravedeva per le giostre, era quasi impossibile levarlo dagli autoscontri o dall'otto volante, per non parlare di tutte le altre attrazioni che lo affascinavano.
Alice iniziò a saltellare felicissima mentre annusava l'aria “Questo è odore di zucchero filato e ciambelle fritte” gridò eccitata battendo le mani.
Andiamo?” disse Esme sorridendo compiaciuta.
Io annui deliziato dalla loro reazione così entusiasta e presa Esme per mano mi avviai dietro ad Alice ed Emmett che erano partiti quasi correndo.
Poi mi bloccai di colpo quando mi resi conto che Edward non c'era.
Terrorizzato da una sua fuga mi girai di scatto.
Ma lui era lì, accanto alla macchina, fermo e immobile. Gli occhi fissi e dilatati sul grande veliero che volteggiava nel cielo sbatacchiando i suoi occupanti.
Vieni Edward” gli dissi allungando la mano in attesa che ci raggiungesse.
Ma lui rimase fermo, immobile come se fosse diventato all'improvviso cieco e sordo.
Guardai Esme un attimo interdetto, anche lei era stupita dalla sua reazione così diversa da quella dei fratelli.
Edward” ripetei tornando sui miei passi e avvicinandomi. “Vieni?” gli chiesi titubante.
Lo vidi scuotere la testa energicamente, gli occhi dilatati dalla paura.
Hai paura del Luna Park?” gli chiesi stupito.
Lui si limito ad annuire ingoiando a vuoto.
Non ci sono pericoli. Se vuoi non sali su nessuna giostra” gli dissi pensando che avesse paura che lo obbligassimo a salire sui giochi.
Anch'io non amavo otto volanti o giochi del genere mi veniva ansia e nausea solo a guardarli... per cui non mi sarei stupito se la causa del rifiuto e del suo sguardo spaventato, fosse stata quella.
Ma lui scosse la testa ancora una volta e arretrò di un passo.
In un attimo realizzai che stava per avere una crisi di panico e che era pronto alla fuga così gli presi la mano e lo strinsi a me.
Tranquillo. Se preferisci restiamo qui. Non andiamo lì dentro.” gli dissi immediatamente per tranquillizzarlo.
Lui annui e affondò il viso nel mio corpo, come se si dovesse nascondere.
Carlisle. Vado a chiamare Emmett e Alice. Si stanno allontanando” mi richiamò Esme preoccupata per avere perso di vista i suoi fratelli.
No vai con loro. Raggiungili. Non è giusto che si perdano il divertimento. Spiegagli che Edward non sta bene, che ha un po' di nausea e che io sono rimasto con lui” le dissi. Era una bugia a fin di bene ma che avrebbe permesso ad Alice di godersi il pomeriggio senza stare in ansia per il fratello.
Lei annui, aveva capito al volo ciò che intendevo. E di corsa si affrettò a raggiungere i nostri bambini.
Edward sembrava che si fosse calmato con la rassicurazione di non mettere piede dentro al Luna Park e mi domandai come avremmo dovuto passare il tempo aspettando gli altri. Alzai gli occhi e mi venne in mente una pazza idea.
Presi Edward per mano e senza indugio mi diressi verso il vicino bosco.
Andiamo a fare due passi insieme? Ti fa piacere?” gli chiesi allegro.
Lui mi sorrise e insieme ci avviammo verso gli alti e fitti alberi che circondavano l'intero piazzale.
Non eravamo mai andati assieme in un bosco e iniziai a raccontargli quello che sapevo.
Come si riconosceva un sentiero, come trovare dell'acqua pulita da poter bere e inoltre gli mostravo le piante che riconoscevo.
Gli feci vedere come aprire i ricci e sbucciare le castagne che erano rimaste sul terreno, quali erano le piante di fragole e quelle di mirtillo. Gli insegnai a riconoscere le orme degli animali e costruimmo una specie di capanna con le fronde degli alberi e le zolle di terra.
Insieme osservammo il sole e gli mostrai come individuare sempre il Nord orientandosi con esso e con il muschio che cresceva sugli alberi.
Mi stavo divertendo tantissimo, Edward era curiosissimo e attentissimo.
E insieme passammo tre ore senza neanche accorgercene e quando tornammo alla macchina infangati e sporchi vidi gli occhi di Esme aprirsi per lo stupore.
Ma dove vi siete cacciati voi due?” ci chiese stupita.
Segreto” risposi ridacchiando e facendo ridere Edward che tutto felice si era affrettato ad abbracciarsi stretto Alice come se avesse avuto paura di non rivederla più.
Quella sera ovviamente poi con calma avrei raccontato tutto ad Esme.
Ma per adesso ero felice, avevo recuperato una giornata iniziata male ed ero stato con mio figlio in piena serenità.
Durante il tragitto di ritorno mentre li vedevo ridere tutti e tre sul sedile posteriore dell'auto ripensai alla giornata. Non riuscivo a capire che cosa mai avesse potuto spaventare Edward, di certo però mi ero divertito tantissimo molto di più a stare lì con lui, che a vederli saltellare da un gioco all'altro.



La scuola iniziò nuovamente e i mesi ripresero a scorrere mentre Edward ed Alice si rilassavano sempre di più crescendo a vista d'occhio.
Arrivò Marzo con le sue piogge ed Esme andò a fare il giro degli insegnanti, mentre io continuavo a lavorare tranquillo e sicuro che tutto filasse liscio.
Ma ero ovviamente un illuso. Non potevo certo immaginare che fare il genitore fosse un mestiere così difficile e complicato e quando quella sera tornai a casa e trovai Esme abbattuta e preoccupata, mi resi conto che i problemi che ci attendevano non erano da meno di quelli che già avevamo superato.

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