Mancava
solo un giorno prima che le scuole riaprissero ed io avrei avuto il
turno notturno per cui con Esme decidemmo di fare ai nostri bimbi una
sorpresa e di portarli al Luna Park.
Ogni
anno, fuori da Forks, in un grande spiazzo circondato dai boschi,
arrivavano a metà Dicembre i carrozzoni con le giostre di
ogni tipo
e restavano a deliziare le famiglie delle contee poco distanti fino a
dopo l'Epifania.
Era
un momento felice e tutte le famiglie con bambini e ragazzi ci
andavano almeno una volta. Era infatti un appuntamento annuale che
portava gioia a tutta la comunità. Ma era anche vissuto come
un
momento per riunificare le famiglie dal momento che anche i ragazzi
grandi, se non avevano la patente, dovevano essere accompagnati dai
genitori poiché sorgeva fuori città in un posto
isolato e privo di
mezzi di trasporto.
Era
così normale trovarci famiglie intere con i figli di ogni
età.
Senza
dirgli nulla li facemmo salire in macchina e ci dirigemmo al grande
spiazzo che ospitava le giostre. Volevamo fargli una sorpresa
convinti che sarebbero impazziti di gioia.
Come
posteggiai nel grande spiazzo e scesero dalla macchina sentii Emmett
urlare “Ci avete portato al Luna Park?”
C'era
un entusiasmo nella sua voce che poche volte avevo sentito.
Lui
stravedeva per le giostre, era quasi impossibile levarlo dagli
autoscontri o dall'otto volante, per non parlare di tutte le altre
attrazioni che lo affascinavano.
Alice
iniziò a saltellare felicissima mentre annusava l'aria
“Questo è
odore di zucchero filato e ciambelle fritte” gridò
eccitata
battendo le mani.
“Andiamo?”
disse Esme sorridendo compiaciuta.
Io
annui deliziato dalla loro reazione così entusiasta e presa
Esme
per mano mi avviai dietro ad Alice ed Emmett che erano partiti quasi
correndo.
Poi mi
bloccai di colpo quando mi resi conto che Edward non c'era.
Terrorizzato
da una sua fuga mi girai di scatto.
Ma
lui era lì, accanto alla macchina, fermo e immobile. Gli
occhi fissi
e dilatati sul grande veliero che volteggiava nel cielo sbatacchiando
i suoi occupanti.
“Vieni
Edward” gli dissi allungando la mano in attesa che ci
raggiungesse.
Ma
lui rimase fermo, immobile come se fosse diventato all'improvviso
cieco e sordo.
Guardai
Esme un attimo interdetto, anche lei era stupita dalla sua reazione
così diversa da quella dei fratelli.
“Edward”
ripetei tornando sui miei passi e avvicinandomi.
“Vieni?” gli
chiesi titubante.
Lo
vidi scuotere la testa energicamente, gli occhi dilatati dalla paura.
“Hai
paura del Luna Park?” gli chiesi stupito.
Lui
si limito ad annuire ingoiando a vuoto.
“Non
ci sono pericoli. Se vuoi non sali su nessuna giostra” gli
dissi
pensando che avesse paura che lo obbligassimo a salire sui giochi.
Anch'io
non amavo otto volanti o giochi del genere mi veniva ansia e nausea
solo a guardarli... per cui non mi sarei stupito se la causa del
rifiuto e del suo sguardo spaventato, fosse stata quella.
Ma
lui scosse la testa ancora una volta e arretrò di un passo.
In
un attimo realizzai che stava per avere una crisi di panico e che era
pronto alla fuga così gli presi la mano e lo strinsi a me.
“Tranquillo.
Se preferisci restiamo qui. Non andiamo lì
dentro.” gli dissi
immediatamente per tranquillizzarlo.
Lui
annui e affondò il viso nel mio corpo, come se si dovesse
nascondere.
“Carlisle.
Vado a chiamare Emmett e Alice. Si stanno allontanando” mi
richiamò Esme preoccupata per avere perso di vista i suoi
fratelli.
“No
vai con loro. Raggiungili. Non è giusto che si perdano il
divertimento. Spiegagli che Edward non sta bene, che ha un po' di
nausea e che io sono rimasto con lui” le dissi. Era una bugia
a fin
di bene ma che avrebbe permesso ad Alice di godersi il pomeriggio
senza stare in ansia per il fratello.
Lei
annui, aveva capito al volo ciò che intendevo. E di corsa si
affrettò a raggiungere i nostri bambini.
Edward
sembrava che si fosse calmato con la rassicurazione di non mettere
piede dentro al Luna Park e mi domandai come avremmo dovuto passare
il tempo aspettando gli altri. Alzai gli occhi e mi venne in mente
una pazza idea.
Presi
Edward per mano e senza indugio mi diressi verso il vicino bosco.
“Andiamo
a fare due passi insieme? Ti fa piacere?” gli chiesi allegro.
Lui
mi sorrise e insieme ci avviammo verso gli alti e fitti alberi che
circondavano l'intero piazzale.
Non
eravamo mai andati assieme in un bosco e iniziai a raccontargli
quello che sapevo.
Come
si riconosceva un sentiero, come trovare dell'acqua pulita da poter
bere e inoltre gli mostravo le piante che riconoscevo.
Gli
feci vedere come aprire i ricci e sbucciare le castagne che erano
rimaste sul terreno, quali erano le piante di fragole e quelle di
mirtillo. Gli insegnai a riconoscere le orme degli animali e costruimmo
una specie di capanna con le fronde degli alberi e le
zolle di terra.
Insieme
osservammo il sole e gli mostrai come individuare sempre il Nord
orientandosi con esso e con il muschio che cresceva sugli alberi.
Mi
stavo divertendo tantissimo, Edward era curiosissimo e attentissimo.
E
insieme passammo tre ore senza neanche accorgercene e quando tornammo
alla macchina infangati e sporchi vidi gli occhi di Esme aprirsi
per lo stupore.
“Ma
dove vi siete cacciati voi due?” ci chiese stupita.
“Segreto”
risposi ridacchiando e facendo ridere Edward che tutto felice si era
affrettato ad abbracciarsi stretto Alice come se avesse avuto paura
di non rivederla più.
Quella
sera ovviamente poi con calma avrei raccontato tutto ad Esme.
Ma
per adesso ero felice, avevo recuperato una giornata iniziata male ed
ero stato con mio figlio in piena serenità.
Durante
il tragitto di ritorno mentre li vedevo ridere tutti e tre sul sedile
posteriore dell'auto ripensai alla giornata. Non riuscivo a capire che
cosa mai avesse potuto spaventare Edward, di certo però mi
ero
divertito tantissimo molto di più a stare lì con
lui, che a
vederli saltellare da un gioco all'altro.
La
scuola iniziò nuovamente e i mesi ripresero a scorrere
mentre Edward
ed Alice si rilassavano sempre di più crescendo a vista
d'occhio.
Arrivò
Marzo con le sue piogge ed Esme andò a fare il giro degli
insegnanti, mentre io continuavo a lavorare tranquillo e sicuro che
tutto filasse liscio.
Ma
ero ovviamente un illuso. Non potevo certo immaginare che fare il
genitore fosse un mestiere così difficile e complicato e
quando
quella sera tornai a casa e trovai Esme abbattuta e preoccupata, mi
resi conto che i problemi che ci attendevano non erano da meno di
quelli che già avevamo superato.
Nessun commento:
Posta un commento