Ps:
Una curiosità. Si parlerà di musica per chi non sapesse a quale si
riferisce... è quella che potete ascoltare a metà trailer !!
Capitolo
70 Una verità svelata (raiting rosso)
Edward
Non
capivo cosa volesse da me, sembrava che si divertisse con le sue
domande umilianti, ma ancora una volta il suo comportamento mi
disorientò completamente.
Lo
vidi sorridere. Alzarsi e prendere un bicchiere d'acqua dalla vicina
colonnina.
“Sei
stato bravo, ragazzo. Bevi un pochino e asciugati le lacrime” mi
disse dolcemente allungandomi il bicchiere colmo di acqua fresca.
Tremante
allungai la mano afferrando il bicchiere volentieri, mi sentivo la
bocca secca mentre lo guardavo spaventato e sconcertato per quella
gentilezza che non mi aspettavo.
In
silenzio bevvi lentamente l'acqua mentre mi asciugavo le lacrime con
il fazzoletto di carta che mi aveva dato. Lui rimase fermo qualche
minuto aspettando che mi calmassi, che smettessi di piangere e di
tremare.
Poi
iniziò a passeggiare avanti e indietro pensoso finché non si
voltò a guardarmi sorridente.
“Sei
normale Edward. Non ti si rizza perché non lo vuoi tu. Hai
talmente tanta paura che non funzioni, talmente tanta paura di non
essere uomo che lo blocchi.
Lui
è solo un muscolo. Dipende dalla mente come tutti gli altri. Non c'è
nulla in te di strano. Sei perfettamente normale. Sei un ragazzo come
tutti gli altri.” affermò autoritario e sicuro cercando e
piantando i suoi occhi di ghiaccio nei miei.
Scossi
la testa, avvilito.
“Non
mi credi vero??” mi chiese ironico “Tu pensi che io stia mentendo
o che mi sia sbagliato, che non ci sia niente da fare, giusto??” il
suo tono era irato, quasi rabbioso.
“Si”
risposi semplicemente guardandolo fisso senza abbassare lo sguardo,
sicuro di quello che ero.
Verde
e grigio, due sguardi di fuoco che s'incrociarono e si sfidarono.
Riprese
a passeggiare con le mani dietro al schiena in silenzio, poi si
avvicinò alla scrivania aprì un cassetto e mi tirò una barretta di
cioccolato.
“Devi
aver fame.” aggiunse con la voce dolce e gentile continuando a
passeggiare assorto e indifferente alla mia presenza.
L'afferrai
al volo. Ero stupito, i suoi cambi di voce, il suo modo di fare mi
spaventavano e disorientavano. Ma aveva ragione, ero esausto ed
affamato e la divorai in due bocconi.
Lui
si avvicinò a me, mi fissò negli occhi e mi chiese all'improvviso
“Ne sei proprio sicuro di quello che pensi?”
Mi
limitai ad annuire, mi sentivo spaesato, ancora una volta il suo tono
era diventato freddo e pungente.
Feci
per scendere e andare a prendermi i vestiti che avevo posato sulla
sedia lì vicino. Non c'era più nulla da aggiungere. Lui mi aveva
detto quello che pensava ma io sapevo come stavano le cose in realtà.
Il discorso per me e ra chiuso.
Lui
mi afferrò per un braccio fermandomi “Non ti ho detto di
rivestirti” mi intimò gelido.
La
sua voce mi fece sussultare e cercai di divincolarmi dalla sua presa
ferrea mentre il panico iniziava nuovamente a bussare nella mia
mente.
“Mi
dispiace ragazzo ma ti devo dimostrare il contrario” aggiunse
deciso intensificando la stretta e bloccandomi le braccia.
“Vieni
e fai il bravo” mi ordinò trascinandomi con lui.
Il
panico trattenuto, esplose violento, paralizzandomi, impedendomi di
ribellarmi, di lottare, mentre il mio corpo iniziava a tremare.
Immagini del mio aguzzino che mi teneva fermo iniziarono a
sovrapporsi, a mescolarsi con quelle di Danny.
Lui
apri una porticina e mi fece entrare in una piccola stanza poi
mollò la presa su di me e si girò chiudendo nuovamente la porta a
chiave e mettendosi la chiave in tasca.
Ero
nuovamente in trappola.
Mi
appoggiai alla parete più distante e iniziai ad ansimare cercando
di coprirmi con le braccia “Non mi faccia del male” lo implorai
spaventato da lui e da quel posto. Mi sentivo soffocare, l'aria non
arrivava ai miei polmoni.
Per
tutta la risposta lui si mise a ridere. “E perché dovrei. Non sei
il mio tipo ragazzo. A me piacciono le donne, sai... non i marmocchi.
Quindi rilassati e abbi fiducia in me” disse mentre si avvicinava a
uno stereo e accendeva una dolce musica.
“Ti
piace la musica classica? La conosci questa?” mi chiese regolando
il volume bassissimo.
Ancora
una volta aveva cambiato tono, era diventato dolce e gentile.
Ci
pensai un attimo momentaneamente distratto dalla musica “E' il
Bolero di Ravel?” chiesi piano.
Lui
sorrise soddisfatto. “Bravo. Non credevo lo conoscessi. Non sono
molti i ragazzi che conoscono la musica classica.” mi rispose
mentre trafficava con degli interruttori dandomi la schiena.
Lo
guardavo preoccupato. Mi stavo chiedendo che intenzioni avesse. Si
muoveva adagio canticchiando seguendo la musica, senza guardarmi,
comportandosi come se si fosse dimenticato di me.
Come
se io non fossi presente, un qualcosa di insignificante.
Le
luci si spensero lentamente ma non restammo al buio, una
luminescenza azzurrina si diffuse illuminando appena quello stanzino.
Lo
riuscivo a vedere a malapena avvicinarsi a me lentamente.
Il
mio cuore iniziò nuovamente a battere furiosamente sembrava dovesse
uscire dal petto.
“Edward.
Ascoltami.” mi disse lentamente e dolcemente. La sua voce sembrava
intonarsi con la musica “Sono un medico e sono specializzato per
aiutare ragazzi che hanno problemi come il tuo, persone che hanno
avuto il tuo stesso destino. Che come te sono convinte di non essere
normali... uomini veri. Adesso dovrai fare esattamente quello che ti
dirò. Mi hai capito?” mormoro avvicinandosi lentamente.
Avevo
paura. Mi sentivo soffocare lì dentro e in cerca di una via di fuga
arretrai fino ad appoggiarmi alla porta chiusa. Provai ad aprire la
maniglia ma era chiusa, ero suo prigioniero.
“Guardami
Edward.” mi disse. Era davanti a me e mi sorrideva “Vedi sono
vestito. Non ti voglio fare alcun male. Io non sono il tuo Lui.” mi
disse dolcemente mostrandomi le mani e il suo abbigliamento.
Ingoiai
a vuoto cercando di ragionare e di riacquistare lucidità...
“Ti
voglio solo aiutare. Ti devi fidare di me. Pensi che tuo padre,
altrimenti, ti avrebbe lasciato solo con me?? Lui si fida... fidati
anche tu. Coraggio non ti farò male... te lo prometto. Voglio solo
aiutarti.” disse allungando la mano e prendendo la mia tirandomi
lentamente verso di lui.
Aveva
ragione dovevo fidarmi. Carlisle non mi avrebbe mai lasciato lì con
lui altrimenti. Dovevo cercare di dominare la mia paura.
Ma
non capivo cosa volesse da me e come avrebbe potuto aiutarmi.
Forse
se l'avessi immaginato sarei scappato, ma invece lasciai che la sua
voce dolce e suadente mi convincesse a collaborare.
“Bravo
così, non devi avere paura. Adesso mi devi ubbidire, fai
esattamente quello che ti dico” mormorò con la voce che era
appena un sussurro sopra la musica che stava piano piano aumentando.
“Sei
mancino?” mi chiese sempre sussurrando mettendosi dietro di me e
facendomi appoggiare al suo petto robusto.
“No”
risposi con un sussurro anch'io. All'improvviso la mia gola si era
seccata, sembrava impossibile riuscire a parlare. Sentivo il suo
corpo aderire al mio e il terrore esplose di nuovo violento.
Respiravo
forte, nervoso e spaventato. Il cuore batteva talmente forte che lo
sentivo rimbombare nelle orecchie mentre brividi gelati mi
percorrevano la schiena. Avrei tanto voluto fuggire da lì e
allontanarmi da lui, dal suo fisico forte che mi tratteneva ma
qualcosa mi stava bloccando.
E
sapevo anche cosa: non potevo fuggire di nuovo, dovevo affrontare le
mie paure, dovevo fidarmi di mio padre e di quell'uomo.
Ingoiai
a vuoto e presi fiato lentamente, imponendomi di calmarmi, mentre
decidevo che avrei ubbidito qualsiasi cosa mi avesse fatto, qualsiasi
cosa volesse fare di me.
Lo
avrei fatto per mio padre e per la mia famiglia. Li avevo feriti
troppo e adesso era giunta l'ora di affrontare il mio destino,
qualsiasi esso fosse. E per la prima volta sentii un coraggio che non
conoscevo nascere dentro il mio cuore e avvolgersi intorno alla
mente come uno scudo, donandomi la forza che mi era mancata in questi lunghi anni.
Mi
aveva fatto appoggiare con la schiena al suo petto e la mano
sinistra era passata sotto le mie spalle come per sorreggermi.
“Alza
la mano destra, fammi vedere il palmo” ubbidii mi sentivo
completamente in sua balia, la musica mi avvolgeva distraendo i
miei pensieri, calmandoli, mentre la luce soffusa mi confondeva
impedendomi di vedere le cose con nitidezza. Tutto sembrava solo un
sogno, tutto sembrava vago e surreale mentre i suoi sussurri dolci
mormorati nelle orecchie mi stregavano.
Devo
fidarmi, mi ripetei. Papà si fida....devo farlo per
Carlisle...devo fidarmi lui è un medico... non mi farà del
male... non vuole farmi del male...
Poi
Danny mi passò sopra il palmo della mano destra qualcosa di caldo
e unto. Feci per ritrarla, stupito e spaventato, ma lui afferrò
saldamente il mio polso con la sua mano.
“Fidati
Edward. Fidati di me” mi sussurrò nell'orecchio.
La
musica continuava sempre più forte mentre un altro strumento si
aggiungeva agli altri nel ripetere all'infinito la stessa melodia.
Poi
la sua mano guidò la mia al mio membro posandola sopra.
“Prendilo
Edward. Prendi il tuo pene in mano” sussurrò
Sussultai
ma ubbidii ancora al suo ordine, mentre il respiro iniziava ad
impazzire di nuovo dalla paura. Cosa voleva da me?
“Stringilo
piano” un altro ordine sussurrato ma perentorio. Mentre la sua mano
premeva sulla mia con dolcezza e autorità invitandomi ad ubbidire al
suo ordine.
“Bravo,
così, adesso inizia a massaggiarlo. La senti la musica?? Segui il
ritmo... come abbiamo fatto prima...uno...due...uno..due...anche il
respiro Edward. Così lentamente, dolcemente...”
Iniziai
a ubbidire cercando di calmare il respiro.
Dovevo
fidarmi. Dovevo farlo per mio padre, per Alice, per la mia famiglia e ... per me stesso
La
sua mano posata sulla mia la guidava dolcemente, avanti, indietro
seguendo la sua voce e la musica.
Abbassai
lo sguardo, volevo vedere ma la sua voce mi bloccò perentoria.
“No
Edward, non ci pensare. Ti devi rilassare. Non pensare a quello che
stai facendo, chiudi gli occhi, ascolta la musica, rilassati” mi
ordinò mormorando dolcemente ma seccamente nello stesso tempo.
Adeguai
il respiro al movimento e lentamente mi resi conto che il percorso si
era allungato.
Iniziai
ad agitarmi, mentre sensazioni mai provate iniziavano ad investirmi.
Un
lungo brivido seguito da una sensazione di calore e poi di piacere
stava facendosi strada dentro di me.
“Così
Edward. Tranquillo. Va tutto bene” la sua voce mi calmava mentre la
sua mano guidava la mia alla scoperta del mio corpo e di sensazioni
mai provate.
“Mi
ha detto Carlisle che c'è una ragazza che ti piace. Come si chiama?”
mi chiese poi sentendomi di nuovo agitato.
“Bella”
mormorai imbarazzato.
“Com'è
Edward. Descrivimela” di nuovo la voce era autoritaria e dolce
nel contempo, mentre la musica era sempre più decisa.
“Ha
i capelli lunghi marroni come le castagne e gli occhi color
cioccolata ” dissi cercando di voltarmi per parlargli.
Il
suo braccio mi trattenne “Chiudi gli occhi. Cerca di vederla.
Immaginatela che viene verso di te. Scommetto che ha un bel sorriso e
le labbra rosse” continuò.
Ubbidii.
Adesso la vedevo davanti a me. Vedevo le sue labbra rosse e sensuali
chiamarmi dolcemente.
“E
morbide” disse
Si
le vedevo, le sentivo sulle mie, morbide e calde. Il ricordo del suo
bacio esplose nella mia mente.
“Le
sue labbra posate sulle tue, morbide e attraenti, i seni che si
appoggiano sul tuo petto. Il suo sapore deve essere buono Edward, il
suo odore attraente” continuò ed io lo sentivo, sentivo le sue
labbra, sentivo il suo petto morbido e sodo, volevo accarezzarla
volevo toccarla, mentre immaginavo il suo sapore. Le mie mani che la
stringevano forte, le sue labbra posate sulle mie, il suo sapore
dolce, la pelle che morbida si adattava al mio corpo,il suo profumo
che mi stregava.
Iniziai
a sentire caldo un gran caldo, il respiro si fece affannoso.
Volevo
andare da lei, toccarla, baciarla, volevo farci l'amore. La mia mente
la immaginava, la richiedeva, smaniava al suo pensiero.
Potevo
vedere le gambe lunghe affusolate e le mie mani posate sulle sue
cosce salire lentamente su di lei.
Iniziai
a gemere piano mentre la mia mano andava più veloce, più decisa.
“Pensa
la sua mano dolce e delicata, posata sul tuo pene a toccarlo mentre
tu la baci sul collo, e la tocchi. E' bagnata Edward, lei si bagnerà
per te, aspettando che tu la faccia tua” mi diceva ed io mi sentivo
crescere dentro il desiderio. Mi sentivo sul punto di esplodere,
mentre Danny aveva lasciato la mia mano ed io continuavo da solo a
darmi piacere.
Sempre
più veloce e deciso, mentre la mia mente immaginava Bella stesa
sotto di me, potevo quasi sentire il suo corpo, le sue mani sul mio
accarezzarmi lentamente, il suo calore, i suoi baci e il suo calore
reclamare il mio corpo.
Ero
preso da un vortice di desiderio e poi all'improvviso mi sentii
esplodere subito seguito da un senso dolcissimo di vuoto, di
liberazione, mentre un lungo gemito di piacere accompagnava il primo
orgasmo della mia vita.
“Bravo
si, continua, ancora Edward, fai uscire tutto” mi disse dolcemente
mentre la musica insieme al mio cuore rallentava.
Aprii
gli occhi e li abbassai incredulo. Il mio pene era ancora dritto e
rigido ma bagnato così come la mia mano.
E
capii.
All'improvviso
mi sentii svuotato completamente.
Tutte
le paure, tutte i problemi e le ansie che mi ero fatto per otto anni
e la convinzione di non essere in grado di fare sesso mi
abbandonarono all'improvviso.
Ero
un ragazzo come gli altri, capace di provare piacere, capace di poter
donare piacere.
Il
mio Lui mi aveva mentito!
E
la stanza iniziò a girare mentre chiudevo nuovamente gli occhi
sfinito e stanco da quella lunga battaglia che avevo vinto con me
stesso.
“Edward.
No. Non mi svenire adesso. Su, tirati su” la sua voce mi risvegliò
all'improvviso, costringendomi ad aprire gli occhi.
Mi
sentii accompagnare ancora stordito e sfinito nell'altra stanza
verso il lettino e mi ritrovai sdraiato su di esso.
“Sei
stanchissimo ragazzo. E' stata una giornata lunga e piena di
emozioni. Chiudi gli occhi e rilassati qualche minuto mentre chiamo
tuo padre” e quella fu l'ultima cosa che sentii prima di crollare
addormentato consapevole che ero un maschio a tutti gli effetti.
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