Capitolo
66 Indizi
Bella
Quando
uscii dalla Casa dei Cullen mi sentivo un peso nel cuore. Sapere che
Edward stava male per causa mia mi aveva distrutto.
Andai
a casa, e mi cacciai sotto la doccia. Volevo lavare via il mio amore
e il mio dolore, mentre tutto quello che mi avevano raccontato
rimbombava nella mia mente.
Povero
ragazzo.
Non
avevo mai visto le sue cicatrici sul petto, era stato attento a non
mostrarmele. Così come era stato attento a nascondermi quanto stesse
male in realtà.
Nessuno
mi aveva mai spiegato nulla, solo pallidi accenni, forse per
proteggerlo, forse per non spaventarmi o più semplicemente perché
ormai assuefatti al suo comportamento che era diventato per loro
quasi normale. Ed io ero stata troppo presa dai miei sentimenti per
capire, per pormi domande.
Iniziai
a piangere, per lui e per il mio amore senza speranza, fino a che
stordita e con la pelle tutta raggrinzita uscii dalla doccia.
Con
le mani tremanti e la morte nel cuore mi asciugai e iniziai a
vestirmi. Non sapevo neanche cosa mi ero messa, volevo solo sparire e
sprofondare nel mio dolore quando il cellulare posato sul comodino
suonò.
Era
Charlie.
Inconsciamente
guardai l'ora e mi resi conto che il tempo era volato e lui ormai
avrebbe già dovuto essere a casa da un pezzo.
“Ciao
Bella. Devo andare fuori città. Tornerò domani mattina. Non stare
in pensiero per me” mi disse preoccupato.
“Va
bene” risposi con un filo di voce per non allarmarlo. Se avessi
parlato a lungo avrebbe capito quanto stavo male.
“Bella...”
silenzio “Come stai?” mi chiese poi con un sussurro preoccupato.
“Bene”
gli mentii subito ricacciando indietro le lacrime e sperando che non
si accorgesse del mio timbro di voce.
“Ok.
E stai attenta. Non girare da sola in città” mi salutò chiudendo
la comunicazione senza darmi spiegazioni su dove dovesse andare così
all'improvviso.
Posai
il telefono e lo guardai come se potesse rispondermi. Come se potesse
spiegarmi lo strano comportamento di mio padre. Cosa voleva dire con
quelle ultime parole? Perché non dovevo girare da sola? Cosa era
tutto quel mistero?
E,
soprattutto, dove era andato così di corsa appena avevamo finito il
racconto della storia di Edward??
Arricciai
le labbra preoccupata e grata di avere qualcosa a cui pensare che mi
distogliesse dal dolore cocente che sentivo nel petto. Avevo visto
la sua mano tirarsi i baffi nervoso e le sue rotelle girare come
eliche mentre riviveva gli anni passai assieme alla famiglia Cullen
.
E
poi all'improvviso capii. La classica lampadina si accese nella mia
mente.
Charlie
aveva scoperto qualcosa!!
Qualcosa
che era stato detto gli aveva fatto scattare l'istinto del poliziotto
e adesso stava andando a fare qualche indagine.
Non
c'era altra spiegazione al suo bizzarro comportamento...
Senza
indugio mi cambiai nuovamente vestendomi nella maniera che sapevo mi
sarebbe servita.
Mi
guardai nello specchio e un sorriso malizioso si allargò sul mio
volto mentre afferrate le chiavi di casa mi avviavo verso la Centrale
di polizia dove aveva il suo ufficio Charlie.
Sapendo
benissimo che lui era assente entrai e con la vocina ingenua e un
sorrisetto candido chiesi al suo vice seduto alla scrivania. “Ciao
Saimon. C'è mio padre?”
“Ciao
Bella” rispose sorridente e tirandosi su come un galletto mi spiegò
cordiale “No è uscito e non so quando tornerà. E' scappato via
come avesse un diavolo alle calcagna e non mi ha detto nulla”
concluse facendo spallucce.
Evidentemente
non era la prima volta che mio padre si comportava così, pensai con
un sorriso.
Il
sorriso di Saimon era radioso, decisamente troppo radioso per i
miei gusti, mentre i suoi occhi non si staccavano dalla mia
scollatura volutamente accentuata dalla camicetta attillatissima e
scollatissima che avevo indossato apposta.
“Ho
dimenticato il cellulare nel suo ufficio, posso entrare a cercarlo?”
gli chiesi cercando di non arrossire per la bugia appena detta.
Per
fortuna invece che sulla mia faccia i suoi occhi erano sempre
piazzati lì, sui miei seni giovani e sodi.
“Si
certo vai pure” mi disse incantato come un cucciolo che perde le
bave dietro ad un osso.
Non
persi tempo e sentendomi i suoi occhi puntati sul mio sedere stretto
nei Jeans avvolgenti mi avviai svelta e decisa nell'Ufficio di mio
padre.
Saimon
non si sarebbe mai permesso di dire nulla o fare nulla perché non
gli conveniva di certo dare fastidio alla figlia del suo capo, ma
dovevo riconoscere che stavo giocando sporco e che la cosa mi
piaceva.
Entrai
e mi sedetti sulla poltrona di mio padre guardandomi intorno
pensosa.
Charlie
era molto ordinato e tutto era al suo posto tranne una fascetta di
cartoncino azzurra piuttosto voluminosa posata al centro della
scrivania.
Sulla
sua copertina scritto con un pennarellone rosso campeggiava la
scritta: IL MOSTRO DI
NATALE.
Mi
sedetti alla scrivania e l'aprii incuriosita. Ne avevo sentito
parlare alla televisione e mi domandai cosa mai centrasse con le
indagini di Charlie e con la famiglia Cullen.
All'improvviso
sentii aprire una porta e sobbalzai sulla seggiola prima di
rendermi conto che qualcuno era entrato dalla porta principale e
stava parlando con Saimon.
Bene,
questo era un grosso colpo di fortuna. Il vice di mio padre sarebbe
stato occupato per un po' ed io avevo tutto il tempo per guardare in
quella misteriosa fascetta dal titolo inquietante.
Dentro
c'erano diverse buste trasparenti e su ognuna c'era scritto un anno.
Partivano
da otto anni fa e contenevano i verbali di diversi omicidi.
Uno
per anno realizzai immediatamente dopo averle sfogliate rapidamente.
Ne
aprii uno a caso e iniziai a leggere attentamente. Poi ne aprii un
secondo e un terzo.
Erano
tutti omicidi efferati di ragazzi.
Non
capivo perché fossero tutti radunati lì. In apparenza non c'era
nessun legame tra di loro ma poi vidi appoggiata in mezzo ai
fascicoli una cartina con delle località cerchiate e capii...
erano tutti avvenuti nel giro di 200 km da Forks.
Pensierosa
richiusi la cartellina, avevo trovato su cosa stava lavorando mio
padre. Ma ancora non capivo cosa c'entrassero i Cullen.
Insoddisfatta riaprii la cartellina e sfogliai tutte le fascette,
leggendo i nomi e i luoghi, finché in mano non mi capitò l'ultima
“Famiglia Masen”.
Sapevo
da Alice che quello era il suo vero cognome e incuriosita aprii i
verbali e iniziai a leggere.
La
nausea mi assalii mentre sentivo le lacrime cadermi lungo il viso.
Non c'era scritto molto di più rispetto a quello che avevo sentito a
casa Cullen, soltanto la descrizione cruda delle ferite riportate
dai genitori di Edward.
Su
di lui invece nulla. Come se fosse stato una vittima collaterale. Un
dettaglio insignificante che si erano dimenticati di menzionare.
Però
sfogliando rimasi colpita da un particolare: mio padre aveva
evidenziato due frasi .
Omicidio
avvenuto il 05/01.
Biglietto
ruota panoramica.
Non
aveva senso perché segnarle?
Ripresi
in mano le varie fascette e le aprii tutte. Alcune non avevano nulla
evidenziato ma in alcune c'era sottolineata la parola Luna Park.
Mentre
in altre erano evidenziate altre parole.
Non
riuscivo a trovare alcun senso logico fino a che non aprii quella
del ragazzo scomparso e poi ritrovato mesi dopo, un certo Steven.
Segnato in rosso svettava la scritta “gettone
” sottolineata tre volte.
Mentre
era cerchiata in verde anche la seguente frase “Altezza
1,78, capelli castani/rossicci, occhi verdi”
Chiusi
la cartellina pensosa. Un rumore di porta sbattuta mi fece intuire
che la persona era andata via e Saimon sarebbe venuto presto a
controllare che cosa stavo combinando nell'ufficio di mio padre.
Mi
stavo alzando e mettendo a posto i fascicoli quando un foglio
isolato sbucò fuori da sotto la cartellina.
Lo
presi e il mio cuore ebbe un balzo.
C'era
una lista:
20/12
– 20/1
Luna
park
ragazzi
biglietto
ruota panoramica
zucchero
ciondolo
coltello
grasso
occhi
verdi
gettone
Mostro
Mio
padre aveva riunito gli indizi di tutti i casi. Poi sotto scritto in
grande
svettava
in stampatello rosso un nome EDWARD.
Con
il cellulare feci una fotografia all'elenco e rimisi tutto a posto.
Poi usci rapidissima dall'ufficio senza neanche salutare il povero
Saimon.
Veloce
mi allontanai, avevo la nausea ma soprattutto mi chiedevo cosa mai
unisse quell'elenco di parole al mio disperato amore.
Carlisle
Avevamo
corso il più velocemente possibile. I ragazzi mi superarono subito.
Più giovani e agili mi precedettero lasciandomi indietro con il
cuore che pompava a mille e i polmoni duramente provati dallo sforzo.
Arrivai
giusto in tempo per sentire le ultime parole di Edward e vederlo
sorridere mentre si lasciava cadere nel vuoto.
“Noooo!!!”
gridai per fermarlo ma era troppo tardi.
Il
mio Edward aveva deciso di rinunciare a combattere.
Aveva
compiuto ciò che che ci aveva detto quella notte in lacrime ciò
che con Esme avevamo terrore potesse fare.
Caddi
in ginocchio sfinito dalla corsa, maledicendomi per la mia età.
Fossi
stato più giovane, forse sarei arrivato prima e forse avrei potuto
salvarlo.
Forse
a me avrebbe dato retta.
Forse
sarei riuscito a convincerlo che avrei potuto aiutarlo.
Alzai
la testa quando sentii la voce alta di Jasper gridare.
“Aspettami
di sotto Emmett” mentre ancora frastornato lo vidi levarsi le
scarpe e la giacca
“Jasper”
urlai disperato “Noooo!!” ma era troppo tardi.
Nessun commento:
Posta un commento