Esme
Mi
svegliai di soprassalto e dopo un attimo di sorpresa e di
disorientamento per quel brusco risveglio mi precipitai verso la
camera dei ragazzi.
La
luce era accesa ed Emmett era seduto sul letto del fratellino,
stringendo forte a se Edward che singhiozzava.
Rimasi
sullo stipite a guardarli stupita.
Sembrava
che Emmett avesse fatto molta più amicizia con Alice ma lo
sguardo
con cui guardava suo fratello e la dolcezza con cui se lo cullava mi
indicava quanto attaccato fosse in realtà anche al gemello.
Evidentemente in quei pochi giorni fra di loro si era instaurato un
rapporto silenzioso e poco appariscente ma che era più forte
di
quello che io e Carlisle potessimo immaginare.
Di fatto Emmett aveva di fatto preso sotto la sua custodia i due fratellini più piccoli. E adesso guardandolo con quanto affetto stringeva a se il piccolo e fragile Edward mi senti il cuore riempirsi di commozione.
Di fatto Emmett aveva di fatto preso sotto la sua custodia i due fratellini più piccoli. E adesso guardandolo con quanto affetto stringeva a se il piccolo e fragile Edward mi senti il cuore riempirsi di commozione.
Si
eravamo una famiglia. Appena nata ma già una vera famiglia.
“Edward”
la voce tremante di Alice risuonò nel buio del corridoio.
Mi
voltai e la vidi in piedi attaccata allo stipite che piangeva
spaventata a sua volta.
“Ci
penso io a lei” mi disse Carlisle prendendola in braccio e
riportandola nella sua camera.
“Vai
a letto anche tu Emmett. Sto io con Edward” gli dissi
chiudendo la
luce e sedendomi sul letto vicino a lui.
Non
riusciva a smettere di singhiozzare così lo presi in
braccio, con
una certa difficoltà per la lunghezza e il peso, e lo portai
in
cucina dove gli diedi un piccolo bicchiere di latte caldo.
Lentamente
fra un singhiozzo e l'altro lo bevve mentre i suoi occhi vagavano tra
me, e la porta della cucina, inquieti.
“Va
tutto bene Edward. Non c'è nessun pericolo” gli
dissi ancora una
volta per calmarlo.
Carlisle
ci raggiunse e lo abbracciò, poi senza preavviso se lo prese
in
braccio e canticchiando iniziò a passeggiare.
Edward
con la testa sulla sua spalla, Tigro stretto al petto, pian piano si
addormentò.
Lo
portammo allora nel suo letto e andammo a dormire anche noi.
Pensavamo
fosse stato un caso isolato ma per quasi una settimana ogni notte si
svegliò piangendo, ma ogni volta si riaddormentava sempre
prima fino
a che iniziò a dormire senza interruzioni.
Non
provammo mai a chiedergli nulla sugli incubi, ma dalle crisi e dalle
poche parole sussurrate intuimmo che si riferivano alla morte dei
genitori.
La
shock subito durante quel terribile pomeriggio e la separazione
repentina da noi e da Alice aveva risvegliato nella sua mente qualche
ricordo che tornava puntualmente di notte a torturarlo.
Era
sabato sera quando Charlie, suonò al nostro campanello.
Andò
ad aprire Emmett e lui tranquillo avanzò nella nostra sala.
“Buonasera”
disse allegro poi si voltò verso Edward che fermo in piedi
aveva
messo Alice dietro di se come se dovesse difenderla da
chissà quale
pericolo.
“Ciao
Edward. Visto, sono in borghese” gli disse alzando le mani
per
fargli vedere che non aveva nulla.
“Ciao
Charlie” lo salutò Carlisle ridacchiando di quella
scenetta.
Anch'io
mi affrettai a salutarlo dandogli un bacino sulla guancia.
Volevamo
fare capire ad Edward che andava tutto bene e che non doveva
preoccuparsi. Ma lui continuava a guardarlo circospetto, i muscoli
tesi, pronto a fuggire con Alice se fosse stato necessario.
“Domani
hanno dato il sole e pensavo di andare a pescare sul lago.
Perché
non venite anche voi?” gli chiese Charlie al mio amore.
Carlisle
mi guardò interdetto. Era una bella idea, era ancora fine
Luglio e
sarebbe stata una bella giornata calda da passare all'aria aperta.
“Hai
avuto un ottima idea, e visto che Carlisle è in festa
potremmo fare
un bel pic-nic. ” risposi sorridendogli.
“Bene.”
disse Charlie tutto soddisfatto.
“Che
bello zio Charlie “intervenne Emmett felice.
Lui
adorava andare a pescare. In effetti lui adorava fare qualsiasi cosa
tranne studiare. E l'idea di andare a pescare con suo padre e con
Charlie lo entusiasmava sempre.
“Giochi
a scacchi con me?” chiese poi sornione al nostro burbero
sceriffo
andando a prendere la scacchiera riposta sullo scaffale.
Emmett
sapeva benissimo che Charlie era una frana e tutte le volte se ne
approfittava. Si divertiva un mondo a batterlo e sapeva di poterlo
fare facilmente.
Dal
canto suo il nostro amico lo sapeva benissimo e adorava giocare con
Emmett. Supponevo gli mancasse la sua piccola Isabella e cercasse nel
nostro figliolo quella compagnia che gli mancava tanto.
Iniziarono
a giocare silenziosi e attenti alle mosse dell'avversario. Lentamente
vidi i gemelli avvicinarsi incuriositi da quella sfida.
Alice
curiosa e invadente come al suo solito iniziò con il
guardare
Charlie giocare con aria critica scuotendo la testa, finché
dopo
poco lui se la ritrovò sulle ginocchia a farsi suggerire le
mosse.
Edward
invece stava sempre un po' staccato, sebbene incuriosito, ma sembrava
apparentemente tranquillo anche se lo teneva costantemente sotto
controllo, probabilmente pronto ad intervenire se Charlie avesse
detto o fatto qualcosa che poteva essere un pericolo per la sorella.
Il
giorno dopo a pesca Charlie ebbe una pazienza infinita con Alice che
lo tempestò di domande e non lo lasciò un attimo
in pace facendosi
insegnare tutto quello che poteva. Anche Edward era interessatissimo
e attento a tutto quello che Charlie e Carlisle facevano e alla fine
il nostro amico riuscì addirittura ad abbracciare, purtroppo
solo
per pochi attimi, Edward con la scusa d'insegnargli a tenere la canna
nella maniera giusta.
Era
stata una bellissima giornata rilassata e felice. I bambini avevano
giocato e si erano divertiti un sacco mentre la sottoscritta si era
rilassata godendosi il sole e un po' di tranquillità.
Per
fortuna tornammo a casa in tempo. Si era alzato all'improvviso un
forte vento di burrasca e nel giro di poco si scatenò un
violentissimo temporale con i tuoni e i fulmini che illuminavano
la serata.
Charlie,
visto il brutto tempo si fermò da noi a cena e tutto
sembrava
procedere bene.
Solo
Edward era diventato all'improvviso nervosissimo e stava attaccato a
Carlisle sobbalzando ad ogni tuono.
Stavo
tagliando l'insalata, quando il coltello mi sfuggì di mano
aprendomi
una lunga ferita nel palmo.
“Carlisle!”
chiamai preoccupata dalla quantità di sangue che usciva dal
taglio.
Corsero
tutti in cucina e il mio amore mi fece mettere la mano sotto l'acqua
fredda per guardare l'entità del danno.
“Non
è niente Esme. E' un taglio superficiale. Non c'è
bisogno di punti” mi disse avvolgendomi il
palmo in un fazzoletto pulito.
“Emmett
mi vai a prendere la borsa nello studio, così medico bene la
mamma?”
chiese tranquillo.
Mi
voltai e vidi Alice avvinghiata a Charlie con gli occhi sbarrati dal
terrore.
Un
lampo illuminò a giorno la sala e mi accorsi che mancava
Edward.
Il
panico m' invase quando realizzai.
Il
coltello caduto per terra sporco... le gocce di sangue... il
temporale.
Tutto
ricordava quel tragico pomeriggio.
Guardai
Carlisle un attimo e vidi che anche lui aveva capito.
“Emmett
hai visto Edward?” gli chiese vedendolo scendere dalle scale
con la
borsa da medico in mano.
“No.
Era giù con voi” rispose stupito.
Lo
sguardo di Alice vitreo e fisso sulla porta rimasta aperta ci fece
subito intuire l'accaduto.
Edward
era scappato di casa.
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