martedì 16 aprile 2013

Capitolo 77 Un gettone miracoloso


Capitolo 77 Un gettone miracoloso





Charlie



Vidi Edward cadere a terra sotto il Mostro e mi voltai verso Alice.

Lei stava in piedi con gli occhi vitrei a guardare il gemello steso per terra, mentre il sangue iniziava a ricoprire le loro schiene.

La pistola fumante era ancora stretta fra le sue mani serrate in maniera spasmodica sul calcio.

Mi avvicinai a lei e le sfilai la pistola ancora calda “Lasciala Alice. Dammi la pistola. Questa non serve più.” le dissi dolcemente.

Lei aprii le mani ubbidiente e mi guardò, poi scoppiò a piangere nascondendo il volto sul mio petto.

L'abbracciai stretto un attimo poi mi scostai e andai a liberare Bella che perdeva sangue da un taglio sulla fronte.

“Come stai Bella?” le chiesi mentre la liberavo dalle corde che le stringevano le braccia e le gambe.

“Sto bene. Io sto bene. Non è niente ” mi rispose piangendo poi alzandosi andò ad abbracciare e confortare Alice che era rimasta in piedi a piangere senza avere il coraggio di guardare il gemello.

Le lasciai lì e corsi verso i due corpi riversi sul terreno circondati dai miei uomini.





Bella



Come fui libera mi precipitai ad abbracciare Alice. Non volevo guardare, non volevo dover ammettere che il mio amore era morto. Abbracciai sua sorella e iniziai a piangere disperata con lei. Poi mi feci coraggio e alzati gli occhi vidi i poliziotti che spostavano con circospezione il corpo del Mostro per liberare quello di Edward rimasto sepolto sotto di lui.

Mio padre li aveva raggiunti e stava piegato sui due corpi che giacevano coperti di sangue mentre i medici dell'ambulanza che erano accorsi stavano facendo i primi accertamenti.

“L'ho ucciso Bella. Ho ucciso Edward. Io non volevo. Io non sapevo. Volevo uccidere quel mostro, non potevo permettere che facesse del male nuovamente a mio fratello. ” mi diceva Alice piangendo avvinghiata a me “ Lui doveva morire. Non volevo lo portasse via, che gli facesse nuovamente male... lui doveva morire. Io non volevo uccidere mio fratello... io non sapevo... io credevo che avrei ucciso solo il Mostro... Edward no...” mi ripeteva senza sosta, senza pace, con i singhiozzi che la facevano tremare mentre le lacrime si univano alle mie.

“Alice... cerca di calmarti, forse c'è una speranza, forse non è morto.” le mormorai costringendola a voltarsi e a guardare la scena.

Forse non tutto era perduto. Forse le mie preghiere sarebbero state esaudite, forse il mio amore sarebbe sopravvissuto.

E stringendo forte a me sua sorella, continuai a pregare quel Dio che era stato sordo ai pianti di Edward da bambino ma che forse finalmente si era deciso ad intervenire.





Carlisle



Ero in ospedale. Ero stanco. Il giorno precedente era stato massacrante emotivamente e fisicamente ma non potevo non presentarmi al lavoro. Per fortuna era una giornata tranquilla di sole visite senza operazioni o problemi particolari. Non ce l'avrei fatta altrimenti.

Esme mi aveva telefonato raccontandomi che Edwrad aveva dormito tranquillo fino a mezzogiorno e di questo ero veramente felice.

Non avevamo risolto tutti i suoi problemi, ma se si fosse sentito normale forse avrebbe accettato di convivere con il suo passato.

Per il momento non potevamo fare altro per lui ma finalmente avevo la speranza di vederlo stare meglio.



Ero al Pronto Soccorso a parlare con un collega per un mio paziente quando Esme mi telefonò nuovamente sul cellulare.

Era preoccupatissima. Non solo Charlie aveva costretto Edwrad a rivivere quello spiacevole episodio ma l'aveva convinto a seguirlo al Luna Park dove ormai aveva la sicurezza si nascondesse il Mostro.

Rimasi ad ascoltarla spaventato e addolorato del racconto. Edward aveva rincontrato quella bestia ed era fuggito nel bosco per proteggerci. Finalmente anche l'ultimo mistero era stato chiarito . Ma ero terribilmente spaventato dal fatto che Charlie se lo fosse portato dietro.

Capivo che poteva aver bisogno di lui, ma Edwrad non stava bene con quello che aveva passato il giorno prima, e metterlo di nuovo davanti ai suoi incubi avrebbe potuto essere pericoloso per entrambi.

Avevo appena messo giù quando senti la chiamata per un ambulanza verso il Luna Park.

Non ci pensai un attimo e dopo aver parlato brevemente con il medico di turno, presi il suo posto.

Quando arrivammo i poliziotti avevano circondato la zona allontanando i curiosi ma a noi, ovviamente, ci fecero passare veloci.

Riconobbi Charlie che con il volto vitreo era inginocchiato vicino a un corpo.

“Charlie” gridai pensando fosse ferito.

Lui alzò la testa e mi guardò triste “Mi spiace Carlisle. Non ho potuto fare nulla.” mi rispose.

Abbassai gli occhi e vidi che il corpo che vegliava era quello di Edward steso a pancia in terra privo di conoscenza e con la schiena nuda ricoperta di sangue.





Non persi un attimo.

Posai le dita sul collo e con un sospiro di sollievo sentii il suo cuore battere lentamente. Era vivo! Edward era vivo a dispetto del sangue che lo ricopriva. Senza perdere tempo iniziai a ripulirlo per cercare la ferita e fermare quella che pensavo fosse una spaventosa emorragia, mentre con terrore mi rendevo conto che stava facendo fatica a respirare normalmente.

Presi la bombola di ossigeno che l'infermiere mi porgeva e gli misi la mascherina per aiutarlo. Poi riportai la mia attenzione alla sua schiena. Era tutto sporco di sangue ma con un sospiro di sollievo constatai che non era tutto suo.

Al centro appoggiato alla spina dorsale, dove l'aveva lasciato il mostro, il suo ciondolo era spaccato e schiacciato.

Il proiettile fuoriuscito indebolito dal corpo del Mostro era andato a impattare su di esso ed era schizzato lontano. Il ciondolo, segno della schiavitù di Edward, per ironia della sorte, aveva protetto il corpo del mio figliolo impedendo al proiettile di frantumargli la spina dorsale e ledere organi interni.

Infatti sulla sua schiena c'era solo un lungo e superficiale taglio orizzontale prodotto dal proiettile deviato. Il sangue apparteneva a Mark che gli era caduto sopra.

Ma l'impatto doveva comunque essere stato fortissimo... traumatico.

Mi chinai e dolcemente iniziai a chiamarlo “Edward. Rispondimi.” gli dissi accarezzandogli il volto mentre bloccavo gli infermieri che volevano voltarlo.

“Fermi. Potrebbe avere delle lesioni alla schiena per il contraccolpo” dissi loro.

Lo vidi sbattere gli occhi e aprirli.

“Edward. Stringi i pugni” gli chiesi terrorizzato da quello che poteva essere accaduto.

Se nell'impatto qualche vertebra si fosse frantumata, avrebbe potuto rimanere paralizzato per sempre.

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