Carlisle
Arrivammo
a casa e dopo averli salutati uscii per recarmi da Charlie.
Avevo
fretta. Mi chiedevo con ansia se era riuscito a scoprire qualcosa. I
comportamenti dei gemelli e in particolare di Edward erano
preoccupanti. Più ci pensavo e più mi rendevo
conto che
all'orfanotrofio non ci avevano detto tutto.
Possibile
che fosse una dimenticanza? No, decisamente era un ipotesi da
scartare. Ero sempre più convinto invece che non l'avessero
fatto
per non spaventarci.
Stavamo
scoprendo le cose a pezzettini, anche perché i due gemelli
erano
riservatissimi e noi non volevamo fare loro troppe pressioni.
Già
non doveva essere facile per loro accettarci e cambiare vita,
figuriamoci trovare un qualcuno che li avesse assaliti con domande
riguardo al loro triste passato.
Secondo
le moderne teorie degli psicologi la cosa migliore era chiudere con
il passato e guardare avanti e quindi... c'era solo da sperare che
presto riuscissero ad aprirsi del tutto con noi, a scrollarsi di
dosso i ricordi e le paure che li accompagnavano.
Però
se Charlie avesse trovato qualcosa per aiutarci a capire...
“Ciao
Charlie” dissi entrando nel suo ufficio dopo aver salutato il
suo
secondo Saimon seduto al bancone dell'entrata.
“Hai
scoperto qualcosa?” gli chiesi ansioso sedendomi sul bordo
della poltrona di pelle davanti a lui in trepida attesa.
“Poche
cose Carlisle. Tieni leggi i verbali della polizia, me li hanno
mandati ieri i miei colleghi che hanno seguito il caso” disse
porgendomeli prontamente.
Mi
sedetti e iniziai a leggere.
Il
fattaccio era avvenuto il 5 Gennaio di un pomeriggio piovoso nella
vicina contea dove vivevano felicemente i gemelli con la loro
famiglia. La pioggia purtroppo aveva cancellato le tracce
all'esterno della casa.
Il
verbale parlava di almeno quattro uomini entrati in casa, che non
si era riuscito a identificare. Unica traccia un biglietto per la
ruota panoramica del Luna Park, presente in città come ogni
anno nel
periodo natalizio, che era stato trovato per terra e sporco di
sangue, ma che non aveva portato a nulla di concreto se non alla
conferma che la famiglia si era recata lì nei giorni
precedenti.
L'unico
testimone era stato Edward che era stato trovato in evidente stato di
shock e che non aveva collaborato con le indagini.
Nel
verbale poi era stato descritto che il padre era morto subito mentre
la madre era stata sottoposta a violenza oltre che a percosse prima
di morire in un lago di sangue nel letto matrimoniale.
I
verbali erano molto crudi e in quanto medico avrei dovuto essere
abituato ma malgrado quello, leggendo mi sentii male e dovetti
fermarmi a prendere fiato.
“Sono
state delle bestie” commentò Charlie a denti
stretti con gli occhi
che gli bruciavano dalla rabbia.
“E'
un miracolo che Edward non sia impazzito per aver assistito”
commentai assorto “Non c'è da meravigliarsi che
abbia dei
comportamenti anomali” continuai intristito per il destino di
quel
ragazzo.
“Già.
Ma questo non chiarisce il perché ha paura dei
poliziotti”
continuò Charlie scuotendo la testa avvilito.
“Forse
quando l'hanno interrogato, per avere qualche indizio, l'hanno
spaventato” provai a dire poco convinto.
“Noi
non siamo delle bestie” mi rispose accalorato “ E
poi a
interrogarlo è stato uno psicologo, e non certo in divisa.
No
Carlisle temo di più che sia stato minacciato
affinché non avesse
il coraggio di parlare con qualche poliziotto” disse a bassa
voce.
“E
questo spiegherebbe perché non apre bocca. Ha paura che
ritornino
per vendicarsi nel caso parlasse. Paura che possano di nuovo fare
male a qualcuno... magari ad Alice, visto come la sorveglia in
continuazione.” affermai allibito dalla teoria che avevo
elaborato.
“Temo che tu abbia
ragione. Anche se mi sembra una paura assurda. Ormai
saranno lontani, si saranno dimenticati certamente di lui. Erano solo
dei ladri visto come hanno ripulito la casa da qualsiasi oggetto di
valore. Non ha senso continuare a tacere e a vivere nel terrore di un
loro ritorno.” lo vedevo scuotere la testa, poi
continuò “Ma
non capisco, allora, il perché Alice si comporti in maniera
così strana. Lei non era presente, quel pomeriggio. Di cosa
ha paura??”
rifletté Charlie tirandosi il baffo assorto.
Scossi
la testa “Alice ha solo paura di essere abbandonata. Di
perdere
Edward. Di stare da sola. Se ci pensi bene è uscita e quando
è
tornata ha trovato la sua famiglia distrutta ed è stata
chiusa in un orfanotrofio, da sola e senza spiegazioni. Probabilmente
ha
reagito così non per te, come il gemello, ma
perché lo ha visto scappare.”
commentai triste. Poveri bambini. Mi venivano i brividi a pensare
cosa avevano passato.
“Stanno
un po' meglio adesso?” mi chiese Charlie
“Si.
Stanno facendo progressi. Ogni giorno si rilassano sempre di
più
anche se siamo solo all'inizio.” risposi sorridendogli e
raccontandogli le ultime novità.
“Dovrete
avere pazienza ma con il tempo magari riuscirete a ottenere
qualcosa. Anzi credo che Domenica ti verrò a trovare in
borghese.
Così forse non spaventerò Edward più
di tanto e magari riuscirò a
farmi accettare da lui.” mi disse sorridendomi.
“E'
un ottima idea Charlie. Non mi piace che abbia paura dei poliziotti e
magari conoscendoti imparerà a fidarsi.” dissi
alzandomi “Adesso
vado. Non voglio lasciare tanto da sola Esme. Ho solo altri due
giorni di ferie ma finché posso voglio aiutarla. Non
è semplice
gestirli a volte... e se Edward avesse un altra crisi...”
dissi
immaginando Edward che correva a nascondersi ed Alice che scoppiava a
piangere. Per fortuna che c'era Emmett che avrebbe potuto aiutarla a
prendersi cura dei gemelli e che grazie a loro era già
diventato più
maturo e responsabile nonostante i battibecchi con quella peste di
Alice.
“Fai
bene Carlisle e salutamela tanto” mi disse sorridendo.
A
casa aspettai di prendere Esme da parte e le raccontai il nostro
colloquio omettendo la descrizione delle violenze e poi andammo tutti
a dormire.
Erano
passati appena otto giorni dal loro ingresso in casa, quando quel
pomeriggio il campanello suonò.
Era
un suono gioioso ma che avrebbe devastato i nostri cuori.
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