venerdì 29 marzo 2013

Capitolo 72 La chiave del mistero


Capitolo 72 La chiave del mistero

Carlisle

Quando eravamo arrivati a casa era ormai notte fonda.
Edward dormiva tanto profondamente e beatamente che non avevo avuto il cuore di svegliarlo ed aiutato da Emmett e Jasper lo avevamo messo a letto senza svegliarlo.
Ci avevano tutti aspettato alzati, preoccupati, e velocemente gli raccontai l'accaduto senza scendere nei particolari.

“Vedete. Quello che ha passato lo ha bloccato e non si sentiva normale come ha infine raccontato ad Alice.
Ma l'ho portato da un collega specialista che gli ha confermato di non avere problemi fisici, era ed è stato solo un blocco psicologico. Ma adesso sta bene. Quindi evitate discorsi e battutine, altrimenti lo metterete solo in imbarazzo. La cosa migliore è far finta che non sia accaduto nulla.” conclusi preoccupato della reazione dei fratelli che avevano sentito la sua disperata confessione.
“Tranquillo papà. Non siamo dei deficienti” mi rispose Emmett sorridendo.
Già come avevo fatto a dubitare? Probabilmente era stata la tensione nervosa e la stanchezza. Nel mio cuore sapevo benissimo che loro gli sarebbero stati vicini nella maniera giusta, erano fratelli e gli volevano bene sul serio come avevano già dimostrato.
“Se solo avessimo capito...se solo avesse parlato prima, gli avremmo evitato tanti problemi e avremmo potuto aiutarlo senza arrivare a questo punto. ” disse Esme scuotendo la testa avvilita. Anche lei si stava facendo gli stessi sensi di colpa che mi ero fatto io.
“Credo che non avesse capito neanche lui fino in fondo. Mentre mi parlava con la testa non era presente. Probabilmente è riuscito a tirare fuori tutto e a capire solo parlandomi, solo in reazione alle mie accuse.” disse piano Alice con le lacrime agli occhi.  “Mi vergogno tanto per quello che ho detto. La colpa è solo mia” mi sussurrò.
Vidi Jasper stringersela a se “No Alice, hai fatto bene, facendo così lo hai fatto uscire allo scoperto. Doveva liberarsi di quel peso che l'opprimeva e vedrai che finalmente riuscirà a vivere un po' meglio.” la confortò lui.
“Credo che qualcosa sapesse Alice, si stava rendendo conto di quello che succedeva, probabilmente però il suo subconscio rifiutava di accettare la verità” spiegai piano, immaginandomi quanta sofferenza nel ricordare dovesse patire ogni volta.
“Quindi adesso starà bene. E' tutto passato” affermò Rosalie sorridente.
Scossi la testa tristemente.
“La paura per quello che è successo e che quel Lui lo trovi nuovamente, rimarrà Rosalie. Probabilmente riuscirà ad essere più sereno, più sicuro di se stesso, più consapevole di essere stata solo la vittima di una cattiveria, non un essere diverso dagli altri, ma il passato non si cancella e le minacce neanche” spiegai sospirando.
Uno starnuto di Jasper mi riportò alla realtà.
“Andiamo a letto tutti, che domani voi andrete a scuola. Dobbiamo comportarci come se nulla fosse successo. E' l'unico modo per dargli tranquillità. E voi due prendetevi un Aspirina, che oggi vi siete presi una brutta botta di freddo” dissi ai miei due eroi.
Con calma li avrei ringraziati ma sapevo che sarebbe stato inutile, non lo avevano fatto per me, ma per Edward, al quale sapevo si erano affezionati.
Il mio bambino non aveva solo due genitori ma due fratelloni chioccia, che silenziosi vegliavano su di lui.


Edward

“Edward” mi sentii chiamare dolcemente. Era la voce di Esme.
Pigramente aprii gli occhi e vidi il suo volto chino sul mio.
Le sorrisi mentre lei allegra mi diceva “Buongiorno. E' l'ora di svegliarsi è quasi mezzogiorno. Il pranzo è pronto e avrai sicuramente fame”
Sbattei gli occhi ancora stordito mentre la vedevo aprire le tende e far entrare il sole in camera.
“Mezzogiorno?” chiesi con la voce ancora impastata dal sonno. “ma quanto ho dormito?”
“Quasi tredici ore. Eri stanchissimo Edward. Non ti sei neanche accorto che ti abbiamo spogliato e messo a letto” mi rispose lei sorridente sedendosi sul letto e facendomi una carezza nei capelli.
“Davvero?” non riuscivo a crederci. Non avevo mai dormito così tanto e così bene. Avevo sognato ma erano stati sogni belli popolati soprattutto da Bella. All'improvviso mi venne in mente Alice. Chissà cosa le avevo fatto passare...
“Alice. Come sta?” chiesi preoccupato.
“Adesso bene Edward. E' a scuola con i tuoi fratelli. Tu eri troppo stanco per andarci. Ma domani ti tocca, è l'ultimo giorno prima delle vacanze. Quindi alzati e vieni a mangiare così poi fai i compiti” mi rispose allegra facendomi una coccola in testa.
Ma come era possibile? L'avevo fatta preoccupare e disperare. Avevo cercato di uccidermi e lei invece di sgridarmi mi faceva le carezze?
La guardai stupito e preoccupato e lei mi sorrise.
“Edward. Non è successo nulla. L'importante è che tu adesso ti senta bene” mi sorrise “ E fatti una doccia. Hai ancora il sale addosso” riprese poi uscendo dalla camera sorridendomi.
Mi lavai e poi scesi a mangiare.
Sembrava non lo facessi da anni perché spazzolai tutto con un appetito da far invidia ad Emmett.
Poi mi sedetti al tavolo in sala a studiare aspettando che i miei fratelli tornassero a casa. Non vedevo l'ora di abbracciare Alice e controllare che stesse bene, anche se avevo un po' di ansia all'idea di affrontare i miei fratelli dopo tutto quello che era successo.


Alice

Stanchi per le poche ore di sonno della sera prima, andammo a scuola. Aveva ragione papà, se ci avesse trovati a casa si sarebbe sentito in imbarazzo. Dovevamo far finta di nulla, riprendere le nostre vite come se non fosse successo niente.
Così ancora mezzo addormentati, ci presentammo a lezione.
Jasper ed Emmett non facevano altro che starnutire e soffiare il naso.
Speravo che non gli venisse la febbre mentre scherzavano fra di loro su chi stesse peggio.
Mi recai in classe e trovai Bella ad aspettarmi.
Non l'avevo più richiamata, e mi vergognai un attimo, ma d'altronde papà aveva chiamato per dirci che Edward stava bene che era ormai notte e non mi era sembrato il caso di svegliarla.
Avrei dovuto raccontarle tutto. Ne aveva il diritto dal momento che aveva scatenato lei quel pandemonio, ma nelle prime due ore avevamo il compito in classe di matematica. Avrebbe dovuto aspettare l'intervallo per avere notizie.

Bella

Ero impaziente di vedere Alice. La telefonata con Esme mi aveva scosso, così quando la vidi entrare in aula le sorrisi felice. Non so perché ma avevo il terrore che non si sarebbe presentata.
“Ciao Alice. Come sta tuo fratello?” le chiesi subito in ansia per lui non avendolo visto arrivare.
“Adesso bene. Ma oggi non è venuto a scuola, era troppo stanco. E' una storia lunga... è successo di tutto. Nell'intervallo ti racconto” mi sussurrò mentre tirava fuori i protocolli per il compito in classe.
Annui curiosa. Avrei ascoltato la sua storia ma le avrei anche fatto la domanda che mi girava per la testa e che mi aveva torturato per tutta la notte. Quella domanda che era nata dopo aver consultato la lista di Charlie. E se avessi avuto ragione...


Charlie


Avevo passato al nottata parlare con le famiglie dei ragazzi uccisi, per levarmi l'ultimo dubbio. Solo una non aveva saputo darmi risposta. I genitori erano deceduti un anno dopo la morte violenta del ragazzo. Ma le altre avevano confermato i miei sospetti. Tutti si erano recati al Luna Park nei giorni precedenti alle sparizioni.
Adesso avevo ben chiaro ciò che avevo davanti e sapevo il perché il Mostro di Natale agisse così e anche dove avrei potuto trovarlo.
Ma non sapevo con esattezza chi fosse e dove si rifugiasse di preciso anche se un orrendo sospetto mi attraversava la mente.
Purtroppo l'unico che avrebbe potuto confermare il tutto era Edward.
Lui era la chiave di tutto, perché lui aveva quello che il Mostro considerava il suo marchio, quello che aveva cercato negli altri ragazzi inutilmente e che Edward inconsapevolmente portava su di se.
Perché Edward era ciò che il Mostro cercava e gli altri non erano stati che sostituti. Tutti avevano gli stessi occhi verdi e la stessa corporatura. Tutti avevano gli stessi anni di Edward.
Tutti avrebbero potuto essere scambiati per lui cresciuto...

Quando arrivai in ufficio non persi tempo. Non c'era più tempo da perdere. Il Luna Park era già in città da alcuni giorni e il Mostro non avrebbe tardato a colpire nuovamente.
Perché il Natale era alle porte e lui colpiva ciò che vedeva, lui cercava nella massa di ragazzi... coloro che potevano essere Edward.
Presi il telefono e chiamai Carlisle.
Speravo che lui fosse a casa. Con lui presente sarebbe stato più semplice affrontare Edward, convincerlo a parlare. Quell'uomo aveva la capacità di calmarlo e farlo ragionare.
Ma purtroppo il mio amico era in ospedale a lavorare. Con la voce stanca ma soddisfatta mi raccontò ciò che era successo. Mi raccontò della confessione infine venuta fuori dalle sue labbra, del tentato suicidio e di come lo avesse portato dall'amico per cercare di donargli un po' di pace.
Lo stetti a sentire in silenzio con il cuore stretto dal dispiacere.
Avevo intuito quasi tutto. E avevo ragione. Edward era stato violentato e seviziato, come gli altri ragazzi morti, da quell'uomo che gli aveva promesso di cercarlo nuovamente.
Nel verbale della polizia non c'era nessun riferimento alle sue ferite. Forse perché minorenne, forse perché considerato un male minore rispetto alla strage compiuta, o più probabilmente, conoscendo come funzionavano le cose, per un errore di trasmissione dati fra l'ospedale e la polizia. Un errore enorme. Perché se l'ospedale avesse comunicato le sue ferite Edward sarebbe stato seguito da qualche psicologo competente fin da subito invece di lasciarlo a macerare con il suo orrendo segreto.
Ma la cosa più sconvolgente era che a causa dell'errore nessuno aveva capito che il movente era proprio lui... e nessuno aveva fermato il mostro.
I miei colleghi prima ed io dopo non avevamo capito che lui non solo era stato la vittima principale ma anche la causa scatenante di tutto. E la conseguenza era che lui si era portato, inconsapevolmente, quel peso dentro per tutti questi anni insieme alla paura di essere ritrovato.
Quando finii la telefonata rimasi a pensare assorto un attimo mentre le mie rotelle giravano senza sosta.
Non sapevo quanto Edward avesse capito di tutta questa storia o se le sue farneticazioni sul suo Lui fossero frutto solo delle sue paure, ma di una cosa ero certo: Edward lo aveva rincontrato e sapeva anche dove trovarlo. Lo aveva detto nei suoi deliri, ma nessuno di noi lo aveva capito.
E c'era solo un modo per fermare il Mostro prima che colpisse nuovamente... dovevo affrontare Edward e costringerlo a rivelare anche l'ultimo dettaglio, anche senza Carlisle, dovevo andare a parlargli e vedere con i miei occhi la conferma dell'ultimo indizio mancante... la chiave di volta del mistero.


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