Charlie
Eravamo
arrivati. Stavo tremando per il freddo mentre le braccia e le spalle
urlavano di dolore.
Edward
era leggero ma portarlo in braccio così addormentato era
stata un
impresa che aveva messo a dura prova i muscoli delle braccia e della
schiena. Sam e gli altri ragazzi avevano provato ad insistere per darmi
il cambio ma non avevo voluto. Se Edward si fosse svegliato
imbraccio agli altri avrebbe potuto reagire male e una sua crisi di
panico era da evitare a tutti i costi.
Quando
arrivammo a casa di Jacob e di suo padre Billy, me lo fecero posare
sul grande e morbido divano.
Lo
feci lentamente appoggiandolo con delicatezza. La spalla doveva
fargli molto male, perché malgrado le mie attenzioni emise
un lungo
gemito aprendo gli occhi.
“Dove
sono?” mi chiese agitato guardandosi intorno spaventato.
“Al
sicuro. Qui non ti troverà nessuno. Non temere”
gli dissi
accarezzandolo fra i capelli umidi per cercare di tranquillizzarlo.
Una
ragazza, molto giovane e carina che si presentò come Emily
mi
allungò un maglione “E' tutto bagnato poverino. Lo
aiuta a
cambiarsi lei o lo faccio io?” mi chiese gentile sorridendoci
con
fare materno.
Scossi
la testa. “Non lo farà nessuno. Non si
farà toccare da noi”
dissi vedendo le loro facce stupite “E' un ragazzo un po'
particolare. Hai una coperta pesante?” chiesi.
Dovevamo
tenerlo al caldo ma spogliarlo avrebbe potuto spaventarlo. La scena
di quello che era successo a casa Cullen quando i genitori l'avevano
cambiato mi era rimasta impressa a fuoco e non volevo creare una
situazione simile.
Lei
annui e si allontanò mentre Saimon mi passava i vestiti
“E' meglio
che ti copri Charlie, altrimenti ti ammalerai” già
non aveva tutti
i torti, mi sentivo la maglia addosso ghiacciata e bagnata.
Edwrad
con gli occhi chiusi tremava malgrado la testa bruciasse.
Probabilmente aveva la febbre, pensai posandogli la mano fredda
sulla fronte.
Emily
mi portò una spessa coperta di lana lavorata a mano e
aiutato da
Saimon lo avvolgemmo al caldo. Non era l'ideale ma al momento non
potevamo fare altro.
Il
mio vice aveva telefonato a Carlisle dicendogli dove trovarci mentre
io stavo vicino ad Edward per tenerlo tranquillo. Mi auguravo che suo
padre arrivasse presto. Aveva bisogno di un medico oltreché
dell'affetto e della sicurezza che quell'uomo gli avrebbe dato.
Con
un sorriso pensai a quanto avevano fatto per quello sfortunato
ragazzo e quante conquiste erano riusciti ad ottenere. Carlisle era
l'unico che sarebbe riuscito ad aiutarlo.
Alzai
lo sguardo attirato da un leggero rumore, Emily si era avvicinata
piano e mi stava porgendo un borsa con del ghiaccio.
“Dovrebbe
mettergliela sulla guancia, così si sgonfia un po' e tiene
giù la
febbre ” disse gentile.
La
ringraziai con un sorriso e gliela appoggiai delicatamente sul viso.
Al contatto con il freddo sussultò poi aprii gli occhi un
attimo e
mi sorrise mentre si rannicchiava sotto la coperta.
“Ho
sete” mormorò poi chiudendo nuovamente gli occhi
come se parlare
fosse stato uno sforzo enorme.
Doveva
essere sfinito. Non feci in tempo a chiedere un po' d'acqua che
vidi Emily avvicinarsi con un bicchiere e una cannuccia.
“Così può bere sdraiato” mi
spiegò accucciandosi e mettendogli la
cannuccia fra le labbra riarse.
Lo
vidi aprire l'unico occhio che riusciva e sorridere alla ragazza
mentre succhiava avidamente.
“Hai
fame?” gli chiese poi lei, con una dolcezza immensa
sorridendogli.
“Si”
rispose con un filo di voce distogliendo lo sguardo forse
imbarazzato.
Lei
si alzò e senza dire nulla si avviò in cucina per
poi tornarne con una scodella di minestra. Sempre sorridendo e
muovendosi con molta
calma si sedette per terra vicino a lui e, sotto il mio sguardo
stupito, iniziò ad imboccarlo.
Era
sorprendente. Quella ragazza sconosciuta, con la sua gentilezza e la
sua calma, lo dovevano avere affascinato perché tranquillo
si lasciò
imboccare e poi sfinito si addormentò nuovamente.
Avevo
approfittato anch'io e i miei uomini della loro ospitalità
divorando
un enorme panino ripieno di formaggio e prosciutto. Stavo bevendomi
un caffè bollente per scaldarmi quando vidi la macchina di
Carlisle inchiodare.
Gli
andai incontro per tranquillizzarlo.
“Come
sta Charlie?” mi chiese agitatissimo.
“Adesso
va meglio ha bevuto e mangiato un poco. E si è addormentato
nuovamente. Era sfinito” gli dissi dolcemente. “ma
ha la febbre e
bisogna cambiarlo perché i vestiti che ha addosso sono
ancora
bagnati ma avevo paura della sua reazione, di spaventarlo.”
gli
spiegai.
Lui
annui, sapeva perfettamente che con Edward bisognava fare le cose con
calma e con un sorriso mi mostrò un pacchetto di vestiti
puliti e
asciutti che si era portato dietro.
Quando
entrò salutò tutti e ringraziò tutti
velocemente poi si chinò
vicino a suo figlio e lo chiamò piano.
Lui
aprì l'occhio sano e gli sorrise.
“Edward.”
disse Carlisle emozionatissimo.
“Scusa
papà.” gli sussurrò lui “Non
potevo fare altro”.
Cosa
intendeva? Le sue parole non mi sfuggirono mentre Carlisle sembrava
troppo felice per farci caso.
“Non
lo fare più Edward. Ti prego non scappare più da
noi.” gli disse
accarezzandogli la testa con la voce rotta dall'emozione.
“Carlisle
ha la spalla fuori posto e i piedi feriti” lo informai.
Fasciato
com'era nella coperta non poteva certo accorgersene.
Lo
vidi cambiare espressione mentre dolcemente gli spostava la coperta
per accertarsi delle sue condizioni.
“Uscite
tutti per favore. No, tu Charlie resta” aggiunse poi
vedendomi
andare via.
“Tienilo
fermo. Stringi i denti Edward. Ti farò male ma
sarà solo un
attimo.” disse, poi all'improvviso mentre finiva di parlare
tirò
un colpo secco alla spalla del suo ragazzo.
Lo
vidi sbiancare e perdere i sensi. “Non c'era altro
modo” mi
disse “Aiutami a cambiarlo”.
Velocemente
lo spogliammo e i miei occhi si posarono sullo strano ciondolo rotondo
di plastica che gli pendeva sul petto. Avevo l'impressione
di aver già visto qualcosa di simile ma non riuscivo a
ricordare
dove.
“E
questo cos'è?” chiesi a Carlisle tenendolo in mano
mentre lui gli
sfilava la maglietta bagnata.
“Non
lo so, ce l'ha sempre avuto. Deve essere un regalo di Alice.”
rispose alzando le spalle.
Lasciammo
cadere il discorso e finimmo di spogliarlo. Poi prima di vestirlo
Carlisle gli fasciò la spalla. “E' meglio che la
tenga ferma per
qualche giorno” mi spiegò.
Quando
fu vestito, gli controllò il viso con aria corrucciata.
“Deve
aver preso una bella botta cadendo” dissi nel vedere quel
livido
scuro rovinargli il viso da angelo.
“Non
è caduto.” commentò lui guardandomi
preoccupato “lo hanno
picchiato” e con delicatezza posò la sua mano
sulla guancia del
ragazzo... era il calco perfetto del livido.
Trattenni
il fiato. “Allora...” non fini la frase pensando
che anche la
spalla... Chi poteva mai essere stato?? Cosa era successo? Era forse
questo il motivo che lo aveva spinto a scappare?
“Bisognerà
chiedergli chi è stato e cosa è
successo” dissi socchiudendo gli
occhi mentre il mio cervello lavorava a mille.
Vidi
Carlisle annuire ma non sembrava molto convinto.
Poi
passò in fondo al divano e iniziò a sistemargli i
piedi, pulendo e
medicando dolcemente le numerose ferite.
“Perché
è senza scarpe secondo te?” gli chiesi incuriosito
da quel mistero
a cui non avevo trovato risposta.
Lo
vidi scuotere la testa “Non ne ho idea. Forse si sono
rotte”
ipotizzò.
Non
era possibile le avremmo trovate, pensai irrequieto... e poi
entrambe?? Sarebbe stata una strana combinazione. Forse se le era
levate? ma perché?
“Questa
vicenda è piena di misteri” mormorai preoccupato.
Lo
lasciammo riposare e solo dopo quattro ore aprì gli occhi
chiedendo
dell'acqua.
Ci
affrettammo a farlo bere e chinandomi su di lui gli porsi Tigro che
era rimasto con me.
“Tieni
Edward” dissi. Lui lo afferrò e mi sorrise
riconoscente mentre se
lo stringeva al petto.
“Che
è successo Edward. Perché sei scappato? Chi ti ha
fatto del male?”
gli chiesi cercando di essere gentile ma fermo nello stesso tempo.
Lui
mi guardò con gli occhi sbarrati dalla paura. “Non
lo so. Non
ricordo nulla... Avevo paura... Mi sono perso… non lo so...
non
ricordo... non so nulla... non voglio... ” disse scoppiando a
piangere e ritraendosi spaventato.
Guardai
Carlisle perplesso. Come poteva essere che avesse scordato tutto? Non
era possibile... ma allora ci stava nascondendo qualcosa? E se si
che cosa??
E
quando provai ad insistere nuovamente vidi il terrore prendere il
sopravvento mentre sprofondava in una vera e propria crisi di panico.
Lo
lasciai con suo padre che cercasse di calmarlo e uscii dalla casa
affranto.
Tremai
nel vento freddo mentre mi rendevo conto che Edward non avrebbe mai
parlato.
Forse
sul serio non ricordava o più facilmente aveva paura a
farlo, paura
ad ammettere quello che era successo. La sua mente e il suo corpo
ferito avevano trovato il modo di sopravvivere all'orrore che aveva
passato da bambino trincerandosi dietro l'oblio, e probabilmente al
Luna Park era successo un qualcosa che aveva risvegliato quei
ricordi.
Quasi
certamente qualcuno aveva provato a fargli del male, magari solo per
rubargli i soldi, risvegliando così i ricordi del passato in
maniera
violenta e lui come la volta precedente si stava barricando dietro
a un muro di silenzio e di oblio nascondendo gli avvenimenti persino a
se stesso.
Muri
che se non avessimo trovato modo di abbattere sarebbero presto
diventati la tomba del suo animo...
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