Ciao
a tutti. Grazie per essere ancora qua e spero che mi perdonerete per
questo capitolo brutale ma necessario.
Finalmente troverete le
risposte a molti dubbi e domande, anche se ovviamente non a tutto e
un primo muro cadrà con tutte le sue conseguenze.
Ricordo
che ciò che troverete è frutto di fantasia!!!
AVVISO
LEGGETE !! AVVISO LEGGETE!! AVVISO LEGGETE !!
Questo capitolo è decisamente vietato ai minorenni e
sconsigliato alle persone impressionabili.
Ciò
che leggerete è stato scritto in maniera dura per far male, come un
pugno nello stomaco, e contiene argomenti pesanti.
Però
è anche il centro della FF dove vengono svelati alcuni misteri.
Motivo
per il quale ho pensato di agire nel modo seguente.
A
metà capitolo troverete INIZIO RIASSUNTO da qua in poi il capitolo
diventa duro fino alle scritta FINE RIASSUNTO dove poi potete
continuare a leggere tranquilli.
La
parte compresa fra queste due scritte è come dicevo raccapricciante
e quindi se siete impressionabili, se non riuscite a leggerla perché
troppo dura o evitate perché minorenni (Ho segnalato la storia come
vietata ma magari qualcuna ha aggirato) alla fine del capitolo
trovate il riassunto di ciò che verrà narrato in questo pezzo.
Una
volta letto se volete andare a leggere andate pure, sapete se non
altro a cosa andrete incontro. Ovviamente se avete “lo stomaco
forte” il capitolo penso che nella sua crudezza sia molto bello e
vada letto senza rovinarsi la suspance con il riassunto. Quindi
decidete voi che vi conoscete!!
Io
volevo solo avvisarvi...
Capitolo
64 L'ombra del passato
(Capitolo censurato ai minori e alle
persone impressionabili).
Alice
Come
un toro che si vede sventolare davanti agli occhi un drappo rosso
avanzavo decisa ad affrontarlo.
Non
bussai nemmeno e con rabbia aprii la porta della sua camera.
Ero
stufa del suo modo di fare, stufa di sentirlo piangere e urlare la
notte, stufa di vederlo e sentirlo soffrire dentro di me.
Doveva
tirare fuori tutto come avevano detto i miei genitori.
Ebbene
si, era l'ora che lo facesse, che si liberasse dei suoi fantasmi.
Edward
era accovacciato sul letto e si stringeva Tigro al petto. Dai suoi
occhi colavano lacrime silenziose.
Per
un attimo, sopraffatta da quel dolore che vedevo in lui, che sentivo
dentro invadermi il cuore e la mente, avrei voluto chiudere la
porta e andarmene come avevo fatto troppe volte in passato, ma
adesso era giunta l'ora di farla finita e appellandomi a
tutta la rabbia che avevo accumulato per il suo comportamento in
questi anni, lo affrontai per la prima volta decisa ad andare fino
in fondo, fino alla fine del tunnel che lo stava inghiottendo.
“Edward.
Perché sei scappato oggi?” gli chiesi dura.
Il
tono della voce era alto, la rabbia repressa mi aveva fatto quasi
gridare.
Lo
vidi sussultare.
Probabilmente
non si aspettava da parte mia quella domanda e soprattutto il tono
autoritario che avevo usato.
Poi
si alzò lentamente senza guardarmi e dandomi le spalle andò a
guardare fuori dalla finestra. Fra le sue braccia ancora Tigro,
stretto al suo petto, come se fosse un ancora a cui aggrapparsi.
“Voglio
una risposta Edward !” affermai con la voce rabbiosa facendo un
passo avanti quasi minacciosa.
“Lasciami
stare Alice. Non sono fatti tuoi” mi rispose infine con la voce
calma, pacata e stanca mentre si asciugava le lacrime con una
manica.
“E
invece si. Sono stufa Edward! Stufa di vederti fuggire davanti a
tutto e tutti. Stufa di vederti ridotto in questo stato. Io non
capisco...perché Edward?? Sono tua sorella... la tua gemella... io
ho il diritto di sapere!” gli dissi con una cattiveria che non
conoscevo e la disperazione nella voce tremante.
Non
avevamo mai litigato seriamente. Eravamo sempre stati uniti, sempre
complici ma adesso non ce la facevo più.
Non
potevo più permettere che continuasse a distruggersi così.
Gli
volevo troppo bene per vederlo continuare a rovinarsi la vita come
stava facendo da troppo tempo.
Il
suo rifiuto di ammettere l'interesse verso Bella, il suo scappare di
fronte a quello che poteva portargli finalmente gioia e serenità
era stata la goccia che fa traboccare il vaso.
“Tu
non riusciresti a capire” si limitò a dirmi pacato, con la voce
che era poco più di un sussurro, sempre senza guardarmi.
“E
allora spiegami!! Smettila di auto commiserarti! Io sono qui per
capire... provaci!” gli gridai esasperata da quel muro che aveva
eretto anche con me e che non accennava a crollare.
“Davvero
vuoi sapere?? Io fossi in te starei ben attenta a cosa chiedo!”
urlò e con uno scatto repentino mi raggiunse prendendomi per le
spalle e sbattendomi contro la parete.
Il
suo viso a pochi centimetri dal mio era adesso stravolto mentre i
suoi occhi mi fissavano furiosi.
Sotto
la sua stretta e il suo viso diventato all'improvviso estraneo il
fiato mi mancò. E per la prima volta ebbi paura del mio gemello
mentre le lacrime iniziarono ad uscire accompagnate dai singhiozzi.
Ma
non mollai.
“Si
Edward. Ho bisogno di sapere cosa è successo, cosa ti tortura in
questa maniera. Perché vedi sta torturando anche me e io non ce la
faccio più. Io sto male con te, io soffro quando soffri tu ed io non
resisto più.” gli dissi tra un singhiozzo e l'altro disperata.
I
suoi occhi si spensero e si riempirono nuovamente di lacrime. Mollò
le mie spalle e barcollando arretrò fino a sedersi per terra
appoggiandosi al letto come se avesse ricevuto un colpo violento.
Abbassò
la testa e si strinse Tigro al petto mentre i suoi occhi si
dilatavano e fissavano immobili il suo peluche.
E
capii che lui non era più nella stanza con me, ma lontano otto
anni. Lentamente mi lasciai scivolare a terra con la schiena
appoggiata alla parete contro la quale mi aveva sbattuta.
Ero
pronta ad ascoltare... o almeno lo pensavo...
“Ti
ricordi Alice... l'ultimo giorno che passammo con i nostri
genitori?” mi chiese quasi sussurrando a se stesso, poi senza
aspettare la risposta continuò alzando gli occhi su di me ma
fissando il vuoto.
Il muro che si era costruito attorno per proteggersi dal passato stava crollando.
Aveva combattuto con tutte le sue forze ma ormai esausto e al limite delle forze psichiche e morali si era finalmente arreso.
Il muro che si era costruito attorno per proteggersi dal passato stava crollando.
Aveva combattuto con tutte le sue forze ma ormai esausto e al limite delle forze psichiche e morali si era finalmente arreso.
Un
rumore attirò la mia attenzione. Nel corridoio era arrivata tutta la
mia famiglia e in silenzio ascoltammo tutti quello che a posteriori
avrei definito un racconto dell'orrore.
INIZIO
RIASSUNTO
“Andammo
al Luna Park, Alice. Ero felice ed entusiasta. Salimmo su moltissime
giostre e ridemmo tutto il pomeriggio, ma in serata iniziò a
piovere.
Il
giorno dopo nel pomeriggio tu andasti alla festa di compleanno della
tua compagna. Volevo venirci anch'io, eravamo sempre insieme, ma
mamma e papà mi dissero di no. Non ero stato invitato. Era una festa
per bambine. Piansi un pochino e poi mi rassegnai.
Stavo
giocando con la mamma quando loro entrarono in casa...
Sai...
non ricordo tutto. La mia mente ha cancellato quel pomeriggio, ma
negli incubi rivedo quello che è successo come fossero tante tessere
di un mosaico.
I
primi ricordi sono stati di quando, nella loro camera da letto, dopo
aver aperto la cassaforte, tagliarono la gola a papà.
Il
sangue era schizzato addosso a me e alla mamma che mi teneva stretto
a lei. Lui non morì subito, ci mise qualche minuto. Ancora adesso,
spesso nei miei incubi, vedo i suoi occhi aperti fissarmi, vedo la
sua bocca muoversi e chiamarmi in un grido che non è mai uscito. E
sento l'odore del sangue nel naso, mentre la gola si chiude e il
panico mi afferra e mi soffoca... proprio come allora.
Ero
attaccato alla mamma terrorizzato da quello che stava succedendo ma
mi separarono da lei. La stapparono via dalle mie braccia o forse
strapparono via me dalle sue, non so cosa successe esattamente...
So
che piangevo Alice, che avevo paura, che mi sentivo solo e indifeso
mentre la chiamavo disperato... ma a loro non interessava.
Non
riesco a ricordare, non voglio
ricordare, eppure di notte rivedo la mamma urlare e sento la sua
voce rimbombarmi nelle orecchie.
Era
sdraiata sul lettone con loro sopra mentre la violentavano come
animali e lei li implorava di smetterla, li pregava di finire.
Mi
ricordo le loro risa, le loro voci, mentre si davano il turno.
E
ancora adesso vorrei andare lì e cambiare le cose, aiutarla,
proteggerla, ma proprio come allora sono impotente, non posso fare
nulla... solo guardare e piangere.
E
poi tutto finii...
La
uccisero senza pietà, senza un tentennamento, Alice.
Ricordo
con nitidezza quando quell'uomo dal passamontagna nero, le tagliò la
gola.
Non
gridò quando capii il suo destino ma si voltò verso di me e mi
sorrise.
Un
sorriso dolce, un sorriso d'amore... il suo ultimo sorriso per me ...
Alice.
Poi
quell'uomo si avvicinò a me, era coperto di sangue e nudo dalla
cintola in giù .
Avevo
paura Alice, pensavo che mi avrebbe ucciso come la mamma.
E
forse sarebbe stato meglio.
Di
notte mi sveglio e ricordo con chiarezza le sue parole, le sue mani
su di me, il suo corpo sul mio.
“Ma
guardate che bel bambino, e che occhi verdi che ha, sembrano
brillare, non ne ho mai visti di simili” mi disse lui.
Era
il capo, non potevo vedere il suo volto ma sento spesso la sua voce
e le sue parole spaventarmi ancora adesso.
“Lasciatemi
andare. Non fatemi del male” gli chiesi piangendo.
Ero
terrorizzato.
Lui
si mise a ridere. Si Alice rideva mentre iniziava a spogliarmi.
Aiutato
dal coltello con cui aveva ucciso i nostri genitori mi levò tutti i
vestiti iniziando dalle scarpe.
Poi
allungò le sue mani e le posò sui miei genitali...”
Mi
sentii morire, potevo vedere la disperazione nei suoi occhi mentre
nascondeva la testa fra le gambe. Avrei voluto andargli vicino a
consolarlo, dirgli che non era successo nulla, che era tutto finito,
che era in salvo, ma Edward tirò di nuovo su la testa verso di me e
mi sorrise.
“A
lungo ho cancellato dalla mia mente quello che successe. A lungo mi
sono rifiutato di ricordare, ho cercato di dimenticare, ma non posso
Alice non riesco a scordare quello che mi ha fatto.
Lui
mi accarezzava il pene e i testicoli, Alice. Lentamente dolcemente.
Sento ancora addosso le sue mani sudate e forti, il suo alito
soffiarmi nelle orecchie, la sua puzza di alcool, tabacco e sesso
invadermi le narici.
Rideva,
Alice.
Rideva mentre mi spiegava che ero una femminuccia.
Che non mi stavo eccitando perché non ero un maschio. Che non sarei mai diventato un vero uomo.
Che aveva visto quello che ero e che sarei stato suo.
Rideva mentre mi spiegava che ero una femminuccia.
Che non mi stavo eccitando perché non ero un maschio. Che non sarei mai diventato un vero uomo.
Che aveva visto quello che ero e che sarei stato suo.
Io
provai a spiegargli che ero un maschio, che era una bugia, ma la sua
risata coprì la mia voce “No. Edward. Non sei un maschio vero. Io
l'ho visto, io riconosco i ragazzini come te quando li vedo. Tu sei
buono solo per essere scopato, non potrai mai avere una donna... non
sei e non sarai mai uomo abbastanza” mi spiegò mentre
stringendomi a se continuava ad accarezzarmi languidamente sotto gli
occhi attenti degli altri che mi fissavano carichi di lussuria e
trepida attesa.
Ma
io ero del loro capo, lui aveva l'esclusiva sul mio corpo, sul mio
essere... su di me. Io ero e sono suo. Gli altri avrebbero dovuto
accontentarsi di guardare.
Le
sue dita sporche di sangue poi si spostarono iniziando ad
accarezzarmi in mezzo alle gambe, scivolando dietro ai genitali
infilandosi dentro di me, prima lentamente poi più velocemente. Io
piangevo e gridavo spaventato senza capire che quello era solo
l'inizio.
A
lungo ho dimenticato il resto, troppo orrore, troppo dolore e
vergogna ma vedi Alice pian piano ogni tassello sta andando a posto.
Adesso
ricordo anche quando mi misero sul letto in ginocchio.
Uno
di loro mi teneva fermo con la testa fra le sue gambe e le braccia
tirate indietro mentre dietro c'era solo orrore.
Ricordo,
Alice le mani del loro capo che mi accarezzavano il corpo, e che
mi allargavano con decisione per far posto al suo pene grosso e duro.
Con fermezza lo sentii entrare dentro di me e invadere il mio
corpo.
Ed
io urlai Alice, urlai perché faceva male.
Bruciava
come il fuoco e ogni sua spinta era una stilettata di dolore.
Usciva
ed entrava.
Sempre
più veloce, sempre più a fondo, mentre io gridavo, urlavo e lo
pregavo di finire.
Quando
finalmente si fermò e sentii il suo liquido espandersi dentro,
sporcarmi e macchiarmi in maniera indelebile, sperai che fosse finito
tutto e pregai che la morte arrivasse veloce come per mamma.
Ricordo
ancora il dolore, le risa degli altri che guardavano e lo incitavano
a entrare di più a farmi urlare di più e il male che non sembrava
finire mai, ma soprattutto l'umiliazione.
Volevano
divertirsi tutti con me, volevano che io diventassi la loro puttana,
ma lui lì bloccò. Io ero suo... solo ed esclusivamente suo e non
avrebbe permesso agli altri di toccare il suo giocattolino.
E
quando finalmente ebbe finito mi sdraiò sulla schiena e con il
coltello mi fece prima i tagli orizzontali poi quello lungo.
Pensavo
che mi avrebbe ucciso, volevo morire Alice, desideravo morire, volevo
che il coltello affondasse dentro di me, che mi tagliasse la gola,
ma non lo fece.
Non
avrebbe mai ucciso chi gli aveva procurato tanto piacere.
Con
il coltello incurante delle mie grida si fermò alla base del pene,
mi guardò sorridente e soddisfatto e mi disse “Per ora mi fermo
qua. La prossima volta che ti troverò ti taglierò tutto. Ti
renderò femmina. Perché è questo quello che tu dovresti essere.
Tu sei la mia puttana, la mia amante ed io, ti troverò di nuovo e
insieme ci divertiremo. Per questo ti lascio vivo, perché sei
bellissimo da scopare e perché sarai ancora meglio una volta che
sarai cresciuto e che capirai il tuo destino.
Ma
tu non devi parlarne con nessuno. Mi hai capito Edward? Dalla tua
bocca non dovrà uscire una sola parola. Non un sussurro. Questo sarà
il nostro segreto. ” mi disse e poi si chinò e mi baciò sulla
bocca aprendomela con una mano e infilando la sua lingua a cercare la
mia.
Mi
leccava e succhiava mentre le sue mani avevano ripreso a giocare con
i miei genitali.
E
poi se ne andarono, come erano venuti sparirono, lasciandomi lì
sul lettone, da solo in mezzo al sangue.
Ed
io mi rannicchiai vicino alla mamma, pregando di poterla raggiungere
presto.”
Mi
stavo sentendo male. Io quel pomeriggio ero stata malissimo avevo
passato quasi due ore sdraiata su un letto con la mamma della mia
amica che provava a telefonare a casa per avvisare mia madre nel
panico più totale.
E
adesso, rievocato dalle sue parole, il dolore era tornato. Forte,
cocente. E anche consapevole del perché.
Mi
rannicchiai piangendo.
“Mi
spiace Edward. Io non sapevo... non immaginavo” gli dissi disperata
tra un singulto e l'altro. “Io non avevo capito” cercai di
giustificarmi incapace di comprendere tutto, di perdonarmi per
averlo giudicato debole, per essere stata cieca e sorda al suo
dolore.
Ma
lui non mi ascoltò e continuò imperterrito a parlare, indifferente
ai miei sensi di colpa.
“Volevi
sapere che cosa ho Alice vero? Il perché ho mandato via Bella?
Forse
non ci crederai... ma Bella mi piace, vorrei poterla stringere a me,
baciarla, coccolarla e fare quello che Jasper fa con te.
Ma
io non posso, Alice!!
Lui
aveva ragione, io non sono un maschio.
Vedo
l'effetto che tu fai su Jasper, quello che fa Rosalie su Emmett. Vedo
i loro pantaloni tirarsi quando la loro erezione si fa dura dal
desiderio. Sento i loro discorsi, il loro descrivere le sensazioni
che voi ragazze gli donate. Persino papà non è indifferente a
mamma.
Ma a me questo non succede.
Io non potrei mai rendere felice Bella o nessun'altra ragazza.
Ma a me questo non succede.
Io non potrei mai rendere felice Bella o nessun'altra ragazza.
Per questo ci giro lontano perché io
sono buono solo per essere scopato ed è per questo che non voglio
avere maschi nelle vicinanze. Non voglio che se ne accorgano, non
voglio che capiscano quanto io sia diverso. Non voglio che nessuno
mi faccia più male... mai più. Nessuno deve più avere il mio
corpo, nessuno deve più toccarmi in quella maniera o entrare dentro
di me.
Io
vorrei essere normale, vorrei poter amare ed essere amato da una
ragazza... da Bella... ma non posso. Perché il mio membro non si
drizza mai. Sai cosa vuole dire mai Alice??
Sai
cosa significa tenerlo sempre mollo fra le mani?? Sapere che nulla
può risvegliarlo?? Sapere di essere diverso... di non essere... un
vero maschio??
Sai
cosa significa vivere nella paura che gli altri capiscano il tuo
segreto e nella vergogna perché sai quello che è successo e hai
paura che gli altri lo scoprano?”
Tacque.
Finalmente tacque.
Non
ce la facevo più a sentirlo. Non potevo più ascoltare la sua voce,
la sua paura, il suo dolore, la sua rabbia e la sua vergogna
sommergermi a ondate.
I
suoi occhi tornarono vivi e si abbassarono sul suo peluche.
Gli
vidi posare un bacio fra le orecchie.
“Sai.”
riprese pacato, dolce abbassando nuovamente il tono di voce, quasi
sussurrando “Per un po' ho creduto di poter trovare la pace qui.
Non ricordavo e di giorno riuscivo a dimenticare quel poco che
ritornava sotto forma di incubo. L'amore dei nostri nuovi genitori,
l'amicizia prima di Emmett e poi degli altri mi dava la forza di
andare avanti.
Ma
quando sono cresciuto ho iniziato a capire, a ricordare e ricostruire
ciò che era successo, ciò che mi avevano fatto. E insieme a questa
consapevolezza ho anche capito di non essere un vero uomo. Ho capito
che non avrò mai una famiglia. Perché mai potrò rendere felice
una ragazza... non potrò mai essere uomo fino in fondo.
E
sai per ironia quando ho finalmente capito tutto?? Quando ho
incontrato Bella e mi sono reso conto di non poterla amare come
vorrei. Quando mi sono reso conto di ciò che mi è stato rubato... o
che forse non ho mai avuto... come diceva lui”
Tacque
di nuovo, poi mi guardò sorridendo finalmente sereno per essersi
levato quel peso dal cuore, mentre le lacrime inondavano i suoi
occhi e colavano lungo le sue guance gocciolando sulle mani strette
convulsamente intorno al suo peluche.
“Sai
lui mi sta ancora cercando. Lui mi vuole ancora per se. Io lo so...
lui me l'ha detto... lui … non è lontano” ora la sua voce era
rassegnata e stanca “ Ancora adesso vivo nel terrore d'incontrarlo
nuovamente. Lui mi ha promesso che mi avrebbe trovato e c'era già
quasi riuscito... lui continuerà a cercare per avermi per se
ancora...” sussurrò.
Credevo
avesse finito, speravo non aggiungesse altro ma invece riprese a
parlare guardandomi con uno sguardo talmente dolce da lasciarmi
sconvolta.
“Tante
volte avrei voluto morire, Alice, sopraffatto dalla paura e dalla
vergogna. In Ospedale fin da subito avevo sperato succedesse, che la
morte cancellasse tutto, ma non era il mio destino. Anche quando sono
scappato nel bosco speravo che un animale mi trovasse e mi
uccidesse, volevo morire, volevo scappare dall'incubo nel quale ho
vissuto da allora, ma invece a trovarmi fu Charlie che mi ricordò
che tu mi stavi aspettando.
Perché
mia dolce sorellina ho sempre saputo di non poterti lasciare sola,
sono sempre stato cosciente che non potevo abbandonarti, che la
morte doveva aspettare, perché tu, malgrado tutto, avevi bisogno di
me.”
FINE
RIASSUNTO
Un
silenzio pesantissimo rotto solo dai nostri singhiozzi calò nella
stanza proprio come un sudario avvolge un cadavere. Il muro era
stato abbattuto ed ora rimanevano solo le macerie della sua anima. Il
velo del dolore era stato alzato un attimo per permettermi di
vedere e capire e adesso sarebbe tornato al suo posto avvolgendo
nuovamente ciò che restava di mio fratello.
Imbambolata,
ancora sotto shock dalle sue parole, lo vidi alzarsi lentamente
asciugandosi le lacrime con la manica e, con un sorriso tristissimo
su quelle labbra che non ridevano da tempo, venire verso di me.
Mi
prese per le mani e mi fece alzare, mi abbraccio un attimo dandomi
un bacio sulla fronte e riprese a parlare, dolce e pacato asciugando
le mie lacrime con i suoi polpastrelli come aveva fatto già tante
volte quando piangevo disperata.
“Ma
vedi Alice. Finalmente hai trovato chi può prendersi cura di te. Hai
trovato la tua strada, il tuo amore. Hai trovato Jasper.
Io
non ti servo più. Io sono solo un impedimento per la tua felicità”
mi spiegò accarezzandomi i capelli con una dolcezza sconvolgente “
E adesso è giunta l'ora che vada dove dovevo andare otto anni fa”
aggiunse sorridendomi sereno e dopo avermi fatto un ultima carezza,
con Tigro stretto in petto, uscì dalla porta veloce e silenzioso
come un fantasma.
Riassunto
Alice
affronta Edward e lo costringe a ricordare e ad affrontare il suo
passato. Lui inizia a raccontare di come il giorno prima fossero
felici e spensierati al Luna Park con i genitori e come il giorno
dopo lui fosse stato rifiutato alla festa di compleanno alla quale
partecipò Alice. Fra un singhiozzo e l'altro le racconta
quell'ultima giornata e come venne distrutta la sua famiglia e il
dolore provato da lui stesso. Si viene così a scoprire fra lacrime e
dolore che Edward oltre ad aver assistito alla morte violenta del
padre, alla violenza sulla madre e al suo omicidio è stato a sua
volta violentato e stuprato.
La
violenza fisica sconvolgente e dolorosa da parte del capo del gruppo
che lo reclama come suo, è stata accompagnata dallo scherno e dalla
violenza morale con cui l'uomo afferma che Edward non è e non sarà
mai un maschio. Il capo del gruppo gli promette pertanto che non si
dimenticherà di lui ma che anzi aspetta che cresca per prenderselo
nuovamente.
Le
conseguenze fisiche e morali sono pertanto il disgusto per se stesso e
la convinzione di non essere come gli altri uomini visto le parole del
capo che ha abusato di lui e la sua totale incapacità
di eccitarsi quindi di poter fare l'amore con una ragazza accompoagnati
dalla paura che qualcuno scopra la sua vergogna..
Ecco
perché rifiuta le ragazze e ha paura dei ragazzi. Ammette di essere
innamorato di Bella ma di non poter stare con lei, perché non può
darle ciò che cerca. Si vergogna della situazione in quanto non si
ritiene uomo e ha paura che gli altri scoprano il suo segreto.
Infine racconta di come il loro capo gli ha detto che lo avrebbe
cercato di nuovo e per rintracciarlo gli ha fatto i segni sul petto
minacciandolo per avere il suo silenzio.
Edward
è convinto che lui, di cui non sà l'identità perchè incappucciato, lo stia ancora cercando e... che lo abbia
quasi trovato.
Fra
le lacrime Edward confida ad Alice di aver voluto morire più di una
volta (anche quando era fuggito nel bosco dal Luna Park) ma di non
averlo potuto fare per lei, perché sapeva che lei aveva bisogno di
lui.
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