Capitolo
76 Un tragico epilogo
Edward
Charlie
mi aveva detto di aspettarlo, ma io non avevo ubbidito.
Dovevo
vincere le mie paure altrimenti avrei vissuto per sempre con esse.
Lentamente
presi coraggio e lo seguii. Quando entrai nella stanza vidi Charlie
con le mani in alto, Bella legata rannicchiata per terra e mia
sorella nelle mani del Mostro.
Le
sue parole mi colpirono e mi ferirono mentre un brivido gelato mi
scivolava lungo la schiena nel vederlo leccarle il collo con lo
sguardo lussurioso.
Non
poteva fare del male ad Alice. Non lo potevo permettere. L'avevo
sempre protetta e anche adesso ero disposto a tutto pur di salvarla.
Sapevo
che mi voleva, che mi desiderava, e speravo che avrebbe accettato uno
scambio.
Io
avevo già provato cosa significava, in qualche modo ero già sporco,
già macchiato in maniera indelebile da lui.
Lei
no, lei era pura e innocente ed io non avrei mai permesso che Lui le
facesse del male e la rovinasse come aveva fatto con me. Meglio
ripiombare nel mio incubo che sapere che Lui aveva posato le sue
luride mani su di lei.
Così,
freddo e determinato, deciso a salvarla e a proteggerla come avevo
sempre fatto, gli dissi “Lasciala andare è me che cerchi. Eccomi
sono qua!”.
Lo
vidi strabuzzare gli occhi e guardarmi esterrefatto mentre Bella
urlava il mio nome terrorizzata dal vedermi lì sapendo quello che
lui mi voleva fare “Edward noo!”
“Sei
proprio tu?? Sei il mio Edward?” mi chiese lui cercando di
riconoscere nel ragazzo che aveva davanti il bambino che aveva
violentato.
“Si
sono proprio io” gli dissi “Guarda, sono qua.” proseguii mentre
lentamente mi sfilavo la felpa e la maglia.
Il
mio petto ferito e rovinato dalle cicatrici che lui mi aveva inflitto
apparse nella debole luce della lampada appesa al soffitto di quel
angusto magazzino, mentre il ciondolo che mi aveva messo al collo
spiccava sulla mia pelle pallida.
“Si,
sei proprio tu. Non mi posso sbagliare. Sei cresciuto ma sei il mio
Edward.” mi sorrise estasiato.
“Lasciala
andare. Lascia andare la mia gemella. Prendo io il suo posto. Avrai
me e ti prometto che questa volta non mi ribellerò, ti seguirò
da bravo e potrai fare di me quello che vuoi… ma lascia andare mia
sorella... ti prego” gli chiesi dolcemente facendo un passo avanti.
“Edward
No!! Non lo fare.” mi urlò Charlie spaventato dalle mie parole e
dalle conseguenze che potevano esserci.
Ma
nessuno e niente mi avrebbe fermato. Dovevo salvare Alice, ero
vissuto tutti questi anni solo con quello scopo e incurante di
Charlie e dei singhiozzi di Bella, mi avvicinai a lui.
Lo
vidi sorridere soddisfatto mentre sbatteva via Alice per terra e mi
afferrava stringendomi al suo petto e posandomi un braccio sotto le
spalle per immobilizzarmi. Era forte e il suo odore mi colpì
pesantemente, non era cambiato. Il mio incubo stava tornando. Non ero
mai stato libero e adesso ciò di cui avevo terrore si sarebbe
avverato.
La
lama del suo coltello si appoggiò fredda al mio collo mentre
l'altra mano afferrava il ciondolo che lui mi aveva legato al collo
prima di lasciarmi singhiozzante vicino al corpo di mia madre.
“Sei
stato bravo. Lo porti ancora... sei stato un bambino ubbidiente. ”
disse osservandolo poi me lo fece girare sulla schiena mentre posava
un dito sulla cicatrice all'altezza della gola.
Lentamente,
languidamente iniziò a percorrerla verso il basso entrando nella
cintola dei miei pantaloni e accarezzandomi la mia intimità.
Appoggiato
a lui, immobilizzato dal suo braccio e dalla paura, il coltello
premuto contro la mia carotide, lo lasciai fare sforzandomi di stare
fermo, di staccare la mente da quello che sapevo sarebbe successo
dopo, d'isolarmi e non pensare, mentre un gemito di puro terrore mi
scivolava dalla bocca per quel contatto così temuto.
“Ti
piace che ti tocchi Edward? Sono sicuro di sì. All'epoca eri
troppo piccolo per capire ma adesso ti farò provare piacere, ti
prenderò nuovamente... dopo sarai di nuovo mio. Ma adesso dobbiamo
uscire di qua e quando saremo nel bosco manterrai la tua parola e
farai il bravo... vedrai sarà divertente, ti farò nuovamente urlare
e alla fine ti farò diventare ciò che so eri destinato ad essere.
La mia puttana. E se farai il bravo e ubbidirai facendomi divertire
ti lascerò vivo... almeno per un po'.” mi disse spingendomi verso
la porta.
Non
risposi. Avevo la gola secca, il cuore che batteva forte. Ero
terrorizzato dalle sue parole. Sapevo già cosa mi aspettava e
quali erano i suoi progetti e sapevo anche che li avrebbe attuati se
fosse riuscito a fuggire con me prigioniero. Ma lo assecondai. Lui
non doveva fare male ad Alice e non avrei mai permesso che toccasse
nemmeno Bella. Voleva passarla ai suoi complici ma se avesse avuto
me si sarebbe scordato di entrambe. Sarebbero state salve. Ma non
volevo che vedessero ciò che mi avrebbe fatto. Loro dovevano
rimanere innocenti. Nessuno doveva sapere ciò che mi aspettava,
nessuno doveva assistere alla distruzione della mia anima e del mio
corpo. Lo avrei assecondato , lo avrei seguito sperando che mi
portasse lontano, poi avrei cercato di farlo infuriare sperando
che mi uccidesse rapidamente come aveva fatto con gli altri ragazzi
e i miei genitori.
Mark
stando attento a non dare le spalle a Charlie si portò sull'uscio
sempre stringendomi davanti a se, sempre il coltello premuto sulla
mia gola.
“Fermo.
Lascia andare il ragazzo” urlò Saimon il vice di Charlie.
Davanti
a noi schierati a semicerchio diversi poliziotti con le pistole in
pugno ci aspettavano pronti a fare fuoco. Ma Mark nella sua lucida
pazzia sapeva che avrebbero prima colpito me, sapeva che finché mi
avesse tenuto davanti come scudo nessuno avrebbe osato sparare. E
Charlie dietro di lui era disarmato. Una mossa repentina, un gesto
sbagliato da parte sua e Mark mi avrebbe sgozzato senza alcuna
remora.
Era
capace di uccidere freddamente e lo aveva già ampiamente
dimostrato.
Li
aveva tutti in pugno. Sapeva che nessuno avrebbe osato fermarlo, era
un pazzo ma un pazzo lucido e furbo.
“Gettate
le armi a terra ben lontane o uccido il ragazzo” gridò il mio
aguzzino premendo maggiormente il coltello sulla mia gola.
Un
rivolo di sangue iniziò ad uscire, macchiandomi il petto nudo,
mentre la lama tagliava superficialmente la mia pelle.
Insieme
avanzammo di qualche passo, mentre i poliziotti abbassavano le armi,
quando sentii un urlo provenire da dietro “Alice noooo!” poi una
fitta alla schiena mi levò il fiato mentre crollavo a terra sotto al
mio aguzzino.
Charlie
Aveva
preso Alice ed ero stato costretto a buttare la pistola che lui aveva
nuovamente preso a calci mandandola a ficcarsi sotto una maledetta
poltrona distante da me.
Con
le mani in alto stavo pensando a come fare per liberare la mia
piccola Alice quando vidi Edward avanzare sicuro.
Lo
guardai smarrito e spaventato ma con sorpresa mi ritrovai a fissare
non più un ragazzo spaventato ma un uomo sicuro di se.
Con
una freddezza spaventosa, con la sicurezza dettata da chi non importa
nulla della propria vita, con un sorriso che rispecchiava l'amore
per la sorella, prese il posto di Alice.
Gli
gridai di no, ma senza neanche rispondermi si lasciò afferrare dal
quel mostro.
Con
orrore vidi la mano di quell'uomo afferrargli il ciondolo e poi
ripercorrergli la cicatrice fino a sparire nei suoi pantaloni.
Lo
sentii gemere appena mentre la paura affiorava nuovamente sul suo
viso. Ma non si ribellò, lasciò che quell'uomo lo portasse fuori
con lui.
Era
rassegnato a subire il suo destino, glielo leggevo negli occhi ma non
l'avrei mai permesso.
Sapevo
che ad aspettarlo c'erano i miei uomini e sentii l'intimazione di
Saimon.“Fermo. Lascia andare il ragazzo”
Distratto
lo vidi darmi le spalle e mi preparai a balzargli addosso. Dovevo
provarci, dovevo salvarlo. Non potevo permettere che facesse
nuovamente del male ad Edward.
Stavo
per scattare sperando di riuscire a disarmarlo prima che gli
tagliasse la gola quando sentii Alice appoggiarsi alla mia schiena.
Con
una mossa fulminea mi estrasse la pistola di riserva dalla cintola e
sparò senza esitazioni alla schiena del Mostro a pochi passi da noi
centrandola in pieno .
Cercai
di fermarla “Alice noooo!” ma era troppo tardi e con orrore vidi
i corpi di entrambi accasciarsi per terra uno sopra l'altro.
Lei
non poteva sapere che una pallottola può trapassare più corpi umani
specie se sparata così vicino al bersaglio.
Lei
non poteva sapere che sparando non aveva colpito e ucciso solo
Mark ma anche il proprio gemello.
Alice
Edward
era venuto a salvarmi. Ero ancora sotto shock per quello che mi aveva
fatto, per quello che voleva farmi.
E
quando mi scaraventò a terra per prendere il mio gemello rimasi lì
grata di essere salva ma terrorizzata dalle sue parole e intenzioni.
Alzai
lo sguardo e lo vidi accarezzare Edward come pochi secondi prima
aveva accarezzato me. Il ricordo dell'orrore provato si fuse, con il
suo volto spaventato e con il gemito che gli sfuggì dalla bocca.
E
la rabbia esplose incontrollata e incontrollabile.
Lui
era il responsabile della morte dei miei genitori, il responsabile
del dolore che aveva torturato Edward tutti questi anni, il
responsabile delle sue paure e del mio soffrire per la situazione.
Non
potevo permettere gli facesse nuovamente del male, non potevo
permettere che la passasse liscia per il dolore che ci aveva
procurato, che continuasse a tormentarci nei nostri incubi, che
uccidesse l'anima di Edward una seconda volta come aveva ucciso tutti
quei ragazzi negli anni.
Lui
doveva morire!
Mi
tirai su incurante delle conseguenze e vidi, dalla giacca di Charlie
alzata sulla schiena, spuntare la pistola di riserva che teneva in
vita.
Mi
avvicinai silenziosamente a lui come un gatto, nascosta dal suo
corpo alla vista di Mark, e come il Mostro si distrasse con gli
altri poliziotti dandoci la schiena un attimo, l'afferrai e
incurante dell'urlo di Charlie feci fuoco.
Avrei
ucciso quell'assassino e avrei salvato Edward.
Finalmente
saremmo stati liberi.
Ma
con mia enorme sorpresa sentii una fitta al cuore mentre vedevo il
mio gemello cadere a terra senza un lamento.
E
capii...
Capii
che l'avevo ucciso assieme al suo incubo.
Lui
che aveva cercato la morte, e che ora forse avrebbe accettato la
vita grazie al suo amore per Bella, era infine morto per mano mia,
per mano della persona per la quale era vissuto controvoglia tutti
questi anni.
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