Capitolo
73 L'ultimo segreto svelato
Bella
Come
suonò la campanella dell'intervallo presi Alice e la trascinai in un
angolo del corridoio dove avremmo potuto parlare tranquille.
Con
le lacrime agli occhi e la voce rotta dall'emozione mi raccontò
tutto.
Mi
stavo sentendo male, era un miracolo che il segreto che aveva
tormentato Edward per tanti anni, non lo avesse fatto impazzire del
tutto.
“Almeno
è riuscito a capire, e a tir fuori la sua sofferenza” disse piano
Alice asciugandosi quelle lacrime che non riuscivano a fermarsi.
“Ma
non capisco perché tentare il suicidio” risposi con un filo di
voce, scossa da quello che mi aveva raccontato
“Da
quello che abbiamo capito i motivi sono stati due a spingerlo a
reagire così. La vergogna di non sentirsi normale e la paura di
questo Lui” mi spiegò lei.
“Quindi
se adesso sta bene fisicamente...” non finii la frase mentre il mio
cervello lavorava a pieno ritmo.
“Resta
il suo misterioso aggressore. Ma non lo prenderanno mai” mi disse
lei sconfortata “E mio fratello continuerà a vivere nella paura
che Lui lo ritrovi” finii nascondendo la testa fra le mani.
Scossi
la testa e le feci la domanda che mi ronzava, come una mosca
fastidiosa, dalla sera precedente.
“Alice.
Voi nei giorni prima del... del delitto... voi eravate andati al Luna Park
con la tua famiglia ... vero??” le chiesi titubante.
La
vidi annuire. “Si. C'eravamo andati il giorno prima, era stata
una giornata stupenda” mi confermò triste al ricordo degli ultimi
attimi di felicità passata con i genitori.
“Ed
Edward adesso ha però paura di quel posto.” continuai seguendo
il mio istinto.
“Si,
se ti ricordi è fuggito senza motivo da lì l'ultima volta che ci
siamo andati. ” confermò guardandomi assorta e triste al pensiero
di quello che aveva combinato il fratello.
Mi
ricordavo quel particolare. La cosa mi aveva colpito. Non era certo
un posto da cui fuggire o di cui avere paura... ma ...
“Non
so perché ma quel posto è legato agli omicidi di Natale. Mio padre
sta indagando... tutti gli indizi sembrano portare lì.” le dissi
sforzandomi di capire, di trovare un nesso logico “Ma dimmi c'è
niente che possa legare tuo fratello a quel posto? A parte la gita
fatta il giorno prima c'è una qualsiasi cosa... un peluche, un
ricordo, una fotografia” provai a chiedere stavo andando a tentoni
per cercare di ricostruire quando la vidi illuminarsi.
“Al
collo porta un ciondolo bizzarro. E' un gettone
bucato, sai di quelli che s'infilano negli autoscontri e se non mi
ricordo male sopra c'è disegnato il logo del Luna Park... La prima
volta che l'ho visto è stato in ospedale quando mi portarono da lui
dopo la morte dei nostri genitori. Gli chiesi spiegazioni, dove
l'avesse preso ma
all'epoca non apriva bocca con nessuno e poi me ne sono dimenticata.”
Mi stava raccontando le cose con naturalezza come se raccontasse
cosa aveva mangiato il giorno prima ma le sue parole mi illuminarono
la situazione.
All'improvviso
misi tutti i dettagli insieme, un gigantesco puzzle si era formato
nella mia testa.
Ma
certo non poteva essere che così !!
“Alice.
Dobbiamo andare là. Dobbiamo andare al Luna Park e cercare un gettone identico a quello” le dissi.
Se
avessimo trovato a quale gioco apparteneva il gettone di Edward,
avremmo trovato la connessione con il parco giochi e magari scoperto
qualcosa sul misterioso Mostro di Natale.
Ma
solo lei aveva visto quel gettone, solo lei conosceva la sua forma e
quindi senza pensarci su la misi al corrente delle mie supposizioni e
concordammo di svicolare il prima possibile per andare ad indagare.
Avevamo
un caso da risolvere... la scuola avrebbe potuto aspettare... la
salute del mio amore no.
Charlie
Dopo
aver chiamato Carlisle mi riposai un paio d'ore, mi cambiai, mi
infilai una seconda pistola di riserva nella cintura dietro ai pantaloni e
mi recai a casa Cullen.
Fu
una stupita Esme ad aprirmi la porta “Ciao Charlie” mi salutò
preoccupata nel vedermi in divisa.
Avevo
imparato a non presentarmi mai in versione ufficiale a casa loro per
non turbare Edward, ma stavolta non ne potevo fare a meno.
Ero
lì per lavoro.
“C'è
Edward?” le chiesi sulla soglia di casa sapendo già che l'avrei
trovato.
“Si.
E' lì al tavolo che fa i compiti. Che è successo?” mi chiese
preoccupata.
“Devo
parlargli Esme, è importante. Non ti intromettere” l'avvertii.
Non
le sarebbe piaciuto, come probabilmente non sarebbe piaciuto a lui.
Quando
entrai vidi Edward alzare la testa dai libri e sbiancare.
“Edward
devo solo parlarti” gli dissi subito, prima che fuggisse di sopra.
Lui
si alzò e iniziò ad arretrare spaventato.
Sapevo
che aveva paura non di Charlie , ma del poliziotto che ero.
Io
ero infatti colui che, a conoscenza del suo segreto, avrebbe potuto
costringerlo a parlare e a rivelare al mondo la sua vergogna. Aveva
paura che lo volessi interrogare, che lo costringessi ad andare in
un aula di tribunale a raccontare quello che gli era successo.
Per
questo mi aveva sempre girato al largo, aveva sempre avuto paura che
io capissi, che io gli strappassi il suo segreto e adesso se non
lo avessi bloccato subito, probabilmente sarebbe nuovamente fuggito
da me e dal pericolo che rappresentavo ai suoi occhi.
Ma
io ormai sapevo, sapevo più di quello che lui stesso avrebbe potuto
ammettere.
“Edward.
Non mi avvicino. Stai lì” gli dissi sorridendogli e sperando che
mi desse retta.
“Voglio
solo che mi mostri il petto” gli chiesi con dolcezza, ma c'era
ansia e autorità nella mia voce. Tutta la mia tesi si basava su
quello. Tutto gli indizi portavano a quello. Dovevo avere la conferma
dei miei sospetti.
Lui
si fermò a guardarmi stupito. I suoi occhi andarono a cercare Esme
preoccupati e spaventati.
“Forza
Edward. Non ti farà nulla. Lo conosci, sai che puoi fidarti” gli
disse lei sorridendogli e andandogli vicino con fare protettivo “non
hai nulla da nascondere, non devi più aver paura di lui. Ascoltalo ti prego.”
Lo
vidi annuire con gli occhi dilatati dalla paura e levarsi prima la
felpa, poi la maglietta.
Per
un attimo trattenni il fiato.
Le
cicatrici sebbene più sbiadite erano sempre lì, sempre a ricordare
il dolore che doveva aver patito. Ma nessuna traccia del medaglione
che ricordavo portava da sempre e di cui nessuno sapeva la
provenienza.
Poi
vidi intorno alla gola una striscia di cuoio scuro.
“Edward.
Dov'è il medaglione che normalmente porti al collo?” gli chiesi
ansioso.
Mi
ricordavo di averlo notato quando avevo aiutato Carlisle a
cambiarlo nella casa di Billy, e il racconto fatto a Bella mi aveva
fatto venire in mente quel particolare a cui allora non avevo dato
peso. Ma adesso dovevo rivederlo perché se avevo ragione non era la
prima volta che mi imbattevo in un oggetto simile.
Lui
mi guardò confuso un attimo poi si portò la mano al collo e girò
il cuoio fino a farlo scivolare sul suo petto.
Il
gettone rosso e bucato scivolò silenzioso.
Trattenni
il fiato ero identico a quello trovato vicino Steven, il ragazzo
morto e se non mi ricordavo male al collo di quel Mike del Luna Park.
“Come
lo hai avuto Edward?” gli chiesi eccitato da quello che pensavo era
finalmente la soluzione del giallo che aveva mietuto numerose
vittime.
Lui
mi guardò confuso e spaventato. Forse non se lo ricordava... forse
aveva cancellato dalla memoria quello che era successo, così come
aveva fatto con il resto del suo passato.
Poi
senza alcun preavviso scivolò a terra senza un gemito stringendosi
le ginocchia al petto.
Esme
gli corse a fianco “Edward” lo chiamò spaventatissima
riconoscendo i sintomi di una nuova crisi di panico.
Avrei
voluto correre vicino a lui e confortarlo come stava facendo sua
madre ma non potevo, ero un poliziotto e la sua risposta era troppo
importante. Doveva reagire e soprattutto doveva parlare e rivelare anche
l'ultimo segreto.
Così
con la voce ferma e dura ripetei la mia domanda “Dove l'hai preso
Edward? Il ciondolo come è finito al tuo collo? Te lo ha messo
Lui... vero?”
Lo
vidi tremare fra le braccia di sua madre.
Gli
stavo risvegliando un ultimo pezzo di memoria, un altra fetta di
dolore “ Si” soffiò fuori con un filo di voce mentre le lacrime
iniziavano a spuntare dai suoi occhi “ Lui me l'ha messo al collo
prima di andare via. Lui ha detto che io ero suo. E che non me lo
dovevo levare... così mi avrebbe trovato di nuovo” affermò con un
singhiozzo affondando il viso nel petto di Esme. Poi continuò.
L'ultimo pezzo di muro, costruito per proteggersi da quel misterioso
Lui era crollato e adesso avrebbe finalmente rivelato anche l'ultimo
orrendo dettaglio.
E
con la voce stentata e tremante iniziò a parlare e a raccontare
ciò che il misterioso Lui gli aveva detto. “Sei bello.” mormorò
Edward “I tuoi occhi verdi sono meravigliosi” continuò
sommessamente “ Ti ritroverò, quando tornerò qua vicino, ti
cercherò nuovamente, ma devi tenere questo al collo. Vedi ce l'ho
anch'io, sarà il simbolo della nostra unione. E tu sarai per sempre
mio e di nessun' altro.”
La
sua voce si spense in un singhiozzo disperato, la consapevolezza che
il Mostro lo aveva in qualche modo legato a se lo avrebbe
distrutto... pensai con terrore.
E
l'unico modo per salvare il nostro ragazzo era di prendere e fermare
il Mostro. Solo così forse Edward avrebbe trovato pace. Solo con la
consapevolezza di essere finalmente al sicuro sarebbe riuscito a
ritrovare quella serenità che gli mancava ormai da troppo tempo.
Presi
fiato e aspettai che si calmasse. Sapevo che la vicinanza di Esme e
le sue coccole avrebbero fatto da anestetico al dolore dei ricordi,
perché purtroppo non era finita e il peggio doveva ancora arrivare.
Se
avevo ragione Edward aveva rincontrato il Mostro...
“Edward.
Tu l'hai incontrato di nuovo vero?” gli chiesi sapendo già la sua
risposta. “E' lui che ti ha picchiato al Luna Park, lui che ti
ha fatto fuggire nel bosco” affermai trattenendo il fiato e
pregando che mi rispondesse di si.
Non
volevo infierire su di lui ma … non c'era tempo... Edward doveva
aiutarmi a fermare quell'assassino prima che colpisse nuovamente un
ragazzo innocente.
E
se la mia teoria era esatta sapevamo entrambi che faccia avesse quel
Lui.
Lo
vidi rabbrividire violentemente “Quando sono andato a prendere la
ciambella Lui era lì che parlava con il rivenditore.
Io
non l'ho riconosciuto, non l'avevo mai visto in volto. Io non sapevo
chi fosse stato a farmi... a farmi quello. Lui mi ha detto di
accompagnarlo a prendere un peluche che me l'avrebbe regalato per la
mamma. Io non volevo ma ha insistito, ha detto che se non avessi
accettato la mamma si sarebbe offesa con me. Io non volevo
allontanarmi ma lui mi ha detto che era lì vicino e che le avrei
fatto una bella sorpresa e che l'avrei fatta tanto felice. Io... io
mi sentivo in colpa per come mi ero comportato. Volevo farmi
perdonare, avevo rischiato di rovinare la giornata a tutti, così mi
sono fidato e l'ho seguito... ma poi…” un singhiozzo disperato
interruppe il suo racconto mentre le lacrime avevano ripreso a
colare indisturbate e inarrestabili, poi con un sussurro riprese a
raccontare “Mi ha afferrato all'improvviso... ed era forte. Troppo
forte per me. In un secondo mi ha trascinato in un posto buio lì
vicino e mi ha picchiato. Devo aver sbattuto la testa perché ho
perso i sensi e quando ho ripreso conoscenza mi sono accorto che mi
aveva già levato le scarpe, le calze e mi aveva abbassato i
pantaloni.
Per
un attimo rimasi fermo terrorizzato, non riuscivo a muovermi, a
ragionare. Ma quando ho sentito nuovamente le sue mani sul mio
corpo accarezzarmi languidamente, il suo alito puzzolente di alcool
soffiarmi in faccia e affermare che finalmente mi aveva trovato e che
mi avrebbe preso nuovamente, ho reagito e mi sono divincolato con
tutte le forze che avevo. Ero terrorizzato. Mi sono fatto male alla
spalla per liberarmi ma ce l'ho fatta e quando sono scappato
tirandomi su i pantaloni l'ho sentito ridere e gridarmi che mi
avrebbe ritrovato... che presto ci saremmo rincontrati perché io ero
suo.
Non...
non capivo più nulla. Volevo solo allontanarmi il più possibile
da lui e dal suo corpo.
Non
sapevo neanche dove stavo andando, sapevo solo che dovevo fuggire da
lì, che dovevo portarlo lontano da Alice e dalla mia famiglia. Non
volevo le facesse male...non volevo che facesse male anche a loro per
colpa mia. Non volevo essere di nuovo il responsabile della loro
morte.
E
poi mi sono ritrovato solo nel bosco e ho sperato che a trovarmi
fosse un animale, speravo di morire. Ma alla fine non avevo più
la forza per fuggire ancora. Così mi sono lasciato prendere
dicendomi che se non fossi più andato là forse non mi avrebbe più
trovato, forse sarei stato salvo. E ho cercato di dimenticare...
Perché
Lui mi sta cercando... Lui mi vuole nuovamente. Io sono suo. E quando
mi troverà ... ” affermò con la voce spezzata dal dolore e il
volto stravolto dal terrore.
“Pensavo
che rinunciasse a cercarmi. Di poter vivere come un ragazzo
qualsiasi. Ma gli incubi mi ricordano ogni notte quello che è
successo... quello che potrebbe succedere nuovamente e che forse
succederà finché uno dei due non morirà.” confessò alla fine
guardandomi con quegli occhi verde smeraldo grandi e carichi di paura
e angoscia.
Occhi
meravigliosi che avevano causato tanti lutti e dolore. Perché Lui
continuava a cercarli.
Tutti
i ragazzi uccisi si erano recati in quel posto nei giorni precedenti,
tutti avevano avuto la sfortuna d'incrociare i loro occhi verdi in
quelli del Mostro, che li aveva cercati e uccisi quando si era reso
conto che non avevano le cicatrici sul petto e il suo medaglione al
collo. Tutti gli indizi avevano portato lì, tutto indicava che il
Mostro vivesse dentro al Luna Park. Avevo avuto la conferma parlando,
la notte precedente, con le famiglie delle vittime: tutti nei giorni
precedenti erano andati lì, nella tana del loro assassino. Tutti
erano andati a cercare il divertimento e tutti avevano invece firmato
la loro condanna a morte.
“Ecco
perché sei fuggito Edward, volevi proteggere la tua famiglia. Sono
stato uno sciocco a non capirlo ma adesso è tutto finito.” gli
dissi inginocchiandomi e stringendolo a me con fare protettivo “
Non devi più aver paura. Adesso ci sono io a proteggerti. Però
devi descrivermelo, dimmi qual'è il suo aspetto?” gli chiesi
dolcemente sperando che si ricordasse.
Lo
vidi annuire e chiudere gli occhi. Probabilmente lo sognava spesso e
non era riuscito a dimenticare il suo aguzzino perché con la voce
bassa poco più di un sussurro me lo descrisse perfettamente.
E
mentre parlava sapevo già a chi si riferisse: Mark.
Ne
avevo già il sospetto ma le sue parole fugarono qualsiasi dubbio.
Quel
lurido verme schifoso era lo stesso uomo che avevo interrogato
quando Edward era sparito dal Luna Park, quello che avevano visto
allontanarsi con lui.
Ripercorrendo
a storia di Edward a casa Cullen avevo infatti collegato che il
gettone che il nostro ragazzo portava al collo lo avevo già visto
sul petto di quel losco individuo e vicino al corpo del povero Steven
che doveva aver lottato strenuamente contro il suo assassino
strappandoglielo.
Ora
finalmente tutto era stato chiarito. Aspettai che Edward si calmasse
un pochino poi gli feci un altra domanda alla quale speravo mi
rispondesse.
“Quando
ti ha catturato al Luna Park dove ti ha portato Edward? Ricordi dove
si trova il luogo oscuro nel quale ha provato a...” gli chiesi
trattenendo il fiato senza avere il coraggio di finire la frase.
Lui
si asciugò gli occhi e li fissò nei miei.
Rimasi
in silenzio ad aspettare la sua risposta. Mentre mi rendevo conto che
qualcosa stava cambiando.
Forse
per la prima volta aveva capito che tacere non era servito a nulla,
solo a prolungare la sua agonia.
Forse
per la prima a volta aveva capito che se mi avesse aiutato a
catturarlo lui sarebbe stato libero per sempre.
Che
le paure, i dubbi, gli incubi sarebbero spariti come nebbia al sole.
Potevo
vedere nei suoi occhi prima appannati dalla paura nascere una fiamma
di determinazione, la speranza di mettere fine a tutto, di poter
vivere finalmente la sua vita libero dalla paura di essere trovato e
nuovamente seviziato.
“Non
lo so, ma posso condurti là. Mi ricordo la sua entrata.” mi disse
con una convinzione che non avevo mai visto in lui.
La
paura aveva lasciato il posto alla certezza che se mi avesse aiutato
assieme avremmo messo la parola fine all'incubo collettivo generato
dal Mostro di Natale e salvato la vita a qualche ragazzo.
Annui
grato al suo coraggio, felice che infine l'armatura che lo aveva
avvolto per proteggerlo ma nello stesso tempo ingabbiarlo nelle sue
paure, fosse andata a pezzi.
Quello
che avevo davanti e che mi stava fissando era un Edward nuovo.
Un
Edward che finalmente aveva capito di non dover temermi ma che era
pronto invece ad aiutarmi per mettere la parola fine a quella triste
storia che aveva mietuto troppe vittime innocenti.
“Vieni
ragazzo. Andiamo a chiudere questa storia.” gli dissi alzandomi
assieme a lui.
“Charlie.
No” mi disse Esme preoccupata. Lei non aveva ancora capito, che era
una cosa che doveva fare e che solo affrontando le sue paure e
imprigionando il suo Lui sarebbe riuscito finalmente a trovare la
pace.
Ma
Edward con la voce pacata e calma, con gli occhi gonfi ma finalmente
sereni le rispose “Mamma, se Charlie lo prende io potrò
finalmente vivere senza paure e magari anche gli incubi spariranno
per sempre. Sarò libero” le disse poi abbassando gli occhi
continuò “Devo aiutarlo. Se lo avessi fatto prima forse avrei
salvato delle vite. Ma non lo sapevo, ero convinto fosse tutto
frutto della mia mente... delle mie paure. Pensavo di essere pazzo,
come aveva detto quell'uomo in casa nostra. E avevo paura che se
avessi parlato con Charlie o con voi non
mi avreste creduto e mi avreste rinchiuso in un manicomio.
Ma
adesso so cosa è giusto fare, so che devo aiutare Charlie a
fermarlo. So che non è una mia fantasia. Se avesse già catturato un
altro ragazzo e lo tenesse prigioniero là? Devo andare e ritrovare
quel posto, non posso permettere che qualcuno passi lo stesso inferno
che ho passato io. Devo ritrovare quel posto, la sua tana, prima che
sia troppo tardi.” sentii dire da Edward.
E
i suoi occhi erano limpidi e sereni.
“Esme.
Ha ragione. Te lo riporterò intero... te lo prometto” le dissi e
senza aspettare altro uscii accompagnato da Edward che si stava
mettendo la felpa per coprire il suo petto nudo ancora martoriato
dalle cicatrici e sul quale svettava il gettone rosso. Il simbolo
della sua schiavitù.
Per
un attimo mi stupii che non se lo fosse tolto, in fondo
rappresentava ciò di cui aveva paura, ma forse ce lo aveva da così
tanto tempo che ormai faceva parte di lui, pensai distrattamente,
mentre azionando la sirena sgommavo diretto al Luna Park ed incontro
ad una fine del tutto inaspettata.
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