Capitolo
82 Due gemelli inseparabili
Alice
Quando
fummo in stanza lui mi guardò serio negli occhi.
“Alice.
Ormai ti conosco bene. E stanotte eri agitatissima. Cosa c'è?” mi
chiese posandomi le mani sulle spalle.
“Ho
bisogno di vedere Edward. Ho bisogno di parlargli...io...” risposi
senza riuscire a finire la frase.
Lo
vidi annuire “Lo sapevo. Vestiti.” mi disse.
E
nel giro di pochi minuti uscimmo di casa per andare a prendere i
regali... ufficialmente.
Quando
entrai in ospedale andai a chiedere in quale stanza era e poi, per
pura sfortuna, ci imbattemmo in mio padre che ne stava uscendo.
“Alice?
Jasper?? Che ci fate voi qui?? Non è ancora orario di visita”
ci chiese stupito guardando l'orologio. Eravamo molto in anticipo
rispetto all'orario di ricevimento parenti e per un attimo ebbi paura
che ci avrebbe mandato via.
“Ho
bisogno di parlare con lui... da sola” gli dissi abbassando gli
occhi imbarazzata. Non avrei dovuto essere lì ma lui era mio
fratello, l'unico pezzo della mia famiglia sopravvissuto... il mio
gemello.
Vidi
mio padre sorridermi comprensivo e annuire. Probabilmente ormai ci
conosceva così bene da non stupirsi più di nulla.
“Si
è appena addormentato...ma vai pure” mi disse facendomi una
carezza fugace sulla testa.
Ancora
non riuscivo a capacitarmi di come riuscisse a capirci, la sua
sensibilità era enorme e ancora una volta lo stava dimostrando.
“Non
voglio svegliarlo... aspetto qui” dissi sentendomi stupida e
capricciosa.
“Vedrai
che se sente che c'è qualcuno si sveglia. Dormicchia più che altro
per noia. Entra pure non ti preoccupare ” mi rispose con un sorriso
pieno di affetto.
“Vado
a prendermi un caffè. Mi fai compagnia Jasper??” chiese poi
sbadigliando.
Aveva
sul serio l'aria stanca e vidi Jasper annuire.
“Vai
Alice. Io non c'entro. Avete bisogno di stare da soli e chiarirvi”
mi sussurrò lui.
Erano
fantastici.
E
colma di amore varcai la soglia domandandomi come comportarmi.
Quando
chiusi la porta lo vidi sdraiato sul letto con gli occhi chiusi e il
sorriso sulle labbra.
Aveva
solo un piccolo cerotto sulla gola proprio come avevo anch'io.
Unica
differenza che sul petto nudo che spuntava da sotto il lenzuolo le
cicatrici erano ancora ben visibili a ricordare l'orrore provato da
bambino.
Facendo
meno rumore possibile mi sedetti sulla seggiola a fianco e rimasi lì
in silenzio a vederlo dormire sereno come erano anni che non
succedeva.
Mi
sembrava di essere tornata bambina quando stavamo vicini a dormire
per farci coraggio, e solo al pensiero di quanto avessi bisogno
ancora adesso di lui mi commossi. Poi all'improvviso Edward aprii
gli occhi e sorprendentemente mi sorrise felice.
Edward
Il
tempo non passava mai. Dovevo stare fermo e sdraiato per cui era
impossibile leggere o vedere la TV... sempre che ce ne fosse stata
una in camera.
L'unica
cosa positiva era che papà veniva spesso a trovarmi e a fare due
chiacchiere mentre mi controllava. Ma mi annoiavo da morire, così
mezzo stordito dagli antidolorifici e dagli altri intrugli che mi
somministravano per bocca, non facevo altro che addormentarmi e
sognare.
Avevo
otto anni da recuperare perché per la prima volta nella mia vita
erano sogni dolci, che vedevano come protagonisti la mia Bella e la
mia famiglia.
Quando
mi svegliai ed aprii gli occhi vidi seduta vicino a me Alice che mi
sorrideva mentre dai suoi occhi colavano lacrime silenziose.
“Alice”
le dissi stringendole la mano posata vicino alla mia, felice di
vederla.
“Edward,
perdonami” mi rispose buttandosi su di me e abbracciandomi incapace
di trattenere ancora i singhiozzi.
“Non
c'è nulla da perdonare... sorellina” le dissi dolcemente
asciugandole le lacrime. Ero stupito dal suo comportamento e ancora
di più dalle sue parole. Non c'era nulla per cui dovessi essere
arrabbiato con lei. Non riuscivo a dare un senso alle sue parole.
“Non
è vero. Io non ho mai capito. Non ti ho mai aiutato. Ti ho lasciato
solo a combattere e poi... e poi ho rischiato di ucciderti”
ribatté disperata.
Ecco
adesso iniziavo a capire cosa volesse dire, cosa intendeva, ma non
ero d'accordo. Si stava caricando sulle spalle colpe non sue, stava
prendendosi responsabilità assurde.
Così
con un sospiro cercai di spiegarle, di farle capire che doveva
levarsi quei sensi di colpa assurdi. Ci eravamo già fatti male
abbastanza e adesso era l'ora di chiudere definitivamente con il
passato.
“Alice.
Non capivo neanch'io. Rivedevo le cose nei miei incubi ma non
riuscivo a metterle assieme. La mia mente si rifiutava di accettare
quello che era accaduto. Nessuno avrebbe potuto aiutarmi. Nessuno
sarebbe riuscito a comprendere, perché io stesso non capivo. Ma tu
mi hai costretto a fare chiarezza a ricordare e a capire. E facendo
così mi hai salvato.”
Cercai
di consolarla.
“Così
ti ho solo spinto a provare il suicidio” mi rispose mortificata
senza smettere di piangere.
Sospirai,
ma perché non voleva capire?
“No
Alice, io sono vivo... grazie a te! Tu non sai quante volte ho
desiderato morire da quel maledetto giorno. Quando sono scappato nel
bosco l'ho fatto per allontanare il Mostro da voi, per paura che mi
cercasse e vi uccidesse come aveva fatto con la nostra famiglia. Ma
anche nella speranza che qualche animale mi trovasse e mettesse fine
alla mia vita, perché temevo che il mio incubo non sarebbe mai
finito, poi Charlie mi ha ricordato che a casa tu mi stavi
aspettando...” le confessai. “Tante volte ho avuto il desiderio
che la morte mi ghermisse e mettesse fine alla mia vita... ma non
l'ho mai fatto per te. Mi sentivo responsabile verso di te, avevo
paura a lasciarti sola, non volevo che ti lasciassi andare come
quando ci avevano riportato all'orfanotrofio, se io fossi morto...
non potevo rischiare di fare del male a te” le confessai infine.
Vedevo
i suoi occhi pieni di lacrime bassi quasi a nascondersi schiacciata
dai sensi di colpa e iniziai ad agitarmi preoccupato.
Perché
non riuscivo a spiegarle che lei mi aveva salvato??? Che lei era
stata la forza e il motivo per cui ero ancora in vita???
“Edward.
Ma io ho bisogno di te... tu non puoi lasciarmi, anche adesso che ho
Jasper, ho bisogno di te” mi disse terrorizzata che cercassi
nuovamente il suicidio.
“Stai
tranquilla, Alice. Non lo farò più. Adesso finalmente non ho più
paura. Adesso tu hai ucciso il mio incubo.” le dissi prendendole le
mani.
“Ho
dovuto ucciderlo Edward. Non volevo ti facesse ancora male, non lo
avrei potuto sopportare. Quando ho visto che iniziava a toccarti...
come voleva fare con me...” mi disse abbassando gli occhi come se
si vergognasse “Io non ho resistito. Io non potevo permettergli
di...” la vidi ingoiare a vuoto incapace di finire la frase,
incapace anche solo di pensare a quello che ci avrebbe aspettato, a
quello che aspettava nuovamente me “Ma ho rischiato di uccidere te”
finii la frase singhiozzando.
“Guardami
Alice” le dissi alzandole il mento con una mano “ Guardami. Lo
vedi Alice. Io sto bene. Se io sono qui vivo e felice lo devo solo
a te. Lo vedi nei miei occhi?? Lo senti dentro di te??? Lo senti
nel tuo cuore?? Finalmente sto bene Alice...” le dissi sorridendole
felice e beato come mai ero stato “A parte un po' di mal di
schiena e il cibo che fa veramente schifo...” aggiunsi
ridacchiando per cercare di rasserenarla, per farla sorridere, per
farle capire che andava tutto bene.
“Si
ma...” riprese testarda come era sempre stata.
La
interruppi subito. Ero stufo delle spiegazioni, ero stufo di vederla
contrita e dispiaciuta per una cosa invece bellissima “Non ci sono
ma. Sto bene, e sono felice. Sono vivo e intendo rimanerlo e intendo
anche iniziare a godermi quella vita che tu e gli altri mi avete
aiutato a mantenere, perché vedi Alice mi sono innamorato...” le
dissi lasciando la frase in sospeso e arrossendo mentre un sorriso
sciocco appariva sulle mie labbra.
Lei
alzò gli occhi su di me guardandomi incredula.
Restò
un attimo in silenzio a guardarmi come se vedesse un miraggio, poi si
asciugò le lacrime con la manica, mi sorrise entusiasta e mormorò
“Bella”.
“Si
Alice. Sono innamorato di lei e adesso so anche di poterla
amare, di poter ricambiare i suoi sentimenti ... ” dissi a bassa
voce vergognandomi di quello che le avevo confessato e diventando
rosso.
Lei
rimase in silenzio, a guardarmi, incredula delle mie parole, felice
perché per la prima volta vedeva e sentiva che io ero felice, che io
ero finalmente sereno e pronto a vivere realmente.
Con
la mano si asciugò nuovamente quelle lacrime di commozione che
avevano iniziato nuovamente a scorrere sul viso e lentamente mi fece
una carezza sulla guancia come per assicurarsi che ero reale e non un
sogno.
“Mamma
e papà impazziranno dalla gioia quando lo sapranno!” affermò
infine non riuscendo a trattenere un allegra risata liberatoria.
“Lo
sanno già Alice” intervenne all'improvviso Carlisle che era
entrato silenziosamente nella stanza seguito da Jasper “ e sono
felicissimi. Però adesso Edward dovrebbe riposare un pochino.
Non voglio che si stanchi troppo” continuò venendomi vicino e
posando la mano sulla mia fronte. “Anche la febbre è scesa. Che
ne diresti di provare a metterti seduto?” mi chiese.
Annui
felice. Non mi sembrava vero. Avevo una voglia matta di uscire da lì,
di tornare a casa e d'iniziare la mia nuova vita con Bella al mio
fianco.
Aiutato
da mio padre e da Jasper mi tirai su lentamente. Subito sentii male
nel muovermi, ma strinsi con tenacia i denti. Volevo dimostrarmi
forte, volevo fargli vedere che stavo bene e che potevo uscire. E poi
il male era più che sopportabile.
“Andate
fuori un attimo” disse lui ai miei fratelli guardandomi storto.
Probabilmente
aveva capito e voleva verificare.
Quando
fummo soli si mise a controllarmi la schiena. Ogni tanto faceva male
quando mi toccava in certi punti ma molto meno di prima e
testardamente mi rifiutai di lamentarmi.
“E'
inutile che fai finta di niente” mi rimproverò ridacchiando
facendomi nuovamente adagiare sui cuscini “ E' normale avere ancora
un po' di male ma fortunatamente stai guarendo velocemente e penso
che riusciremo a festeggiare il Natale tutti assieme. Ancora un paio
di giorni di pazienza e sarai fuori di qua” concluse sorridendomi e
facendomi una coccola in testa.
Annui
felice, non vedevo l'ora.
“Più
tardi verranno a trovarti tutti per cui sarà meglio che ora ti
riposi ancora un po'. ” mi sgridò bonariamente mentre mi passava
una pillola con un po' d'acqua. Sospirai ma mi rassegnai. Non
conveniva certo disobbedire e poi avevo sonno sul serio. Avevo otto
anni di sonno arretrato da recuperare e adesso che finalmente
riuscivo a dormire beato mi sembrava che non bastasse mai.
“Alice
può rimanere?” gli chiesi poi con un sussurro. Era stupido lo
sapevo ma avevo voglia di avere vicino la mia gemella.
Lui
mi guardò serio, forse cercando ombre nei miei occhi. Poi
soddisfatto lo vidi annuire e uscire.
Dopo
pochi minuti lei e Jasper entrarono “Papà ci ha detto che stai
meglio e che fra due giorni uscirai” mi disse con un sorriso
radioso sul volto “E che adesso dovresti dormire un pochino”
concluse guardandomi con amore.
“Puoi
stare qua?? Mi farebbe piacere prendere sonno con te vicino” gli
chiesi un po' intimidito guardando Jasper in piedi silenzioso.
Lui
mi sorrise. “Vado a casa a prendere gli altri. Ci vediamo dopo
Alice” le disse baciandola sulle labbra.
“Grazie
Jasper” rispose lei.
“A
dopo Edward. E fai il bravo” disse facendomi l'occhiolino e
stringendomi il braccio.
“Dormi
tranquillo Edward. Sto qui vicino a te” mi disse lei sedendosi
sulla seggiola affianco al letto.
Io
chiusi gli occhi, stringendole la mano. Mi sembrava di essere
tornato bambino quando spaventati dormivamo vicini. Ma adesso ero
felice e dormire non mi spaventava più, non avevo più il terrore di
chiudere gli occhi e venire travolto dagli incubi. Ma saperla vicino
mi faceva un piacere immenso. Lei era la mia gemella, la mia ancora
di salvezza, l'unica certezza che avevo avuto per quegli otto
infiniti e tenebrosi anni.
Ero
ancora nel dormiveglia quando prima mi sentii accarezzare la guancia
e poi mettere fra le braccia qualcosa di morbido. Aprii appena un
occhio giusto per rendermi conto che Alice mi aveva messo Tigro in
grembo “Dormi sereno Edward. Noi staremo per sempre vicino a te.
Nessuno ci dividerà mai fratellino... nessuno ci farà mai più del
male”.
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