Capitolo
77 Un gettone miracoloso
Charlie
Vidi
Edward cadere a terra sotto il Mostro e mi voltai verso Alice.
Lei
stava in piedi con gli occhi vitrei a guardare il gemello steso per
terra, mentre il sangue iniziava a ricoprire le loro schiene.
La
pistola fumante era ancora stretta fra le sue mani serrate in
maniera spasmodica sul calcio.
Mi
avvicinai a lei e le sfilai la pistola ancora calda “Lasciala
Alice. Dammi la pistola. Questa non serve più.” le dissi
dolcemente.
Lei
aprii le mani ubbidiente e mi guardò, poi scoppiò a piangere
nascondendo il volto sul mio petto.
L'abbracciai
stretto un attimo poi mi scostai e andai a liberare Bella che perdeva
sangue da un taglio sulla fronte.
“Come
stai Bella?” le chiesi mentre la liberavo dalle corde che le
stringevano le braccia e le gambe.
“Sto
bene. Io sto bene. Non è niente ” mi rispose piangendo poi
alzandosi andò ad abbracciare e confortare Alice che era rimasta in
piedi a piangere senza avere il coraggio di guardare il gemello.
Le
lasciai lì e corsi verso i due corpi riversi sul terreno circondati
dai miei uomini.
Bella
Come
fui libera mi precipitai ad abbracciare Alice. Non volevo guardare,
non volevo dover ammettere che il mio amore era morto. Abbracciai sua
sorella e iniziai a piangere disperata con lei. Poi mi feci coraggio
e alzati gli occhi vidi i poliziotti che spostavano con
circospezione il corpo del Mostro per liberare quello di Edward
rimasto sepolto sotto di lui.
Mio
padre li aveva raggiunti e stava piegato sui due corpi che giacevano
coperti di sangue mentre i medici dell'ambulanza che erano accorsi
stavano facendo i primi accertamenti.
“L'ho
ucciso Bella. Ho ucciso Edward. Io non volevo. Io non sapevo. Volevo
uccidere quel mostro, non potevo permettere che facesse del male
nuovamente a mio fratello. ” mi diceva Alice piangendo avvinghiata
a me “ Lui doveva morire. Non volevo lo portasse via, che gli
facesse nuovamente male... lui doveva morire. Io non volevo uccidere
mio fratello... io non sapevo... io credevo che avrei ucciso solo il
Mostro... Edward no...” mi ripeteva senza sosta, senza pace, con i
singhiozzi che la facevano tremare mentre le lacrime si univano alle
mie.
“Alice...
cerca di calmarti, forse c'è una speranza, forse non è morto.” le
mormorai costringendola a voltarsi e a guardare la scena.
Forse
non tutto era perduto. Forse le mie preghiere sarebbero state
esaudite, forse il mio amore sarebbe sopravvissuto.
E
stringendo forte a me sua sorella, continuai a pregare quel Dio che
era stato sordo ai pianti di Edward da bambino ma che forse
finalmente si era deciso ad intervenire.
Carlisle
Ero
in ospedale. Ero stanco. Il giorno precedente era stato massacrante
emotivamente e fisicamente ma non potevo non presentarmi al lavoro.
Per fortuna era una giornata tranquilla di sole visite senza
operazioni o problemi particolari. Non ce l'avrei fatta altrimenti.
Esme
mi aveva telefonato raccontandomi che Edwrad aveva dormito tranquillo
fino a mezzogiorno e di questo ero veramente felice.
Non
avevamo risolto tutti i suoi problemi, ma se si fosse sentito normale
forse avrebbe accettato di convivere con il suo passato.
Per
il momento non potevamo fare altro per lui ma finalmente avevo la
speranza di vederlo stare meglio.
Ero
al Pronto Soccorso a parlare con un collega per un mio paziente
quando Esme mi telefonò nuovamente sul cellulare.
Era
preoccupatissima. Non solo Charlie aveva costretto Edwrad a rivivere
quello spiacevole episodio ma l'aveva convinto a seguirlo al Luna
Park dove ormai aveva la sicurezza si nascondesse il Mostro.
Rimasi
ad ascoltarla spaventato e addolorato del racconto. Edward aveva
rincontrato quella bestia ed era fuggito nel bosco per proteggerci.
Finalmente anche l'ultimo mistero era stato chiarito . Ma ero
terribilmente spaventato dal fatto che Charlie se lo fosse portato
dietro.
Capivo
che poteva aver bisogno di lui, ma Edwrad non stava bene con quello
che aveva passato il giorno prima, e metterlo di nuovo davanti ai
suoi incubi avrebbe potuto essere pericoloso per entrambi.
Avevo
appena messo giù quando senti la chiamata per un ambulanza verso il
Luna Park.
Non
ci pensai un attimo e dopo aver parlato brevemente con il medico di
turno, presi il suo posto.
Quando
arrivammo i poliziotti avevano circondato la zona allontanando i
curiosi ma a noi, ovviamente, ci fecero passare veloci.
Riconobbi
Charlie che con il volto vitreo era inginocchiato vicino a un
corpo.
“Charlie”
gridai pensando fosse ferito.
Lui
alzò la testa e mi guardò triste “Mi spiace Carlisle. Non ho
potuto fare nulla.” mi rispose.
Abbassai
gli occhi e vidi che il corpo che vegliava era quello di Edward
steso a pancia in terra privo di conoscenza e con la schiena nuda
ricoperta di sangue.
Non
persi un attimo.
Posai
le dita sul collo e con un sospiro di sollievo sentii il suo cuore
battere lentamente. Era vivo! Edward era vivo a dispetto del sangue
che lo ricopriva. Senza perdere tempo iniziai a ripulirlo per
cercare la ferita e fermare quella che pensavo fosse una spaventosa
emorragia, mentre con terrore mi rendevo conto che stava facendo
fatica a respirare normalmente.
Presi
la bombola di ossigeno che l'infermiere mi porgeva e gli misi la
mascherina per aiutarlo. Poi riportai la mia attenzione alla sua
schiena. Era tutto sporco di sangue ma con un sospiro di sollievo
constatai che non era tutto suo.
Al
centro appoggiato alla spina dorsale, dove l'aveva lasciato il
mostro, il suo ciondolo era spaccato e schiacciato.
Il
proiettile fuoriuscito indebolito dal corpo del Mostro era andato a
impattare su di esso ed era schizzato lontano. Il ciondolo, segno
della schiavitù di Edward, per ironia della sorte, aveva protetto
il corpo del mio figliolo impedendo al proiettile di frantumargli la
spina dorsale e ledere organi interni.
Infatti
sulla sua schiena c'era solo un lungo e superficiale taglio
orizzontale prodotto dal proiettile deviato. Il sangue apparteneva a
Mark che gli era caduto sopra.
Ma
l'impatto doveva comunque essere stato fortissimo... traumatico.
Mi
chinai e dolcemente iniziai a chiamarlo “Edward. Rispondimi.” gli
dissi accarezzandogli il volto mentre bloccavo gli infermieri che
volevano voltarlo.
“Fermi.
Potrebbe avere delle lesioni alla schiena per il contraccolpo”
dissi loro.
Lo
vidi sbattere gli occhi e aprirli.
“Edward.
Stringi i pugni” gli chiesi terrorizzato da quello che poteva
essere accaduto.
Se
nell'impatto qualche vertebra si fosse frantumata, avrebbe potuto
rimanere paralizzato per sempre.
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