martedì 12 febbraio 2013

Capitolo 32 Una scoperta sconvolgente

Carlisle

Non persi tempo.
Gridai a Charlie di occuparsi dei bambini e di Esme e uscii a cercare Edward.
Stava letteralmente diluviando e solo i lampi illuminavano il giardino ormai buio.
Con il cuore in gola iniziai a vagare nella notte esplorando il grande prato, cercando ovunque e chiamandolo a gran voce.
Ma gli unici suoni che sentivo in risposta erano  quelli dell'acqua che batteva ritmica sul terreno e dei tuoni che facevano rimbombare tutto.
Non riuscivo a vedere nulla.
Il vento e la pioggia mi accecavano, mentre nel giro di pochi secondi mi ritrovai completamente fradicio.
Avrei dovuto mettermi una giacca o prendere un ombrello ma ero uscito così com'ero preso dall'ansia di trovarlo e spaventato dalla sua fuga così improvvisa e inaspettata.
Edwarddd” gridai ancora una volta malgrado la mia voce venisse coperta da un altro tuono.
Poi un lampo illuminò a giorno lo staccato che circondava il giardino, dividendolo dal bosco che confinava con il retro della casa, e notai che un asse era caduta. Quando eravamo rientrati era ancora tutto in ordine, quindi forse era stato il vento o un animale, ma con la speranza che fosse stato Edward nella foga di fuggire, scavalcai quell'ostacolo e mi diressi nel sentiero che s'inoltrava in mezzo agli alberi dietro a casa.
Mi allontanai pochissimo, forse dieci metri quando un lampo lo illuminò.
Era rannicchiato nella fessura di una enorme masso. Con un sospiro di sollievo corsi verso di lui ma mi bloccai a qualche metro.
Era terrorizzato, gli occhi sgranati mi fissavano senza vedermi realmente.
Edward” lo chiamai dolcemente avvicinandomi adesso piano per non spaventarlo ancora di più.
Lui trasalì nel sentire la mia voce e arretrò verso il buco nella pietra alle sue spalle.
Edward. Sono Carlisle, sono papà” gli dissi dolcemente alzando le mani aperte verso di lui come ad abbracciarlo.
Lui mi guardava fisso ma non sembrava che mi riconoscesse.
M'inginocchiai nel fango.
Edward, vieni. Vieni da me” gli dissi alzando appena la voce per coprire il tuono che adesso rimbombava più piano. Il temporale si stava allontanando per fortuna.
Non aver paura, non ti voglio fare del male. Vieni a casa. La mamma sta bene e ti aspetta. Vieni da me” parlai lentamente cercando di sembrare il più calmo possibile.
Era chiaramente terrorizzato e non volevo che scappasse nuovamente. Volevo si avvicinasse, si fidasse.
Mamma” ripeté con un singhiozzo come se quella parola avesse un significato particolare, un gusto amaro.
Adesso mi avvicino. E tu mi aspetti. Stai lì fermo che vengo a prenderti” dissi dolcemente ma con fermezza, muovendomi con una lentezza assurda per non spaventarlo.
Lo vidi rannicchiarsi ancora di più ma non arretrò.
Alice ti aspetta” aggiunsi per cercare di calmarlo, facendo un altro passo. Se continuavo a parlare forse sarei riuscito ad arrivargli abbastanza vicino.
Alice?” ripeté inebetito.
Ecco adesso torniamo a casa da lei. Ha bisogno di te. Devi consolarla, sta piangendo. Lei ti aspetta... ha paura senza di te. Non puoi abbandonarla.” ripresi, cercando di convincerlo.
Feci altri due passi, lentamente… ecco adesso mancava meno di un metro bastava allungare le braccia e avrei potuto sfiorarlo.
Lui mi guardava gli occhi sempre dilatati in maniera innaturale, il suo cuore che batteva tanto forte da riuscire a sentirlo a quella distanza.
Anche il respiro era accelerato assurdamente, e malgrado il freddo lo facesse tremare potevo vedere il sudore mischiarsi alle gocce di pioggia che gli colavano dai capelli e dal viso. Era sotto shock. Quello che era successo lo aveva completamente mandato fuori di testa, riportandolo a quel maledetto pomeriggio, pensai disperato.
Alice ha bisogno di te” gli ripetei ancora mentre facevo un altro passo.
Lui mi guardava e guardava le mani tese. Poi un lampo lontano ci rischiarò un ultima volta ed Edward con un grido strozzato si girò per scappare.
Mi lanciai su di lui e lo atterrai. Veloce lo presi e lo strinsi forte al petto.
Sono io Edward, sono papà. Non aver paura, sei al sicuro. Nessuno ti farà del male. Adesso ti porto a casa” gli ripetei disperato.
Sorprendentemente e per fortuna scoppiò a piangere e mi strinse forte senza più tentare di fuggire “Ho paura. Non permettere che mi facciano del male ” mormorò fra un singhiozzo e l'altro.
Stai tranquillo piccino mio, adesso andiamo a casa. Va tutto bene, nessuno ti farà del male. Non permetterò a nessuno di farti del male”.
Mi alzai e tenendolo stretto fra le braccia ritornai sui miei passi il più velocemente possibile.
Lui non smetteva di piangere il volto nascosto nel mio collo, le mani artigliate alla mia camicia zuppa di pioggia.
Quando entrammo in casa Esme ci corse incontro. “Edward” gridò ma lui per risposta si nascose ancora di più contro di me.
E' sotto shock Esme” le spiegai con il fiatone “ ma dobbiamo cambiarlo. E' fradicio, rischia di prendersi una polmonite”
Sentivo il suo corpo gelido tremare e sussultare per i singhiozzi e per il freddo. Le mani premute convulsamente sulla mia camicia bagnata erano ghiacciate. Le sentivo sulla schiena come spine gelide che mi attraversavano la spina dorsale.
Charlie occupati dei bambini” disse lei e scattò verso le scale  “Mettilo sul divano nello studio. Vado a prendergli dei vestiti asciutti e degli asciugamano” aggiunse sparendo nella sua stanza.
Entrai nello studio e cercai di posarlo sul divano. Ma non c'era nulla da fare era avvinghiato a me e per risposta al mio tentativo strinse ancora di più la presa rischiando di soffocarmi.
Esme arrivò ad aiutarmi. Lo prese per le ascelle e cercò di tirarlo via.
Lui fece resistenza poi, all'improvviso, forse stanco, lasciò la presa.
Esme lo abbracciò un attimo a se e poi lo posò delicatamente sul divano per asciugargli i capelli che colavano e cambiargli i vestiti zuppi.
Gli occhi di Edward continuavano ad essere dilatati mentre spaventato dai suoi fantasmi iniziò a smaniare per cercare di scappare dalle nostre braccia e fuggire nuovamente lontano nella notte.
Lasciatemi andare... non fatemi del male... Vi prego... Papà... Sangue... no... non voglio...” le sue parole smorzate dai singhiozzi che avevano ripreso a scuoterlo mi stavano spezzando il cuore.
Veloci insieme lo tenemmo fermo e iniziammo a levargli il maglione e la camicia bagnati e gelidi.
No. Non voglio. Lasciatela stare... non fate del male alla mamma. Non toccatemi...” ci pregava cercando ancora di fuggire.
Ma eravamo in due e lui pur agitandosi non aveva la lucidità per riuscire nel suo intento e nemmeno più le forze.
Come Esme gli sfilò la canottiera rimanemmo scioccati.
Finalmente capimmo il perché non voleva mostrarsi spogliato.
Una lunga cicatrice prodotta da un coltello partiva dall'inizio dello sterno per scendere sotto la cintola dei pantaloni, mentre un altra orizzontale e perpendicolare univa i due capezzoli, una terza parallela gli attraversava l'ombelico da un fianco all'altro.
Per un attimo trattenni il fiato chiedendomi quale mostro poteva aver fatto una cosa simile.
Ci guardammo negli occhi con Esme un attimo poi, senza una parola, iniziammo a mettergli la maglia del pigiama.
Al collo, tenuto su da una stringa di cuoio, portava un gettone colorato di plastica dura bucato nel centro.
Probabilmente, pensai con un sorriso, era un regalo di Alice che, sapevo per esperienza diretta, si divertiva a fabbricare gioielli con qualsiasi materiale le capitasse sotto mano.
Al sentirsi vestire sembrò rilassarsi un attimo e sdraiatolo Esme iniziò ad aprirgli i pantaloni completamente zuppi per sfilarglieli mentre io cercavo di tenerlo tranquillo con le carezze.
Come sganciò il primo bottone lui emise un urlo disperato “No...Non fatemi del male... Vi prego no... No...” gridò iniziando a cercare di picchiarci per fuggire.
Non riuscivamo a tenerlo fermo, si contorceva come se gli avessimo dato fuoco. Urlava come un disperato mentre cercava di mordere le nostre mani e di graffiarci in viso.
Charlie attirato dagli urli entrò in quel momento nella stanza “O cielo” lo sentì dire a vedere quella scena surreale “ma cosa...” continuò con gli occhi sbarrati dall'orrore.
E' sotto shock” gli spiegai “tienilo fermo, non farlo scappare” gridai sopra i suoi urli disperati mentre correvo di sotto a prendere la mia borsa da medico. La trovai e mentre passavo di corsa diedi una vista al salotto.
Alice piangeva disperata in braccio ad Emmett che cercava di consolarla.
Nella borsa trovai quello che cercavo, una siringa e una boccetta di calmante da usare come pronto soccorso per le emergenze.
Charlie tienigli fermo un braccio” gli ordinai mentre bagnavo un batuffolo di cotone con l'alcool.
Lui fece ancora più forza sul polso immobilizzandolo mentre io gli iniettavo il calmante nella spalla.
Come ebbi finito Edward continuò ad agitarsi ancora per un paio di minuti continuando a pregarci di non fargli male, poi il calmante fece effetto, lui chiuse gli occhi, smise di dimenarsi ed urlare e sfinito si addormentò fra le braccia di sua madre.
Spossati a livello emotivo lo adagiammo sul divano. Aveva diversi lividi sui polsi e sulle gambe dove avevamo stretto per non farlo fuggire nuovamente.
Esme mi guardò sconvolta e pallida mentre piangendo si buttò fra le mie braccia.
Non ho mai visto una cosa simile” mi disse Charlie con gli occhi allucinati guardandolo dormire apparentemente tranquillo.
Io si.” mormorai. Facendo il medico da tanti anni ne avevo viste di tutti i colori.
“Ma perché?” mormorò Esme staccandosi e asciugandosi gli occhi mentre si chinava per sfilandogli le scarpe e i pantaloni.
Mi affrettai ad aiutarla. Aveva il corpo ghiacciato malgrado le guance fossero rosse dallo sforzo.
Credo che sia tornato a quel giorno” mormorai avvilito.
Quanto aveva sofferto quel ragazzo?
Hai visto i segni sul petto?” mi chiese lei ancora sconvolta.
Annui e insieme gli sfilammo i boxer zuppi.
La linea tracciata dal coltello finiva alla base del pene. Per fortuna il suo apparato genitale era in ordine e intatto.
Tremai all'idea di quello che probabilmente era successo, del terrore e del male che aveva subito.
Esme senza una parola prese nuovamente l' asciugamano che aveva portato e glielo passò sul corpo e nuovamente fra i capelli poi dopo avergli messo il pigiama asciutto lo presi fra le braccia e lo portai nella sua stanza mettendolo al caldo sotto le coperte.
Il suo respiro e il suo cuore erano divenuti regolari e lui sembrava dormire tranquillo.
Non durerà molto. L'effetto dovrebbe passare tra un paio d'ore. Ma spero che quando si sveglierà sarà di nuovo in se” dissi guardandolo preoccupato.
Andate da Alice ed Emmett, saranno preoccupatissimi” sentii dire da Esme. “Io resto qua con lui, così se si sveglia non sarà solo.”
Aveva ragione come sempre e dopo averle dato un bacio fra i capelli, corsi a cambiarmi, presi un aspirina sperando di non essermi preso una bronchite e scesi di sotto dove trovai Alice che dormiva esausta fra le braccia di Emmett sotto lo sguardo protettivo di Charlie che li aveva raggiunti non appena Edward si era addormentato.
Il mio piccolo Emmett nel giro di due mesi era diventato un uomo e da disordinato e infantile era maturato prendendosi cura dei fratelli più piccoli.
Grazie Emmett” gli dissi prendendo Alice e mettendomela in braccio mentre gli posavo un bacio in fronte.
Edward sta bene?” chiese spaventato.
Si Emmett. Adesso sta bene, sta dormendo e la mamma è rimasta a fargli compagnia” lui annui, si asciugò gli occhi cerchiati di rosso e prese Charlie per mano.
Giochiamo con la play?” gli chiese e la sua voce tremava.
Charlie gli sorrise, si girò verso di me facendomi l'occhiolino e iniziarono una partita a tennis.

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