Capitolo
75 Gemelli anche nel destino (raiting rosso)
Bella
A
suonare e a riportarmi alla realtà era stato il mio cellulare.
Ero
seduta in un angolo per terra, le mani e i piedi legati .
In
piedi a poca distanza da me c'era Alice.
Appoggiata
alla parete stava piangendo. Di fronte a lei un uomo grande e grosso,
che supponevo fosse il Mostro, la stava accarezzando languidamente.
“Sei
bellissima, non pensavo che potesse piacermi così tanto una femmina”
le diceva baciandole il collo e le spalle che aveva scoperto
abbassandole la maglia. “Sai
non devi avere paura. Sei tanto bella che magari posso anche non
ucciderti. Tu non sei Lui, ma gli assomigli tantissimo, sei quasi
identica. Presto lo troverò ma tu sei bella quasi quanto lo era il
mio ragazzo. Sai era stupendo da scopare, non ho mai più trovato
nessuno così bello. E i suoi occhi poi... Non ho mai visto un verde
così. E quando piangeva sembrava quasi brillassero. Ma tu sei
stupenda quasi quanto lui. Hai gli occhi più chiari ma lo stesso
sorriso e lo stesso viso angelico ” e le sua voce era arrochita
dal desiderio mentre cercava di spogliare la mia amica.
Lei
era completamente incapace di difendersi. Lo guardava con gli occhi
dilatati dal terrore.
“Lasciala
stare bestia” gli gridai, con tutta la rabbia che avevo in corpo.
Lui
si girò verso di me ridacchiando “Non essere gelosa. Sei molto
carina anche tu, ma non sei il mio tipo. Quando avrò finito con lei,
magari se avrò voglia soddisferò anche te o ti passerò ai miei
amici. A loro piacciono le belle ragazze come te. Vedrai ti faremo
urlare dal piacere. Lui ha urlato e pianto tanto. E anche gli altri
ragazzi lo fanno sempre.” mi rispose iniziando ad aprire i jeans ad
Alice.
“Stai
ferma gattina. Non provare a scappare. Non costringermi a farti del
male come agli altri. Sai, se non stai brava sarò costretto a
legarti e poi a ucciderti. Tu non sei Lui.” le grido tirandogli un
ceffone.
Lei
aveva provato ad allontanarlo. “Non mi fare del male ti prego. Non
farmi quello che hai fatto ad Edward” iniziò a pregarlo disperata.
Lui
si fermò stupito e sconvolto dalle sue parole.
“Edward?
Tu conosci Edward? Tu conosci il mio Edward?” le chiese
bloccandole le mani sopra la testa con un nuovo interesse nella voce.
“Lui
è il mio gemello” scoppiò a piangere lei.
“Ah,
adesso capisco perché sei così bella. Ecco perché gli assomigli
tanto. Lui era stupendo, un corpo fatto per essere scopato. Magari
anche tu sarai alla sua altezza. Non l'ho più trovato, dopo che mi è
fuggito l' ultima volta, non l'ho più rincontrato, nessuno era
bello come lui. Nessuno meritava di salvarsi. Ma tu... tu sei
talmente simile...” disse infilando la sua mano dentro i pantaloni
di Alice.
“Ti
prego. Non mi fare del male. Non mi toccare. Lasciami andare... ti
supplico” l'implorò ancora lei.
La
sua risata rimbombò forte, profonda e odiosa a ricordarci che
eravamo nelle sue mani.
“Sei
piatta, sei come diventerà lui quando lo troverò. E sei asciutta,
come lo era lui. Devo bagnarti” lo sentii dire mentre prendeva un
dito e se lo infilava in bocca.
Poi
lo fece scivolare sotto gli slip di Alice.
Lei
sussultò e cerco di dimenarsi.
“Ferma
piccolina” gli intimò.
“Fermati
tu. Alza le mani. Sei in arresto” La voce fredda, dura e
professionale di Charlie mi sembrò in quel momento la cosa più
bella che avessi mai sentito.
Il
mio papà era arrivato a salvarci.
Alice
Stavo
vivendo in un incubo. Ero precipitata in uno degli incubi di Edward.
Quell'uomo, quella bestia, il Mostro di Natale ci aveva prese e
voleva violentarmi.
Provai
a pregarlo, provai a divincolarmi, ma lui era troppo forte.
E
mentre le pronunciavo mi resi conto che erano le stesse suppliche
che urlava Edward di notte, le stesse preghiere che non lo avevano
fermato.
Mi
avrebbe preso come mio fratello.
Quando
il suo nome sfuggì dalle mie labbra, lo vidi passarsi la lingua
sulle labbra e accendersi di passione.
Si
ricordava di lui, lo bramava e lo voleva. Io e tutti gli altri
ragazzi non eravamo che sostituti.
Lui
lo cercava da anni, lo voleva, lo desiderava, Edward non si era
sbagliato. Il terrore provato era reale, non frutto della sua mente
come avevamo sempre pensato, e adesso sarebbe diventato anche il mio
perché avrebbe preso anche me, la sua gemella.
Il
suo dito bagnato si appoggiò sulla mia intimità ed io cercai di
scappare.
Lui
mi immobilizzò ed io pensai che ero ormai nelle sue mani, che
nessuno mi avrebbe potuto salvare, quando la voce di Charlie risuonò
forte e decisa “Fermati tu. Alza le mani. Sei in arresto”.
Charlie
Avevo
ordinato ad Edward di stare fermo e di aspettarmi. Non lo volevo tra
i piedi, sarebbe stato solo un pensiero in più. Non potevo rischiare
che avesse una crisi di panico in un momento così delicato. E presto
sarebbero arrivati i rinforzi, avevo avvisato dove mi stavo
infilando. Se tutto andava bene lo avrei sorpreso e arrestato senza
problemi... altrimenti...
Altrimenti
sarei stato nei guai io e non Edward. Lo avevo promesso ad Esme, non
doveva capitare nulla a quel ragazzo.
Con
la pistola in mano m'infilai nel corridoio cercando una porta o un
segno di vita.
In
silenzio, il cuore che batteva agitato ma controllato da lunghi anni
di esperienza, m'inoltrai in quel luogo sconosciuto.
Vidi
un bagliore dietro ad una porta e l'aprii cautamente.
E
i miei occhi si dilatarono dalla paura e dalla rabbia.
La
mia Bella era seduta in un angolo legata e un uomo imponente teneva
schiacciata al muro Alice che piangeva.
In
un attimo registrai la situazione e gli intimai di fermarsi.
Avevo
finalmente trovato il Mostro di Natale!
Pensavo
si sarebbe fermato e arreso di fronte alla mia minaccia ma lui con
uno scatto velocissimo e imprevedibile afferrò Alice mettendosela
davanti a fargli da scudo, mentre dalle sua vita tirava fuori un
coltello e lo appoggiava alla gola della piccina.
“Fermo
tu sceriffo, se non vuoi che la sgozzi come un maiale” mi sibilò
con rabbia.
Rimasi
immobile, gelato. Le mani con la pistola tese verso di lui, mentre
lo sentii ridere. Era pazzo, completamente pazzo, constatai
terrorizzato.
“Butta
per terra la pistola Sceriffo. Butta la pistola e allontanala con un
calcio verso di me o la sgozzo davanti a te. Sai che ne sono capace
vero?” m'intimò sicuro di se, altezzoso, certo che mi sarei
arreso.
Guardai
Alice per vedere se mi avrebbe aiutato ma era completamente in palla.
Se non avessi ubbidito l'avrebbe sicuramente uccisa, e non potevo
permettermelo. Non volevo che facesse male alla mia piccola Alice.
Lentamente
abbassai la pistola per terra e la allontanai come voleva lui. “Va
bene ma lascia andare la ragazza” gli dissi cercando di mostrarmi
sicuro di me.
Sapevo
che là fuori da qualche parte c'erano i miei uomini ad
aspettarlo... se avesse lasciato le ragazze... ma ero un illuso.
Lui
era furbo, lo aveva dimostrato in tutti quegli anni in cui era
riuscito a beffare la polizia e sempre tenendo Alice ben stretta
iniziò ad avviarsi verso un altra uscita.
“Stai
tranquilla Alice. Finirà tutto bene” le dissi per cercare di
tenerla tranquilla, potevo vedere dalla sua gola iniziare a uscire un
rivoletto di sangue dove il coltello aveva lacerato la sottile pelle.
“Si
bellezza, adesso ce ne andremo. Lo Sceriffo ci farà andare via e noi
ci divertiremo più tardi” le disse lui ridacchiando e posandole la
bocca sul collo dandole una lunga leccata senza levarmi gli occhi di
dosso con l'intento di sfidarmi e dimostrarmi quanto era sicuro.
Io
fremetti di rabbia impotente di fronte a quella scena e al terrore
per quello che voleva farle.
In
quel momento una figura apparve dalla porta dove ero passato io.
“Lasciala
andare è me che cerchi. Eccomi sono qua!” e la voce non era più
quella di un ragazzo spaventato ma di un uomo disposto ad affrontare
il suo destino.
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