mercoledì 3 aprile 2013

Capitolo 73 L'ultimo segreto svelato


 

Capitolo 73 L'ultimo segreto svelato



Bella



Come suonò la campanella dell'intervallo presi Alice e la trascinai in un angolo del corridoio dove avremmo potuto parlare tranquille.

Con le lacrime agli occhi e la voce rotta dall'emozione mi raccontò tutto.

Mi stavo sentendo male, era un miracolo che il segreto che aveva tormentato Edward per tanti anni, non lo avesse fatto impazzire del tutto.

Almeno è riuscito a capire, e a tir fuori la sua sofferenza” disse piano Alice asciugandosi quelle lacrime che non riuscivano a fermarsi.

Ma non capisco perché tentare il suicidio” risposi con un filo di voce, scossa da quello che mi aveva raccontato

Da quello che abbiamo capito i motivi sono stati due a spingerlo a reagire così. La vergogna di non sentirsi normale e la paura di questo Lui” mi spiegò lei.

Quindi se adesso sta bene fisicamente...” non finii la frase mentre il mio cervello lavorava a pieno ritmo.

Resta il suo misterioso aggressore. Ma non lo prenderanno mai” mi disse lei sconfortata “E mio fratello continuerà a vivere nella paura che Lui lo ritrovi” finii nascondendo la testa fra le mani.

Scossi la testa e le feci la domanda che mi ronzava, come una mosca fastidiosa, dalla sera precedente.

Alice. Voi nei giorni prima del... del delitto... voi eravate andati al Luna Park con la tua famiglia ... vero??” le chiesi titubante.

La vidi annuire. “Si. C'eravamo andati il giorno prima, era stata una giornata stupenda” mi confermò triste al ricordo degli ultimi attimi di felicità passata con i genitori.

Ed Edward adesso ha però paura di quel posto.” continuai seguendo il mio istinto.

Si, se ti ricordi è fuggito senza motivo da lì l'ultima volta che ci siamo andati. ” confermò guardandomi assorta e triste al pensiero di quello che aveva combinato il fratello.

Mi ricordavo quel particolare. La cosa mi aveva colpito. Non era certo un posto da cui fuggire o di cui avere paura... ma ...

 Non so perché ma quel posto è legato agli omicidi di Natale. Mio padre sta indagando... tutti gli indizi sembrano portare lì.” le dissi sforzandomi di capire, di trovare un nesso logico “Ma dimmi c'è niente che possa legare tuo fratello a quel posto? A parte la gita fatta il giorno prima c'è una qualsiasi cosa... un peluche, un ricordo, una fotografia” provai a chiedere stavo andando a tentoni per cercare di ricostruire quando la vidi illuminarsi.

Al collo porta un ciondolo bizzarro. E' un gettone bucato, sai di quelli che s'infilano negli autoscontri e  se non mi ricordo male sopra c'è disegnato il logo  del Luna Park...  La prima volta che l'ho visto è stato in ospedale quando mi portarono da lui dopo la morte dei nostri genitori. Gli chiesi spiegazioni, dove l'avesse preso ma all'epoca non apriva bocca con nessuno e poi me ne sono dimenticata.” Mi stava raccontando le cose con naturalezza come se raccontasse cosa aveva mangiato il giorno prima ma le sue parole mi illuminarono la situazione.

All'improvviso misi tutti i dettagli insieme, un gigantesco puzzle si era formato nella mia testa.

Ma certo non poteva essere che così !!

Alice. Dobbiamo andare là. Dobbiamo andare al Luna Park e cercare un gettone identico a quello” le dissi.

Se avessimo trovato a quale gioco apparteneva il gettone di Edward, avremmo trovato la connessione con il parco giochi e magari scoperto qualcosa sul misterioso Mostro di Natale.

Ma solo lei aveva visto quel gettone, solo lei conosceva la sua forma e quindi senza pensarci su la misi al corrente delle mie supposizioni e concordammo di svicolare il prima possibile per andare ad indagare.

Avevamo un caso da risolvere... la scuola avrebbe potuto aspettare... la salute del mio amore no.





Charlie



Dopo aver chiamato Carlisle mi riposai un paio d'ore, mi cambiai, mi infilai una  seconda pistola di riserva nella cintura dietro ai pantaloni e mi recai a casa Cullen.

Fu una stupita Esme ad aprirmi la porta “Ciao Charlie” mi salutò preoccupata nel vedermi in divisa.

Avevo imparato a non presentarmi mai in versione ufficiale a casa loro per non turbare Edward, ma stavolta non ne potevo fare a meno.

Ero lì per lavoro.

C'è Edward?” le chiesi sulla soglia di casa sapendo già che l'avrei trovato.

Si. E' lì al tavolo che fa i compiti. Che è successo?” mi chiese preoccupata.

Devo parlargli Esme, è importante. Non ti intromettere” l'avvertii.

Non le sarebbe piaciuto, come probabilmente non sarebbe piaciuto a lui.



Quando entrai vidi Edward alzare la testa dai libri e sbiancare.

Edward devo solo parlarti” gli dissi subito, prima che fuggisse di sopra.

Lui si alzò e iniziò ad arretrare spaventato.

Sapevo che aveva paura non di Charlie , ma del poliziotto che ero.

Io ero infatti colui che, a conoscenza del suo segreto, avrebbe potuto costringerlo a parlare e a rivelare al mondo la sua vergogna. Aveva paura che lo volessi interrogare, che lo costringessi ad andare in un aula di tribunale  a raccontare quello che gli era successo.

Per questo mi aveva sempre girato al largo, aveva sempre avuto paura che io capissi, che io gli strappassi il suo segreto e adesso se non lo avessi bloccato subito, probabilmente sarebbe nuovamente fuggito da me e dal pericolo che rappresentavo ai suoi occhi.

Ma io ormai sapevo, sapevo più di quello che lui stesso avrebbe potuto ammettere.

Edward. Non mi avvicino. Stai lì” gli dissi sorridendogli e sperando che mi desse retta.

Voglio solo che mi mostri il petto” gli chiesi con dolcezza, ma c'era ansia e autorità nella mia voce. Tutta la mia tesi si basava su quello. Tutto gli indizi portavano a quello. Dovevo avere la conferma dei miei sospetti.

Lui si fermò a guardarmi stupito. I suoi occhi andarono a cercare Esme preoccupati e spaventati.

Forza Edward. Non ti farà nulla. Lo conosci, sai che puoi fidarti” gli disse lei sorridendogli e andandogli vicino con fare protettivo “non hai nulla da nascondere, non devi più aver paura di lui. Ascoltalo ti prego.”

Lo vidi annuire con gli occhi dilatati dalla paura e levarsi prima la felpa, poi la maglietta.

Per un attimo trattenni il fiato.

Le cicatrici sebbene più sbiadite erano sempre lì, sempre a ricordare il dolore che doveva aver patito. Ma nessuna traccia del medaglione che ricordavo portava da sempre e di cui nessuno sapeva la provenienza.

Poi vidi intorno alla gola una striscia di cuoio scuro.

Edward. Dov'è il medaglione che normalmente porti al collo?” gli chiesi ansioso.

Mi ricordavo di averlo notato quando avevo aiutato Carlisle a cambiarlo nella casa di Billy, e il racconto fatto a Bella mi aveva fatto venire in mente quel particolare a cui allora non avevo dato peso. Ma adesso dovevo rivederlo perché se avevo ragione non era la prima volta che mi imbattevo in un oggetto simile.

Lui mi guardò confuso un attimo poi si portò la mano al collo e girò il cuoio fino a farlo scivolare sul suo petto.

Il gettone rosso e bucato scivolò silenzioso.

Trattenni il fiato ero identico a quello trovato vicino Steven, il ragazzo morto e se non mi ricordavo male al collo di quel Mike del Luna Park.

Come lo hai avuto Edward?” gli chiesi eccitato da quello che pensavo era finalmente la soluzione del giallo che aveva mietuto numerose vittime.







Lui mi guardò confuso e spaventato. Forse non se lo ricordava... forse aveva cancellato dalla memoria quello che era successo, così come aveva fatto con il resto del suo passato.

Poi senza alcun preavviso scivolò a terra senza un gemito stringendosi le ginocchia al petto.

Esme gli corse a fianco “Edward” lo chiamò spaventatissima riconoscendo i sintomi di una nuova crisi di panico.

Avrei voluto correre vicino a lui e confortarlo come stava facendo sua madre ma non potevo, ero un poliziotto e la sua risposta era troppo importante. Doveva reagire e soprattutto doveva parlare e rivelare anche  l'ultimo segreto.

Così con la voce ferma e dura ripetei la mia domanda “Dove l'hai preso Edward? Il ciondolo come è finito al tuo collo? Te lo ha messo Lui... vero?”

Lo vidi tremare fra le braccia di sua madre.

Gli stavo risvegliando un ultimo pezzo di memoria, un altra fetta di dolore “ Si” soffiò fuori con un filo di voce mentre le lacrime iniziavano a spuntare dai suoi occhi “ Lui me l'ha messo al collo prima di andare via. Lui ha detto che io ero suo. E che non me lo dovevo levare... così mi avrebbe trovato di nuovo” affermò con un singhiozzo affondando il viso nel petto di Esme. Poi continuò. L'ultimo pezzo di muro, costruito per proteggersi da quel misterioso Lui era crollato e adesso avrebbe finalmente rivelato anche l'ultimo orrendo dettaglio.

E con la voce stentata e tremante iniziò a parlare e a raccontare ciò che il misterioso Lui gli aveva detto. “Sei bello.” mormorò Edward “I tuoi occhi verdi sono meravigliosi” continuò sommessamente “ Ti ritroverò, quando tornerò qua vicino, ti cercherò nuovamente, ma devi tenere questo al collo. Vedi ce l'ho anch'io, sarà il simbolo della nostra unione. E tu sarai per sempre mio e di nessun' altro.”

La sua voce si spense in un singhiozzo disperato, la consapevolezza che il Mostro lo aveva in qualche modo legato a se lo avrebbe distrutto... pensai con terrore.

E l'unico modo per salvare il nostro ragazzo era di prendere e fermare il Mostro. Solo così forse Edward avrebbe trovato pace. Solo con la consapevolezza di essere finalmente al sicuro sarebbe riuscito a ritrovare quella serenità che gli mancava ormai da troppo tempo.



Presi fiato e aspettai che si calmasse. Sapevo che la vicinanza di Esme e le sue coccole avrebbero fatto da anestetico al dolore dei ricordi, perché purtroppo non era finita e il peggio doveva ancora arrivare.

Se avevo ragione Edward aveva rincontrato il Mostro...



Edward. Tu l'hai incontrato di nuovo vero?” gli chiesi sapendo già la sua risposta. “E' lui che ti ha picchiato al Luna Park, lui che ti ha fatto fuggire nel bosco” affermai trattenendo il fiato e pregando che mi rispondesse di si.

Non volevo infierire su di lui ma … non c'era tempo... Edward doveva aiutarmi a fermare quell'assassino prima che colpisse nuovamente un ragazzo innocente.

E se la mia teoria era esatta sapevamo entrambi che faccia avesse quel Lui.



Lo vidi rabbrividire violentemente “Quando sono andato a prendere la ciambella Lui era lì che parlava con il rivenditore.

Io non l'ho riconosciuto, non l'avevo mai visto in volto. Io non sapevo chi fosse stato a farmi... a farmi quello. Lui mi ha detto di accompagnarlo a prendere un peluche che me l'avrebbe regalato per la mamma. Io non volevo ma ha insistito, ha detto che se non avessi accettato la mamma si sarebbe offesa con me. Io non volevo allontanarmi ma lui mi ha detto che era lì vicino e che le avrei fatto una bella sorpresa e che l'avrei fatta tanto felice. Io... io mi sentivo in colpa per come mi ero comportato. Volevo farmi perdonare, avevo rischiato di rovinare la giornata a tutti, così mi sono fidato e l'ho seguito... ma poi…” un singhiozzo disperato interruppe il suo racconto mentre le lacrime avevano ripreso a colare indisturbate e inarrestabili, poi con un sussurro riprese a raccontare “Mi ha afferrato all'improvviso... ed era forte. Troppo forte per me. In un secondo mi ha trascinato in un posto buio lì vicino e mi ha picchiato. Devo aver sbattuto la testa perché ho perso i sensi e quando ho ripreso conoscenza mi sono accorto che mi aveva già levato le scarpe, le calze e mi aveva abbassato i pantaloni.

Per un attimo rimasi fermo terrorizzato, non riuscivo a muovermi, a ragionare. Ma quando ho sentito nuovamente le sue mani sul mio corpo accarezzarmi languidamente, il suo alito puzzolente di alcool soffiarmi in faccia e affermare che finalmente mi aveva trovato e che mi avrebbe preso nuovamente, ho reagito e mi sono divincolato con tutte le forze che avevo. Ero terrorizzato. Mi sono fatto male alla spalla per liberarmi ma ce l'ho fatta e quando sono scappato tirandomi su i pantaloni l'ho sentito ridere e gridarmi che mi avrebbe ritrovato... che presto ci saremmo rincontrati perché io ero suo.

Non... non capivo più nulla. Volevo solo allontanarmi il più possibile da lui e dal suo corpo.

Non sapevo neanche dove stavo andando, sapevo solo che dovevo fuggire da lì, che dovevo portarlo lontano da Alice e dalla mia famiglia. Non volevo le facesse male...non volevo che facesse male anche a loro per colpa mia. Non volevo essere di nuovo il responsabile della loro morte.

E poi mi sono ritrovato solo nel bosco e ho sperato che a trovarmi fosse un animale, speravo di morire. Ma alla fine non avevo più la forza per fuggire ancora. Così mi sono lasciato prendere dicendomi che se non fossi più andato là forse non mi avrebbe più trovato, forse sarei stato salvo. E ho cercato di dimenticare...

Perché Lui mi sta cercando... Lui mi vuole nuovamente. Io sono suo. E quando mi troverà ... ” affermò con la voce spezzata dal dolore e il volto stravolto dal terrore.

Pensavo che rinunciasse a cercarmi. Di poter vivere come un ragazzo qualsiasi. Ma gli incubi mi ricordano ogni notte quello che è successo... quello che potrebbe succedere nuovamente e che forse succederà finché uno dei due non morirà.” confessò alla fine guardandomi con quegli occhi verde smeraldo grandi e carichi di paura e angoscia.

Occhi meravigliosi che avevano causato tanti lutti e dolore. Perché Lui continuava a cercarli.

Tutti i ragazzi uccisi si erano recati in quel posto nei  giorni precedenti, tutti avevano avuto la sfortuna d'incrociare i loro occhi verdi in quelli del Mostro, che li aveva cercati e uccisi quando si era reso conto che non avevano le cicatrici sul petto e il suo medaglione al collo. Tutti gli indizi avevano portato lì, tutto indicava che il Mostro vivesse dentro al Luna Park. Avevo avuto la conferma parlando, la notte precedente, con le famiglie delle vittime: tutti nei giorni precedenti erano andati lì, nella tana del loro assassino. Tutti erano andati a cercare il divertimento e tutti avevano invece firmato la loro condanna a morte.

Ecco perché sei fuggito Edward, volevi proteggere la tua famiglia. Sono stato uno sciocco a non capirlo ma adesso è tutto finito.” gli dissi inginocchiandomi e stringendolo a me con fare protettivo “ Non devi più aver paura. Adesso ci sono io a proteggerti. Però devi descrivermelo, dimmi qual'è il suo aspetto?” gli chiesi dolcemente sperando che si ricordasse.

Lo vidi annuire e chiudere gli occhi. Probabilmente lo sognava spesso e non era riuscito a dimenticare il suo aguzzino perché con la voce bassa poco più di un sussurro me lo descrisse perfettamente.

E mentre parlava sapevo già a chi si riferisse: Mark.

Ne avevo già il sospetto ma le sue parole fugarono qualsiasi dubbio.

Quel lurido verme schifoso era lo stesso uomo che avevo interrogato quando Edward era sparito dal Luna Park, quello che avevano visto allontanarsi con lui.

Ripercorrendo a storia di Edward a casa Cullen avevo infatti collegato che il gettone che il nostro ragazzo portava al collo lo avevo già visto sul petto di quel losco individuo e vicino al corpo del povero Steven che doveva aver lottato strenuamente contro il suo assassino strappandoglielo.



Ora finalmente tutto era stato chiarito. Aspettai che Edward si calmasse un pochino poi gli feci un altra domanda alla quale speravo mi rispondesse.

 Quando ti ha catturato al Luna Park dove ti ha portato Edward? Ricordi dove si trova il luogo oscuro nel quale ha provato a...” gli chiesi trattenendo il fiato senza avere il coraggio di finire la frase.



Lui si asciugò gli occhi e li fissò nei miei.

Rimasi in silenzio ad aspettare la sua risposta. Mentre mi rendevo conto che qualcosa stava cambiando.

Forse per la prima volta aveva capito che tacere non era servito a nulla, solo a prolungare la sua agonia.

Forse per la prima a volta aveva capito che se mi avesse aiutato a catturarlo lui sarebbe stato libero per sempre.

Che le paure, i dubbi, gli incubi sarebbero spariti come nebbia al sole.

Potevo vedere nei suoi occhi prima appannati dalla paura nascere una fiamma di determinazione, la speranza di mettere fine a tutto, di poter vivere finalmente la sua vita libero dalla paura di essere trovato e nuovamente seviziato.

Non lo so, ma posso condurti là. Mi ricordo la sua entrata.” mi disse con una convinzione che non avevo mai visto in lui.

La paura aveva lasciato il posto alla certezza che se mi avesse aiutato assieme avremmo messo la parola fine all'incubo collettivo generato dal Mostro di Natale e salvato la vita a qualche ragazzo.

Annui grato al suo coraggio, felice che infine l'armatura che lo aveva avvolto per proteggerlo ma nello stesso tempo ingabbiarlo nelle sue paure, fosse andata a pezzi.

Quello che avevo davanti e che mi stava fissando era un Edward nuovo.

Un Edward che finalmente aveva capito di non dover temermi ma che era pronto invece ad aiutarmi per mettere la parola fine a quella triste storia che aveva mietuto troppe vittime innocenti.



Vieni ragazzo. Andiamo a chiudere questa storia.” gli dissi alzandomi assieme a lui.

Charlie. No” mi disse Esme preoccupata. Lei non aveva ancora capito, che era una cosa che doveva fare e che solo affrontando le sue paure e imprigionando il suo Lui sarebbe riuscito finalmente a trovare la pace.

Ma Edward con la voce pacata e calma, con gli occhi gonfi ma finalmente sereni le rispose “Mamma, se Charlie lo prende io potrò finalmente vivere senza paure e magari anche gli incubi spariranno per sempre. Sarò libero” le disse poi abbassando gli occhi continuò “Devo aiutarlo. Se lo avessi fatto prima forse avrei salvato delle vite. Ma non lo sapevo, ero convinto fosse tutto frutto della mia mente... delle mie paure. Pensavo di essere pazzo, come aveva detto quell'uomo in casa nostra. E avevo paura che se avessi parlato con Charlie o con voi  non mi avreste creduto e mi avreste rinchiuso in un manicomio.

Ma adesso so cosa è giusto fare, so che devo aiutare Charlie a fermarlo. So che non è una mia fantasia.  Se avesse già catturato un  altro ragazzo e lo tenesse prigioniero là?  Devo  andare e ritrovare quel posto, non posso permettere che qualcuno passi lo stesso inferno che ho passato io. Devo ritrovare quel posto, la sua tana, prima che sia troppo tardi.” sentii dire da Edward.

E i suoi occhi erano limpidi e sereni.

Esme. Ha ragione. Te lo riporterò intero... te lo prometto” le dissi e senza aspettare altro uscii accompagnato da Edward che si stava mettendo la felpa per coprire il suo petto nudo ancora martoriato dalle cicatrici e sul quale svettava il gettone rosso. Il simbolo della sua schiavitù.

Per un attimo mi stupii che non se lo fosse tolto, in fondo rappresentava ciò di cui aveva paura, ma forse ce lo aveva da così tanto tempo che ormai faceva parte di lui, pensai distrattamente, mentre azionando la sirena sgommavo diretto al Luna Park ed incontro ad una fine del tutto inaspettata.

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