venerdì 15 marzo 2013

Capitolo 68 Una decisione sofferta




Capitolo 68 Una decisione sofferta


Carlisle



Mentre me lo abbracciavo ancora incredulo di poterlo stringere a me ripensai a quello che era successo in quell'ultima ora.

Finalmente aveva parlato. Aveva spiegato tutto ad Alice, lo aveva fatto in preda all'ira ma soprattutto alla vergogna. Vergogna che aveva rischiato di portarlo via da noi per sempre.



Aveva ricordato e aveva tirato fuori quello che gli era successo. Dolore e sconcerto avevano accompagnato il suo racconto mentre mi rendevo conto che oltre al terrore di subire di nuovo violenza dal suo aguzzino c'era la vergogna e la paura dettate dal non sentirsi maschio fino in fondo.

Lo tenevo stretto a me e lo sentivo piangere disperato.

Non era la prima volta, ma stavolta sentivo crescere dentro di me un sentimento diverso dal solito, una rabbia cieca e profonda alimentata da tutti quegli anni di sofferenza.

Cosa sperava di ottenere piangendo??

Probabilmente si stava solo sfogando, ma poi??

Saremmo tornati da punto a capo, presto sarebbero tornati i suoi tormenti ma soprattutto si sarebbe vergognato ancora di più per quello che ci aveva infine confessato.

Avevo paura della sua reazione, paura di quello che avrebbe potuto fare nuovamente.

Avevo rischiato di perderlo e non potevo più farlo, troppe volte ormai mi ero spaventato per lui.

Non potevamo vivere con l'incubo che ci riprovasse, che tentasse nuovamente il suicidio o peggio ancora che finisse per assuefarsi a psicofarmaci per riuscire a convivere con se stesso.

Era giunto il momento di affrontare le sue paure, di essere uomo malgrado lui temesse di non esserlo abbastanza.

Quello che aveva rivelato mi aveva scioccato.

Avendolo visto nudo, avendolo spogliato più di una volta sapevo che era in apparenza normale. Per quello che ne sapevo il suo apparato genitale era in perfetto ordine.

Ma se il problema non era fisico cosa lo bloccava? Sapevo la risposta e sapevo anche che non sarebbe servito che gli parlassi, che gli spiegassi. Non si sarebbe fidato, non mi avrebbe mai creduto.

Quello che aveva passato lo aveva reso insicuro e psicologicamente debole ma doveva trovare il modo di venirne fuori una volta per tutte.

Non potevo levargli la paura e l'orrore per quello che aveva passato ma potevo intervenire a livello fisico. Potevo dimostrargli che quell'uomo gli aveva mentito.

Lo guardai di sottecchi, non gli sarebbe piaciuto, probabilmente avrebbe sofferto ancora, ma non c'era che un modo.

E lasciatolo seduto sulla spiaggia a piangere e a vestirsi presi il cellulare e mi allontanai.

Era il momento di chiedere aiuto e solo il mio amico Danny avrebbe potuto tirarlo fuori dall'incubo nel quale era precipitato.





Edward



Avevo pianto finché le lacrime erano finite. Mi vergognavo, ancora una volta era quel sentimento odioso che mi faceva compagnia a dominare il mio animo.

Mi ero vestito e stavo rannicchiato per cercare di scaldarmi mentre il sole era ormai sparito dietro l'orizzonte. I miei occhi ormai asciutti e bruciati dal sale fissavano la grande distesa d'acqua in perenne movimento nel quale avrei voluto scomparire.

Mio padre era al cellulare che parlava ormai da parecchio tempo, camminando agitato e turbato lontano da me.

Le sue parole si perdevano nel vento e ancora una volta mi chiesi con chi fosse al telefono dal momento che aveva già chiamato  la mamma.

Forse stava parlando con il responsabile di un manicomio, forse mi avrebbe fatto ricoverare e sottoporre a qualche terapia.

Non volevo andare là, non volevo venire stordito da qualche psicofarmaco che mi avrebbe bruciato il cervello... ma non volevo neanche vivere così.

Dopo quello che avevo raccontato non avrei più avuto il coraggio di guardare in faccia nessuno, nemmeno i miei fratelli.

Quanto dolore avevo causato? Quanto ne stavo ancora causando?? Fra i capelli biondi di mio padre potevo scorgere diversi fili bianchi ed ero sicuro di esserne io la causa.



Lo vidi venire verso di me risoluto, i suoi occhi bruciavano, era arrabbiato, furioso come non l'avevo mai visto.

Forza, alzati andiamo in un posto” mi disse e il suo tono non ammetteva repliche.

Lo guardai spaventato ma non dissi nulla. Qualsiasi cosa avesse deciso, qualsiasi cosa volesse fare di me, lo avrei assecondato.

Non gli risposi ma lo segui in silenzio e a testa bassa.

Senza una parola ritornammo indietro ma invece di entrare in casa mi fece salire sulla sua macchina e partì.

Non sapevo dove eravamo diretti, ma ovunque fosse ero certo che non sarei tornato indietro. Avrei voluto salutare Alice e mia madre ma non chiesi nulla. Non avevo diritto a chiedere nulla.

Sentivo che lo avevo deluso una volta di troppo e adesso eravamo arrivati al limite, e avrei accettato qualsiasi sua decisione, ero troppo stanco e sfinito di combattere una battaglia che avevo perso fin dall'inizio.



La sera era calata intorno a noi e lui stava guidando da venti minuti quando esausto da quella lunga giornata chiusi gli occhi e appoggiai la testa al sedile sperando di non rivedere ancora una volta quelle scene terribili che non mi lasciavano mai solo.

Qualcosa di caldo si appoggiò alla mia pancia facendomi sobbalzare, aprii un occhio spaventato e vidi il mio Tigro.

Papà mi aveva posato Tigro in braccio.

Lo guardai sorridendo incerto e imbarazzato ancora una volta, grato per quel gesto d'amore.

Ci metteremo ancora un po'. Cerca di dormire se riesci, devi essere stanco” mi disse sorridendomi per la prima volta.

Annui e chiusi gli occhi cullato dal movimento della macchina e dalla musica della radio che aveva acceso.



Carlisle



Era stanco e si stava addormentando. Insieme ai suoi vestiti avevo recuperato Tigro dalla scogliera, lo presi e glielo misi in grembo. Sapevo che malgrado fosse grande continuava a dormire abbracciato a lui e volevo dargli un po' di conforto.

Mi sorrise e si addormentò.

Ancora una volta mi chiesi se stavo facendo bene, se la mia scelta era giusta ma non vedevo altre vie d'uscita, altri modi per aiutarlo.

Lui mi aveva seguito silenzioso e ubbidiente. Vedevo la tristezza, la vergogna e la paura nei suoi occhi. Ma si fidava di me...

Per un attimo mi venne voglia di fermarmi, girare la macchina e riportarlo a casa.

Mi sentivo un lurido traditore... sapevo che rischiavo di perdere la sua fiducia, forse per sempre.

Ma questo era l'unica cosa da fare, l'altra alternativa era aspettare la sua prossima crisi, il suo prossimo tentativo di suicidio... e questo non lo potevo permettere.



E chiudendo il cuore lo portai all'appuntamento con il suo destino





Bella



Tornai a casa che era già buio.

Mi buttai sul letto e presi i libri ma qualcosa mi impediva di studiare.

La lista di Charlie continuava a girarmi in testa. Avevo acceso il cellulare e riletta diverse volte.

Sapevo che c'era qualche particolare che mi stava sfuggendo, particolare che invece Charlie aveva notato.

Ripensai al racconto della loro storia ma non riuscivo a collegarlo con quanto avevo letto.

Decisa presi il telefono e chiamai casa Cullen volevo parlare con Alice.

Pronto sono Bella” dissi tranquillamente ben lontana dall'immaginare ciò che era accaduto e che stava accadendo in quelle ore.

Ciao Bella. Sono Esme” mi rispose sua madre.

Rimasi ferma allibita, la sua voce era irriconoscibile

C'è Alice?” chiesi dubbiosa

Si. Ma non te la posso passare. Non sta bene” mi rispose con una voce spaventosa.

E' per via di Edward?” chiesi all'improvviso conscia che probabilmente era successo qualcosa al fratello.

L'avevo sfidato e mi avevano detto che la mia vicinanza gli faceva male, collegai sentendomi sprofondare.

Si” fu la risposta monocorde.

Lei sempre così allegra e sorridente, sembrava l'ombra di se stessa.

E' colpa mia… mi spiace” scoppiai a piangere sentendomi un verme.

No. Bella. Non sei tu. Ma... è difficile spiegare.” cerco di rassicurarmi, poi prima che potessi rispondere aggiunse “Scusa ma devo lasciare il telefono libero. Sto aspettando una telefonata di Carlisle. Ma sta tranquilla Alice è con Jasper. Ci sta pensando lui a lei” e senza aspettare una mia risposta mise giù.

Rimasi con il telefono in mano a guardarlo come una sciocca. Aveva fretta, decisamente.

Era inutile insistere, nessuno mi avrebbe detto nulla... ma l'indomani mattina Alice sarebbe stata a scuola.

Dovevo parlare con lei, dovevo raccontarle della lista di Charlie e forse lei conoscendo tutto mi avrebbe aiutato a risolvere il mistero.

E agitata e preoccupata provai a chiudere occhio.

Chissà perché Carlisle avrebbe dovuto telefonarle?? Cosa stava succedendo e dove era andato Charlie di corsa? E con questi pensieri in testa mi addormentai sperando l'indomani di trovare le risposte alle mie domande.



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