venerdì 14 giugno 2013

Extra 2 - Tigro


Extra 2 - Tigro




Erano passati qualche giorno da quanto avevamo incontrato quella coppia simpatica e Alice non aveva smesso un attimo di parlare e immaginare come sarebbe stato bello avere una nuova famiglia.

Io la guardavo e le sorridevo cercando di non smontare i suoi sogni, di lasciarla libera e serena malgrado fossi preoccupato.

La Cattiva era via, in ferie avevamo sentito che dicevano, ed io ero molto felice. Odiavo gli incontri con lei, odiavo sentirmi costretto a ripensare al passato. Non disegnavo mai, avevo paura di quello che le mie mani creavano.

Quel pomeriggio ci diedero dei vestiti e come al solito Alice mi aiutò ad indossarli. Quando fummo pronti ci guardammo sconcertati. Non riuscivo a muovermi da quanto erano stretti mentre lei ci navigava ed era stata costretta a rimboccarsi le maniche e i pantaloni.

Ma ci vorranno cosi?” mi chiese lei preoccupata. Io mi strinsi nelle spalle immaginavo di si, ma il dubbio doveva apparire nei miei occhi.

La Responsabile, quella signora sempre così sorridente, entrò e ci guardò con affetto.

Sono arrivati. I vostri nuovi genitori sono venuti a prendervi. Siete pronti?” ci chiese

Noi ci guardammo un attimo poi annuimmo. Il nostro destino stava per cambiare. E speravo solo in meglio.

Mentre ci avvicinavamo lungo lo stretto corridoio abbassai gli occhi guardando per terra. Mi sentivo intimidito e preoccupato. E se ci avessero ripensato? Se non mi avessero più voluto? Forse sapevano che non ero un bambino come gli altri. Forse...

Ma l'attesa durò pochissimo.

Per prima notai quella bella signora. Lei si chinò e mentre ci salutava allungò le mani per farci una carezza fra i capelli. Alice non aspettava altro. Lo sapevo e con un sorriso la vidi saltare in braccio a quella bella signora a cui brillarono gli occhi pieni di gioia. Poi all' imrpovviso mi sentì posare un braccio pesante sulle spalle. Colto alla sprovvista sobbalzai e mi allontanai guardando diffidente quell'uomo che mi sorrideva. Non volevo che mi toccassero. Nessuno doveva farlo a parte Alice.

Per un attimo temetti che si sarebbe offeso e magari mi avrebbe sgridato ma lui fece finta di nulla.

Alice nel frattempo dopo avere salutato le signore mi afferrò per mano “Andiamo a casa” mi disse.

Io la guardai e la segui. Forse aveva ragione, forse finalmente avrei avuto un posto da chiamare casa e due genitori che mi avrebbero protetto e voluto bene.



Ma non avevo messo in conto che avrei avuto un fratello. E non solo un fratello, ma una montagna di fratello. Lui era più grande... in tutti i sensi.

Per un attimo quando lo vedemmo appoggiato alla macchina rimanemmo entrambi perplessi ma dopo le presentazioni fatte dai nostri nuovi genitori capii che avrei dovuto proteggere Alice da lui.

Non mi piaceva come le parlava e quello che le disse. Sembrava minaccioso così imponente e così sicuro di se. Così feci un passo avanti mettendomi a protezione di mia sorella. Doveva passare sul mio corpo se avesse voluto farle male. Ma non era quella la sua intenzione. E in macchina seduto vicino a lui capii che era solo grosso e forse un po' invadente, ma non pericoloso.



Speravo di andare subito a casa. Volevo levarmi quei vestiti scomodi ma i nostri nuovi genitori ci condussero invece a fare acquisti. Quanto odiavo andare con negozi. Con Alice poi era un vero supplizio. Ma quando provarono a separarci le strinsi la mano forte. Non potevano farlo e lei d'accordo con me glielo spiegò. Per fortuna ci rinunciarono subito, non volevo iniziare subito male ma era meglio chiarire subito le cose. Non mi avrebbero mai separato da mia sorella. E assieme andammo a scegliere i vestiti per la mia gemella. Sapevo già che era un indecisa per natura così l'aiutai sperando che si sbrigasse a scegliere. Con i miei feci molto prima. Mi avevano detto cosa volevano comprare e io non perso tempo. Una maglietta è una maglietta. Che sia gialla o verde poco importa basa starci comodi.



Con un sorriso notai che anche il mio nuovo fratellone sbuffava, bhe almeno quello lo avevamo in comune, pensai sorridendo di nascosto.

I miei genitori parlavano tra loro, e così mi ricordai i loro nomi Esme e Carlisle. Avrei voluto chiamarli e chiedergli perché ci avevano adottato, perché avevano scelto proprio noi, ma le parole continuarono a non uscire neanche quando con immenso stupore ci portarono in un negozio di giocattoli.

Non era possibile! Finalmente avrei avuto dei giocattoli miei, non quelli dell'orfanotrofio che erano in comune con tutti gli altri bambini. Li avevo persi tutti quando mi avevano portato via da casa e da allora non ero stato più padrone di nulla. E felice li seguì chiedendomi se stavo sognando o se era la realtà, avevo paura di svegliarmi.



Tigro. Lì trovai il mio Tigro. Il mio nuovo papà mi aveva permesso di prendere due giocattoli. Ero felicissimo. C'erano un sacco di belle macchinine ma mi ritrovai con Emmett che mi parlava di draghi e mostri. Lo stavo a sentire per pura cortesia mentre controllavo cosa faceva Alice e sbirciavo di nascosto le mie adorate macchinine.

Alla fine mi trovai un enorme drago in mano. Era molto bello ma soprattutto piaceva ad Emmett che continuava a immaginare come avremmo potuto giocare assieme. Non volevo deluderlo così annui e me lo strinsi al petto finalmente libero di scegliermi la macchina che mi piaceva. C'era solo l'imbarazzo della scelta. Ce ne erano di tutti i tipi. Ma ero indeciso su tre. Quale scegliere? Una mi piaceva per i colori vivaci, l'altra perché sembrava più scattante e la terza era quella dei pompieri con la scaletta sul tetto che si alzava. Le osservavo indeciso. Mi sembrava di essere Alice quando il mio nuovo papà mi permise di prenderle tutte e tre. Non potevo crederci e girandomi gli sorrisi felice.

Quando raggiunsi Alice l'aiutai a scegliere come al solito e poi ci avviammo alle casse. Fu lì che vidi Tigro per la prima volta.

Lui mi fissava. I suoi occhi grossi e dolci mi guardavano come fossero vivi. Inclinai la testa e gli sorrisi. C'era un qualcosa che mi attirava, non so cosa fosse. Il suo sguardo probabilmente o forse solo la voglia di avere un qualcosa da stringermi vicino quando avevo gli attacchi di paura. Quando di notte di svegliavo tutto sudato e stringevo la mano ad Alice cercando nel suo contatto la forza di non piangere. Con uno scatto resi i giocattoli al nuovo papà. Lui aveva detto due ed io non volevo farlo arrabbiare così su due piedi d'istinto decisi di rinunciare agli altri, volevo Tigro. A qualsiasi costo!

Ma lui me li rese e mi permise di prendermi il mio nuovo amico.

Lo guardai in volto. Aveva un sorriso così dolce e gentile che per un attimo mi venne voglia di stringerlo e quando appoggiò la mano sulle spalle non mi ritrassi anche se sentii una morsa fredda stringermi il petto.

Lui era bravo e forse mi avrebbe protetto decisi. Forse avrei potuto avere una nuova casa e lasciare finalmente tutto alle spalle.





Quando arrivai a casa ero intimidito per fortuna che Alice invece era molto tranquilla così la lasciai fare limitandomi a seguirla e a controllare che non le accadesse niente di male.

Era strano essere di nuovo in una casa ma a preoccuparmi erano le aspettative dei miei nuovi genitori.

Non volevo farmi sgridare o picchiare, non sapevo come avrebbero reagito ma avevo ancora più paura che mi separassero da Alice.

Avevo bisogno di lei.

Lei invece era tranquilla e probabilmente non si poneva neanche il problema, era così abituata a prendersi cura di me che si comportò come aveva sempre fatto, imboccandomi e cambiandomi.

Io osservavo le reazioni dei nostri nuovi genitori e subito mi accorsi che erano stupiti ma con mio grande sollievo ci lasciarono fare.

Fu solo all'ora di andare a letto che per la prima volta si dimostrarono decisi a separarci.

Alice era in crisi, lo sentivo dentro di me ma la tranquillizzai con lo sguardo. Sapevamo comunicare senza parole, era indispensabile per sopravvivere nell'orfanotrofio. Avevo un piano.

E appena sentii silenzio afferrai il mio Tigro e andai nella sua stanza.

Immaginavo che se fossi entrato nel suo letto ci avrebbero sgridato di brutto. Quando l'avevamo fatto all'orfanotrofio avevo preso una sberla e mi avevano messo in castigo fino a che non era intervenuta la Direttrice permettendoci di dormire in due letti vicini in modo da prendere sonno dandoci la mano. Non volevo che succedesse la stessa cosa, ci ero stato troppo male dietro.

Così le presi la mano, le asciugai le lacrime silenziose che aveva versato nel sonno e mi sdraiai sul tappeto vicino. Non era comodo e avevo freddo ma sapevo che facendo così non avrei avuto gli incubi. Alice era vicino a me, e nessuno avrebbe potuto farle del male.

Risvegliarmi nel mio letto mi colmò di terrore. Sentivo il lento respiro di Emmett, il letto cigolare e mi sembrava di vedere delle ombre nel corridoio.

Alice!! Forse mi avevano trovato! Forse avevano trovato lei. Con Tigro corsi al buio cercando di essere più silenzioso possibile nella sua camera e quando la vidi dormire tirai un sospiro di sollievo poi le afferrai al mano e mi addormentai sul tappeto.

Quando mi svegliai stava facendo giorno. Avevo una calda coperta a coprirmi e un cuscino sotto la testa. Per un attimo rimasi perplesso poi capii e silenziosamente tornai nel mio letto giusto in tempo per far finta di aver dormito sempre lì.



Pensavo che i miei genitori mi avrebbero ripreso e invece no. Così come non mi chiesero mai di parlare, non mi forzarono mai a fare nulla.

Non riuscivo a crederci, sembrava tutto perfetto ed iniziavo a rilassarmi quando per la prima volta ebbi nuovamente paura.

martedì 4 giugno 2013

extra 1 - Il destino di Edawrd

Ciao rieccomi qua.  In un primo tempo avevo avuto voglia di  rifare la  storia vista dagli occhi di Edward ma l'avrei trovata con poco ritmo e niente suspance dal momento che ormai tutto è chiaro. Ma mi piaceva l'idea di farvelo conoscere di più così ho pensato (con la mia mente malata) di aggiungere degli EXTRA.
Questi saranno alcuni capitoli presi e riportati dalla parte di Edward, alcuni momenti che ho amato in maniera particolare.  Non ci sarà un postaggio preciso perchè li posterò quando saranno pronti in quanto possono essere fatti al momento.  Ma volevo intanto lasciarvi il primo che inizia ancora prima della nostra storia !!!

Un bacio e ancora grazie a tutte voi che siete qua e ovviamente se avete richieste particolari ditemelo !!!   A dopo !!!

EXTRA 1 - Il destino di Edward





Sono seduto sulla solita sedia, nella solita stanza e odio stare qua.

Davanti a me la signora Smart, quella che gli adulti chiamano psicologa, ma che io ho soprannominato la Cattiva, mi sta guardando con i suoi occhi severi.

Io non voglio stare qua. Alice non c'è. So che è nella stanza vicina so che la Responsabile, quella Brava, è con lei che cerca di consolarla.

Anch'io vorrei essere libero di piangere, ma non posso. Ho già provato a farlo gli altri giorni, quando mi ha portato qui le prime volte, ma non ho ottenuto nulla, solo le sue sgridate.

Lei vorrebbe che io parlassi ma io non riesco a farlo. Le parole si formano nella mia mente ma poi... poi si perdono quando apro la bocca. E lei mi sgrida, mi dice che sono capace a farlo, che posso farlo, che devo farlo. Ma qualcosa mi blocca. La paura mi blocca. Ed io adesso voglio solo che le lancette del grande orologio appeso dietro alla sua scrivania arrivino al posto giusto, io voglio solo poter tornare da Alice.

Non posso lasciarla sola. Non posso permettermi di abbandonarla. Lei ha bisogno di me ed io devo controllare che nessuno le faccia del male.

E' per questo che mi faccio aiutare da lei. Le signore che ci seguono sanno così che non ci possono separare che io ho bisogno di lei. Loro non ci possono tenere lontani, perchè sanno che dipendo dalla mia gemella ed io così posso proteggerla, posso tenerla vicino a me. Come anche lei desidera.

Siamo riusciti a ottenere anche di dormire vicini. Ci hanno messo in una stanzetta da soli e per prendere sonno ci diamo la mano. Lei così sa che io sono vicino a lei ed io sono tranquillo che lei è al sicuro vicino a me. Le voglio bene, è l'unico motivo per il quale accetto di mangiare, di vivere.

Altrimenti vorrei solo morire, solo raggiungere la mia mamma e il mio papà. Per lei combatto le mie paure, per lei cerco di dimenticare di non pensare a ciò che ho visto a ciò che...

No, non voglio pensarci, non voglio ricordare e soprattutto non ne voglio parlare con nessuno.

Lei, la mia Alice, non mi ha mai chiesto nulla. Troppo felice di avermi ritrovato non mi ha chiesto niente di come sono morti mamma e papà. Credo che non voglia sapere, che preferisca vivere nell'ignoranza per non soffrire. Ed io non le racconterò mai nulla, lei deve rimanere serena e felice. Lei e gli altri non devono sapere.

I suoi sorrisi, le sue risate bastano anche per me, ed io non le spegnerò mai il sorriso sulle labbra e la gioia di vivere. Devo solo stare attento a non intristirmi troppo, a non diventare un peso per lei, il nostro legame è profondo, è unico. Io la sento, sento quando sta male, quando soffre o è preoccupata e spaventata e credo che anche lei senta me. Siamo legati da un filo doppio, un filo che non permetterò a nessuno di rompere.



Abbasso gli occhi ancora un volta quando lei, la signora cattiva, sbatte la mano sulla scrivania.

Edward puoi parlare. Forza deciditi. Provaci ancora. Sforzati almeno di dire il tuo nome ” mi dice ancora una volta. Io gli sorrido e scuoto la testa.

Non voglio parlare, loro non devono sapere. Nessuno deve sapere.

E poi non ci riesco.

Gli occhi si riempono di lacrime. Odio quando sbatte la mano sulla scrivania, odio quando alza la voce e mi guarda male. Vorrei scappare ma non posso. Voglio andare da Alice, ho bisogno di sentirla vicino ma so che lei mi bloccherà. Sento l' inquietudine della mia gemella ingigantire la mia, la sua paura stringermi il cuore e aumentare la mia.

La cattiva mi guarda, è esasperata. Sa che non sta ottenendo nulla proprio come le altre volte e si arrabbia. Ma è più forte di me. Ho paura. Paura che succeda di nuovo, paura di essere trovato, paura di lei e di tutti gli altri. Perché gli uomini sono malvagi, perché chiunque mi può fare del male...

E va bene Edward. Hai vinto tu. Vuoi andare da Alice?” mi chiede gentilmente adesso.

Io alzo gli occhi e la guardo mentre una lacrima mi scende dagli occhi.

Si! vorrei gridare ma non ci riesco apro la bocca ma nessun suono esce e allora annuisco con un sorriso per fargli capire. Ma lei si è voltata e guarda fuori dalla finestra.

Allora cosa hai deciso. Vuoi andare?” mi chiede nuovamente. Ma non mi guarda e non mi posso alzare perchè so che mi sgriderebbe. Annuisco ma è inutile, lei vorrebbe che glielo chiedessi, ma non ci riesco. Io non riesco a parlare. Allora guardo le lancette. Ma mancano più di una ventina di minuti. E lei non mi lascerà andare da Alice, non fino a che le lancette saranno al posto giusto.

Abbasso la testa rassegnato e tendo le orecchie. Ma non sento il pianto della mia gemella. Forse non è dietro alla porta ad aspettarmi. Forse la Brava l'ha portata via a giocare in modo che non pensi a me. Rimugino tristemente. Voglio andare a cercarla, voglio stare con la mia gemella, voglio andare a giocare con lei. Ma questo non importa a quella strega , non importa a nessuno.

La cattiva sospira e si volta verso di me.

Allora resti ancora un po' qua con me?” mi dice con una smorfia triste sulle labbra. Scuoto la testa, non ci voglio stare, ma lei fa finta di non vedermi.

Si è chinata a frugare nei cassetti della sua grossa scrivania e con mia sorpresa la vedo con un foglio da disegno in una mano e dei pennarelli nell'altra.

Hai voglia di disegnare Edward?” mi chiede facendomi una carezza sulla testa.

Io mi ritraggo indietro. Non mi piace che mi tocchi. Non voglio che lo faccia e non voglio nemmeno disegnare, voglio solo uscire a cercare la mia gemella ma so che non mi lascerà andare così annuisco e allungo le mani.

Almeno così non pretenderà che parli e le lancette andranno più veloci.

Lei mi sorride e mi porge tutto.

Vorresti andare da Alice vero?” mi chiede poi. Io mi asciugo le lacrime con la manica del maglione e poi le sorrido annuendo.

Facciamo un gioco” continua sorridendomi per la prima volta “Disegna quello che ti piace e dove vorresti stare, poi ti accompagnerò da Alice.”

Io annuisco e mi appoggio alla sua scrivania.

Con i pennarelli verdi inizio a disegnare un prato poi aggiungo i fiori e gli alberi. Metto tanti colori allegri e infine ci metto Alice. Le faccio gli occhi di un bel azzurro e i capelli corti neri, e le metto un bel sorriso sul volto.

Lei dovrebbe essere sempre così. Sempre felice. Lei era così con mamma e papà vicino.

E il pennarello colorato di nero inizia a disegnare la mamma. Aveva i capelli rossicci come i miei e gli occhi verdi come me. Papà invece era scuro di capelli ma gli occhi erano azzurri come quelli della mia gemella.

Li disegno vicino ad Alice, dove dovrebbero stare... dove lei li vorrebbe. E al papà ci faccio un grosso sorriso, ci sorrideva spesso soddisfatto ed orgoglioso di noi. Prendo il pennarello blu per disegnarlo. Era vestito di blu l'ultima volta che l'ho visto e aveva del rosso sulla gola. Prendo il pennarello rosso e traccio una linea sul collo. Tanto rosso. Non me ne accorgo neanche ma la mia mano continua a disegnare tratti rossi fino a ricoprire la faccia di mio padre, poi anche mia madre. Tutto era rosso. Adesso intorno a me tutto diventa rosso, non solo il disegno. E' come se una patina fosse scivolata sui miei occhi. e sento l'odore del sangue nel naso, sento la gola chiudersi mentre la mia mano passa sempre più veloce sopra a mio padre e poi sopra alla mamma.

Tutto rosso, solo rosso. E intanto piango mentre il rosso inizia a coprire tutto finchè il foglio non si strappa finche la cattiva non mi strappa il pennarello dalla mano e mi abbraccia.

Basta Edward. Basta. Va tutto bene. E' tutto finito. Non piangere piccolino, sei al sicuro, è tutto a posto” mi dice tenendomi stretto mentre ansimo a cercare aria, per levarmi l'odore dal naso per scacciare il rosso da gli occhi.

E piano piano mi calmo mentre sento un dolore al petto. Mentre sento Alice piangere dietro alla porta.

Va tutto bene Edward. Non piangere più. Sei al sicuro, nessuno ti farà del male e adesso vieni andiamo da Alice, lei ti sta aspettando” mi dice la cattiva, che forse tanto cattiva non è, ed io mi asciugo le lacrime che sono uscite e quando la porta si apre mi fiondo vicino a lei. L'abbraccio e gli asciugo le sue lacrime con la mia spalla. Lei è qui. Lei è viva. Lei non è stata coperta dal rosso.





Siamo nell'aula di ricreazione. Sono passati ormai sei mesi dall'ultima volta che ho pianto per mamma e papà, da quando ho deciso di cancellare il mio passato, di dimenticarmi dell'accaduto. Devo vivere per Alice e devo stare tranquillo per lei. E adesso sto facendo un puzzle con la mia amata sorellina. Dobbiamo ricreare un paesaggio innevato. La casetta e gli alberi sono coperti di neve. E' un paesaggio bianco, mi piace il bianco. Siamo bravi. Ne abbiamo fatto quasi metà.

Gli altri bambini stanno giocando a carte. Ma io preferisco giocare con mia sorella. Non mi fido di loro. Loro non devono sapere.

La signrora brava, quella che chiamano Respnsabile, si avvicina noi sorridendoci felice.

Ciao bambini. Siete stati velocissimi” ci dice facendo una carezza sulla testa a d Alice. Lei sa che non voglio farmi toccare, che non voglio le sue carezze. Lo ha imparato fin da subito. Da quando siamo arrivati il primo giorno e mi sono scostato piangendo da loro. Adesso lo sanno. E nessuno mi tocca. Solo quando piango e vedo tutto rosso, solo allora ho bisogno di sentirmi stringere, ho bisogno di sentire che qualcuno è lì con me per proteggermi. Solo in quel caso permetto a delle braccia di stringermi, a delle mani di toccarmi. Ma adesso è tanto che non accade, tanto che nessuno ha osato toccarmi. Solo Alice. Solo a lei è permesso.

Ma desso mi domando perchè la signora brava sorride così. Sembra felice.

Dovete venire con me. C'è qualcuno che vi voglio presentare” ci dice allungando la mano verso Alice. Sa benissimo che dove va lei, vado anch'io. Non ha bisogno di dare la mano a me. E infatti quando mi alzò stringo la mano alla mia gemella. Loro non ci separeranno, loro non possono separarci.

Alice è silenziosa e tesa. Anche lei ha percepito che c'è qualcosa di strano e mi guarda negli occhi preoccupata. Io le sorrido e le stringo la mano. Non credo che succederà qualcosa di brutto ed io sono vicino a lei. Non deve avere paura. Non rimarrà sola.

Il suo sorriso si riaccende mentre insieme seguiamo la signora brava.

Quando entriamo nella stanza noto subito la prenza di due estranei. Sono un uomo e una donna.

Ed io abbasso gli occhi. Vorrei nascondermi. Non voglio conoscere nessuno. Forse sono poliziotti, forse vogliono farmi ancora domande, forse vogliono che io parli e racconti, forse ci vogliono separare. La mia mano stringe convulsamente quella di Alice in un moto di paura mentre invece lei li fissa sorridente e speranzosa.

E quando sento le loro voci, noto in loro una certa curiosità e dolcezza. Hanno parlato piano, lentamente... dolcemente.

Ci vogliono adottare? Non capisco. Perchè? Come possono volere avere in casa un bambino come me? Loro forse non sanno. La mano di Alice si stringe e quando mi chiede cosa ne penso sento la sua agitazione. Il suo desiderio inespresso. Lei vorrebbe tanto, lei ha bisogno di una famiglia. Lei ha bisogno di una nuova mamma e di un nuovo papà. Io no. Io ho paura di quello che potrebbe accadere, di quello che potrebbe succedere nuovamente. Ma devo pensare ad Alice e così annuisco.

Lei è così felice anche se subito il dubbio nasce nel suo cuore. Io no. Io so che non oserebbero separarci, ma lei ha paura e quando riceve la conferma esulta.

Avrà una nuova famiglia. Loro ci prenderanno entrambi ed avremo un nuovo papà e una nuova mamma. E lei, la mia sorellina avrà finalmente qualcuno che la ami come è giusto che sia. E facendomi coraggio alzo gli occhi per incontrare i loro.

Hanno l'aria sorridente e raggiante. I loro volti e il loro sorriso parlano solo d'amore e serenità. Di gioia e protezione.

Si forse adesso ho anch'io una speranza. Forse il rosso verrà sostituito dai colori dell'arcobaleno dai colori della speranza di avere una vita normale. O almeno all'apparenza normale perchè nessuno, nemmeno loro dovranno mai sapere. Cosa? Non lo so più e nemmeno io voglio sapere, nemmeno io voglio ricordare ciò che ha portato via il mio sorriso e la mia voglia di vivere. Ciò che mi rende diffidente e pauroso. Ciò che ha cambiato e condizionerà per sempre la mia vita.